L’offerta Amazon   salverà la lettura?

Dall’“all you can eat”, tipica formula da buffet americano, all’“all you can read”. Libri come cibo. Qualcuno sosteneva che la cultura fosse il cibo per la mente, ma dubitiamo che sia questo ardito paragone ad aver spinto il “padre” di Amazon, Jeff Bezos, a lanciare la nuova offerta “flat”. E probabilmente le ragioni di questa strategia sono puramente commerciali. Piace qui ricordare che le vendite di Amazon nel corso del 2013 sono aumentate del 22% rispetto all’anno precedente, raggiungendo i 74,5 miliardi di dollari.

Pochi giorni fa, il colosso delle vendite, la più grande libreria multimediale – e finanche l’ideatore del Kindle, device ad-hoc per la lettura degli e-book – ha lanciato l’offerta mensile per libri a 9,99 dollari, ovvero poco più di 7,5 euro al mese. Coloro che decideranno di abbonarsi, oltre a beneficiare di un mese di servizio gratuito, potranno usufruire di una libreria di oltre 600mila titoli. La notizia ha scatenato subito un gran polverone in rete (e sulla carta stampata) vedendo contrapposti due schieramenti. Da una parte gli entusiasti che hanno rimarcato il carattere rivoluzionario dell’offerta. Dall’altra i detrattori che ne hanno evidenziato i numerosi limiti.

Nell’epoca del “flat”, dall’offerta flat per lo smartphone all’abbonamento mensile di film con Netflix (pronto a sbarcare nella vicina Francia il prossimo settembre) a quello musicale di Spotify, quella per i libri sembrava proprio mancare. E ancora vigeva il business tradizionale in base al quale l’acquirente acquistava solo i titoli cui era interessato. Innanzitutto va detto che l’offerta di Amazon non è una novità tout-court nel settore editoriale. Esistono già Oyster e Scribt a proporre questa formula. Va quindi evidenziato che i 600mila volumi offerti agli abbonati non includono i titoli dei 5 più importanti editori americani: Penguin Random House, Macmillan, HarperCollins, Hachette e Simon & Schuster. Il che implica che “best seller” e nuove uscite non rientrano nel “pacchetto” e chiunque voglia usufruirne dovrà acquistarli al prezzo normale.

Questo tipo di offerta è per il momento rivolta solo al mercato americano, ma certamente spinge ad una riflessione: si tratta di una strategia efficace? E utile? Stando alle statistiche, nel Paese a stelle e strisce, l’americano medio legge due libri l’anno e quasi il 30% della popolazione (ovvero 3 americani su 10!) dichiara di non aver letto neppure un libro negli ultimi 12 mesi. Se poi volessimo estendere questo tipo di ragionamento anche al Vecchio Continente, ed ancor più al nostro Paese, la situazione porrebbe interrogativi ancor più profondi. La crisi dell’editoria è un fenomeno sotto gli occhi di tutti. L’ultima relazione Agcom ha evidenziato un calo di ricavi per oltre 700 milioni di euro nell’editoria giornalistica Ma focalizzando sul settore librario il Centro per il Libro e la Lettura – Cepell – lo scorso marzo ha diffuso dati allarmanti. Nel triennio 2011-2013, all’ulteriore calo dei lettori, passati dal 49% al 43% della popolazione, si è aggiunto quello degli acquirenti, passati dal 44% al 37% (con ciò si intende chi ha acquistato almeno un libro l’anno).

Gli acquirenti totali sono stati meno di 20milioni (19,5 milioni), i lettori appena 22,5 milioni. I lettori forti sono rimasti davvero pochi: basti pensare che il 4 % della popolazione acquista ben il 36 % dei libri totali. In questo scenario, particolarmente critico in Italia, ma difficoltoso anche negli Usa, sarà l’offerta “flat” a risollevare le sorti della lettura e stimolare una maggiore fruizione? Ci permettiamo di dubitarne. Leggere è un piacere che si apprende (o, in molti casi, non si apprende) da piccoli. E le librerie sono ancora per alcuni, forse per pochi, dei luoghi magici in cui scovare un titolo, sfogliarne le pagine e apprezzare l’odore della carta. Ma forse chi scrive (di certo una lettrice “forte”) per quanto giovane, ha una percezione un po’ vintage, romantica e passatista che ne influenza negativamente il giudizio.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:25