Rione Traiano: episodio per riflettere

sabato 13 settembre 2014


Adesso che i funerali di Davide Bifolco sono stati celebrati forse è arrivato il momento di fare una riflessione sull’accaduto. Si badi bene, la riflessione vale per Napoli come per Palermo, Roma, Bari o qualsiasi altra città difficile. Al bando il buonismo, il sudismo o il nordismo perché l’episodio del Rione Traiano non solo è l’ultimo di una lunga serie ma minaccia anche di non rimanere un caso isolato se non la smettiamo di trattarlo con la coglioneria con la quale si tratta un caso di “Forum”, con le armi del preconcetto o con la faciloneria comprensiva con cui si commenta l’uccisione di mamma orsa. Troppo semplice appellarsi ai problemi di una realtà complessa come quella di Napoli, troppo scontato dire che quando muore un ragazzo non ci sono da fare distinguo.

I distinguo da fare sono tantissimi e sul fatto che la morte di un diciassettenne sia una cosa triste o che il sud sia pieno di problemi non mi dilungherei più di tanto perché, se da un lato è anche vero, dall’altro è servito come alibi troppe volte. Il sud per rinascere (e da meridionale lo spero ma non me lo aspetto) deve scrollarsi di dosso non solo la cultura degli alibi ma anche la pretesa dei diritti cui generalmente non corrispondono quasi mai l’adempimento dei doveri ed il rispetto delle regole. “Lo Stato mi deve fare”, “lo Stato mi deve dare” e, siccome non lo fa, io mi sento autorizzato a comportarmi come mi pare. “Dov’è lo Stato? Almeno la camorra qualcosa me la da, io mi comporto ai limiti della legalità per necessità”.

Non tutti la pensano così ma quante volte abbiamo sentito queste cose? Non funziona proprio così, caro Sud, e spesso è più questione di atteggiamento che di necessità: la “camurrìa” il comportamento da “guappo” applicato a un ragazzo, troppo spesso è visto come fenomeno Folk, come sintomo che il ragazzo è sveglio, come modello positivo, come peculiarità del territorio. A prescindere dal povero Davide e dalla tragedia che lo vede come vittima, cominciamo a dire che gli atteggiamenti di un ragazzino che in piena notte si aggira per le strade in tre su un motorino forzando un posto di blocco, non è una cosa normale né tantomeno accettabile.

Ma quanti di noi a diciassette anni (ma anche oggi) hanno forzato un posto di blocco in piena notte iniziando una colluttazione con i Carabinieri? Credo pochini. Allora se da un lato è stata sicuramente una disgraziata fatalità, un brutto errore, diciamo anche che “chi per questi mari va, questi pesci piglia” e che le conferenze stampa per pretendere giustizia per tuo fratello sono inopportune se la giustizia non sai nemmeno dove stia di casa. Rincariamo pure la dose dicendo che le manifestazioni devi avere il coraggio di farle anche quando ci sono gli omicidi di camorra e che i testimoni devono spuntare fuori non solo quando a sparare è un Carabiniere ma anche quando chi fa fuoco è un Capoclan.

Sì, proprio quel Capoclan sotto la cui casa si fermano le processioni, quel Vip degno di rispetto che nelle canzoni di alcuni neo melodici viene dipinto come “un uomo serio e che è cattivo non è vero” e che ha dato la stura ad un vero e proprio filone musicale (il neo melodico inneggiante alla camorra) che non conosce crisi alcuna. E allora si capisce che il ragionamento non interessa il fatto di cronaca in sé, per il quale ribadiamo ancora sincero rammarico per non doverci sorbire il pistolotto simil banale, ma riguarda il sud in generale. Ma il sud non è tutto così! Affermazione mediocre che abbiamo messo in conto ed alla quale rispondiamo che nessuno naturalmente intende generalizzare.

La verità è che non si tratta di una distorsione, il trend comportamentale è molto diffuso per cui sarebbe auspicabile una revisione della scala di valori da parte del meridione, una cultura dei doveri da anteporre alla pretesa dei diritti, una normalizzazione in base alla quale l’antistato non è in competizione con lo Stato. Stato che dovrebbe far sentire la propria voce riaffermando le regole senza levate di cappello o inchini a furor di popolo, perché altrimenti siamo alle Istituzioni - Schettino al cospetto delle quali i tamarri rischiano veramente di sembrare dei giganti.


di Vito Massimano