“Parole alla sbarra”

“Silenzio! Introducete l’amputata!”. “Vostro Onore, ma che cosa dice?”. “Chiedo scusa, volevo dire l’imputata, ma siccome l’imputata, come vedremo nel corso del dibattito, sembra che sia stata effettivamente amputata, linguisticamente parlando, così mi è scappata quella parola. D’altronde questo è un tribunale della lingua e dunque nel parlare qualche inciampo può capitare. Allora?”. “Allora, eccomi qua! Io sono l’imputata. Vostro Onore, mi risponda entro cinque secondi. Chi disse ‘Maramaldo, tu uccidi un uomo morto’?”. “Ma che domanda mi fa? Che cosa c’entra?”. “C’entra, c’entra: io sono Quiz, l’imputata”. “Ah, okay. La parola alla Pubblica accusa”.

“Grazie, Vostro Onore, la qui presente Quiz è stata citata in giudizio per falso in atto pubblico, stante il fatto che va dicendo in giro di essere di origine inglese. Ciò è falso, e lo dimostrerò”. “Vada avanti”. “Le origini di Quiz sono latine. L’imputata, infatti, discende da inquisitio, che significa ‘quesito’. Ad un certo punto, come accade anche alle parole, inquisitio emigrò all’estero e andò prima in Inghilterra e presane la cittadinanza diventò ‘inquisition’, successivamente si trasferì in America, dove, com’è noto, nel parlare si è piuttosto stringati, non ci si dilunga come facciamo noi, sicché gli americani diedero ad ‘inquisition’ una scorciatina di qua e una di là, in poche parole le tagliarono la testa e la coda, o, se vogliamo essere poetici, le tarparono le ali, e da ‘inquisition’ la fecero diventare Quiz”. “Vostro Onore, io...”. “Stia zitta lei! Anzi, no. Mi dica: ma lei, che è l’interessata, tutto questo non lo sapeva? Non conosceva la sua storia?”. “Lo sapevo, ma quella storia non corrisponde al vero. Si tratta di pura invenzione. Del resto...”. “Basta così. La parola alla Difesa”. “Grazie, Vostro Onore. Quello che ha detto il mio collega...”. “Io non sono suo collega, sono il Pubblico ministero. Fra me e la Difesa c’è un abisso”. “Lo so, lo so, lo vediamo ogni giorno. Volevo dire che non v’è alcuna certezza che le cose stiano come ha detto la Pubblica accusa. Sono le solite supposizioni, e la Giustizia non può andare avanti a forza di ipotesi che poi non trovano alcun fondamento nella realtà, se non sono confermate da prove certe e inconfutabili. Mater non semper certa est. Tanto più in fatto di lingua”. “Si spieghi meglio”. “Volevo dire che non vi sono prove certe che le origini di Quiz risalgano alla parola latina inquisitio. L’unica cosa vera che si sa è che la parola, come quiz, è nata nella lingua inglese nel 1782 col significato di ‘persona eccentrica’, mentre dal 1807 assunse anche quello di ‘indovinello’, o ‘quesito’. Ho qui la prova certa della sua nascita in questo certificato originale, dove fra i segni particolari non risultano amputazioni o scorciatine. Sulle origini di Quiz vi sono certamente delle ipotesi, come quella avanzata dal collega - chiedo scusa, dalla Pubblica accusa - che la farebbe derivare dalla forma abbreviata dell’inglese ‘inquisition’ (inquisizione), ma senza le infiorature che vi ha messo appunto l’accusa. Secondo alcuni Quiz addirittura deriverebbe semplicemente dal pronome interrogativo latino quis, che significa ‘chi?’. E c’è anche una leggenda metropolitana secondo cui Quiz sarebbe una parola senza senso dovuta ad un episodio in cui, anche qui, non si sa quanto vi sia di vero”.

“Dica, avvocato”. “Sembra che un impresario teatrale di Dublino avesse fatto la scommessa che in 24 ore sarebbe stato capace di introdurre nel linguaggio parlato del luogo una parola senza senso, e che l’avrebbe scritta di notte su tutti i muri della città con vernice rossa, sicché l’indomani tutti si sarebbero chiesti cosa voleva dire e da quel momento la parola avrebbe preso il significato di ‘domanda’. Niente di certo, dunque. Quiz ha tutto il diritto di dichiararsi inglese e di farlo scrivere sulla sua carta d’identità”. “La Pubblica accusa si permette di fare osservare che la parola inglese ‘inquisition’ deriva pur sempre dalla latina inquisitio”. “E allora? Non si può ragionare così, altrimenti non si sa dove si va a finire”.

Il Vangelo di Giovanni dice che “in principio era la Parola”, ma non specifica quale. Aggiunge solo che la Parola era Dio e che tutto è stato fatto per mezzo della Parola, cioè della sostanza stessa di Dio. Dunque ogni parola è riconducibile a Lui. Il mondo è fatto di parole, e lo sapete che da una parola se ne possono trarre, anagrammandola in tutti i modi possibili, anche migliaia o milioni di altre parole?”. “Bum!”. “È la verità. Provate ad anagrammare ‘precipitevolissimevolmente’ in tutti i modi possibili: non basta una vita, ma che dico una vita, centinaia di vite non basterebbero! Pensate che da una parola di sei lettere ne vengono fuori settecentoventi e che da ‘precipitevolissimevolmente’, che di lettere ne ha ventisei, ne vengono fuori milioni”. “Avvocato, non siamo qui per contare le sillabe delle parole”. “D’accordo, Vostro Onore, ma vorrei fare presente che come tutti gli uomini così anche tutte le parole del mondo hanno una madre comune, lontanissima nel tempo come la biblica Eva, sicché per ogni parola è là che dovremmo andare a finire, il ché non è assolutamente possibile. C’è chi dice che la prima parola pronunciata dall’uomo sia stata ‘I’, che nella lingua sacra di Thot esprime meraviglia, gioia e gratitudine e che costituirebbe il nome più breve attribuito a Dio. Sebbene Dante dica che la prima parola umana - pronunciata da Adamo, non da Eva, come afferma la Genesi - fu Elì, cioè Dio, ‘o per modo di interrogazione o per modo di risposta’ verso il suo Creatore, e che ‘di questa forma di parlare parlarono tutti i discendenti di Adamo sino alla edificazione della Torre di Babele’. Sembra però che la confusione delle lingue abbia avuto un antecedente nel paradiso terrestre. Almeno stando ad un aneddoto contenuto in una raccolta spagnola di proverbi del Seicento, in cui si narra che il serpente sedusse Eva in italiano, che Eva a sua volta sedusse Adamo in ceco, che Dio rimproverò entrambi in tedesco e che l’angelo scacciò dall’Eden i due peccatori in ungherese. Ma ci sono anche altre interpretazioni”. “Avvocato, apprezzo la sua cultura, ma qui stiamo uscendo dal seminato. Concluda, concluda, sia più circonciso”. “Come dice Dante, ‘parole non ci appulcro’, cioè non aggiungo altro per abbellire quello che ho detto”.

“Allora passiamo alla sentenza. Udite le supposizioni e le interpretazioni che su Quiz sono state avanzate dalla Pubblica accusa, presa visione del certificato di nascita della medesima esibito dalla Difesa e vagliate tutte le argomentazioni avanzate dalla Difesa stessa nonché le attenuanti emerse nel corso del dibattito, dichiaro la inamputabilità dell’imputata, nel senso che essa è nata come Quiz e i riferimenti ad altre parole sono delle pure coincidenze. A questo proposito mi permetto di dare un consiglio alla Pubblica accusa. Spesso i Pm giocano o ricamano sulle supposizioni, sulle ipotesi, quando non si servono di testimoni manovrati ad arte, di spie o di delatori, come nella Grecia di Aristofane, o di intercettazioni. Questo significa dare la Giustizia in subappalto, non rispettarne l’autonomia. Ebbene, l’Accusa sia più oculata, non lavori di fantasia, sono le prove quelle che contano, non le ipotesi, le insinuazioni o le idee personali. Così ho deciso. La seduta è tolta”.

 

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:12