Il Male nella Storia raccontato da Capriolo

Volgere lo sguardo sulla storia tragica del novecento significa tentare di comprendere le ragioni e i motivi che spiegano l’irrompere violento nella storia del male assoluto, che ha rischiato di cancellare il confine tra l’umano e il disumano. Paola Capriolo, scrittrice, traduttrice dal tedesco di grandi autori come Goethe, Kafka Tomas Mann, ha scritto un libro per misurarsi con questa sfida conoscitiva assoluta e radicale sul piano intellettuale, il cui titolo è Mi Ricordo, pubblicato dalla casa editrice Giunti.

Nella prima scena, con cui si apre questa narrazione, vi è una signora matura che legge un annuncio su di un giornale e si reca nella casa di un signore anziano e malato, che ha bisogno di ricevere assistenza e conforto. Sonia, questo il nome della donna, da anni ha scelto di esercitare l’umile e faticoso lavoro di assistente e badante di persone malate e non più autosufficienti. Tuttavia, ben presto, il lettore scopre che la narrazione è duplice, giacché sono due le vicende che nel libro si sovrappongono e coesistono: quella di Sonia, ambientata nel nostro tempo, e quella di Adela, che risale agli anni precedenti all’inizio della seconda guerra mondiale. Sonia entra in una casa che conosce.

Si tratta di una villa, situata in un quartiere residenziale, accanto alla quale scorre un fiume con il suo incessante e costante frastuono, provocato dalle acque che scendono a valle. Sonia accetta di lavorare nella villa, nella quale vive un uomo anziano in solitudine, oramai prossimo alla morte. Presto il lettore comprende quale sia il legame tra Sonia e Adela. Sonia è la figlia di Adela, una donna appartenente alla borghesia della città in cui si trova la villa, la cui vita è stata devastata e annientata dalla persecuzione razziale. Grazie alle lettere che indirizza al poeta, con cui ha stabilito un rapporto epistolare e che costituiscono l’unica traccia che si è conservata della sua esistenza, sappiamo che Adela era figlia di un noto e famoso medico ebreo, che, insieme con sua madre, venne deportato in un campo di sterminio, dove morì.

Adela da giovane, quando ancora godeva dell’incanto della giovinezza e prima che l’orrore della guerra ne annientasse la serenità, ascoltò in un teatro della sua città, nel libro mai indicata con esattezza, una conferenza tenuta da un poeta e da uno scrittore. Il maestro, a cui Adela scriverà le sue lettere, nella sua conferenza aveva analizzato il rapporto esistente tra la creatività, l’urgenza di dare una forma compiuta alle immagini che si formano, grazie alla voce interiore, nella mente umana e da cui deriva la poesia, e il miracolo stupefacente della bellezza. In una sua lettera Adela cita e menziona la celebre frase tratta dall’Idiota di Fedor Dostoevskij, un grande libro della letteratura Russa, seconda la quale è la Bellezza, la vera patria degli scrittori e degli artisti, che salverà il mondo.

Adela, si chiede, rivolgendosi nelle sue lettere al poeta la cui conferenza l’aveva lasciata incantata, quale bellezza potrà salvare il mondo. Riconosce che anche per lei, così come per il poeta, divenuto il suo interlocutore naturale, la bellezza è l’unica patria che le appartiene e l’unica realtà spirituale e ideale in cui crede. Riflettendo nelle sue lettere sulla fragilità e sulla condizione transeunte degli enti e di ciò che esiste, Adela perviene alla conclusione che vi è un sottile rapporto tra la morte e la bellezza, poiché è soltanto l’arte, la musica, la poesia e la letteratura che sono destinate alla eternità e a rimanere, dopo che ogni cosa è stata ridotta in puro nulla dal fluire del tempo. Adela ricorda e evoca l’orrore della persecuzione di cui furono vittime gli ebrei, che raggiunse il culmini nel 1938 quando, durante la cupa e terribile notte dei cristalli, vennero infrante e distrutte le vetrine dei negozi degli ebrei, dati alle fiamme i libri considerati espressione dell’arte degenerata e decadente dai nazisti, bruciata la sinagoga, il luogo di preghiera della comunità ebraica.

Sono belle e di rara profondità queste riflessioni filosofiche di Adela che, pur credendo nel valore universale della bellezza e della creatività umana, è costretta ad assistere all’irrompere del male assoluto, l’epifenomeno e il risultato avvelenato e truce delle ideologie totalitarie. Adela, durante gli anni che precedettero l’inizio della guerra e prima di essere rinchiusa in un campo di concentramento nazista, viene corteggiata da un giovane medico, Kurt, allievo di suo padre, un giovane sensibile e intelligente, che comprende l’assurdità e la mostruosità disumana dell’antisemitismo. Sonia, nella casa in cui è vissuta da bambina e in cui ritorna come badante, apprende queste notizie dolorose sul tragico destino di sua madre, ritrovandone le lettere in una scrivania impolverata, custodita nelle soffitte della villa, un tempo di proprietà dei suoi genitori.

Adela, prima di finire nel campo di concentramento, era costretta dopo il 1938 ad indossare la stella gialla sui suoi vestiti, imposta ai cittadini di religione ebraica in segno di disprezzo e di odio. Adela in segno di ribellione una sera, avendo saputo che il suo maestro, il famoso poeta a cui ha indirizzato le sue missive e lettere filosofiche, teneva una conferenza, decide di presentarsi nel teatro senza indossare la stella gialla. Per questo motivo viene tratta in arresto e condotta sul treno per essere rinchiusa in un campo di concentramento. In questo luogo degli orrori, in cui l’annientamento della popolazione ebraica venne attuato in modo scientifico e in forme disumane e crudeli, Adela finirà per essere ospitata nella casa della gioia, dove le donne ebree più belle erano costrette a concedersi agli ufficiali nazista. Dopo la guerra il ritorno alla vita normale, come confesserà in una sua lettera al suo maestro e poeta, per Adela sarà impossibile.

I suoi genitori, come apprenderà dopo la conclusione della guerra in preda allo sgomento e alla sofferenza, erano morti in un campo di sterminio. Il dottore Kurt, il giovane medico che l’aveva corteggiata prima della guerra, la sposerà e per amore conserverà la proprietà della villa. Adela, sopraffatta dai ricordi atroci legati alla tragica esperienza del campo di sterminio, una mattina, dopo essere uscita dalla villa, si toglierà la vita, gettandosi nel fiume che scorre accanto alla sua casa. Il padre di Sonia, Kurt, incapace di fronteggiare la tragedia, cadrà nell’abisso della sofferenza irrimediabile, per sfuggire alla quale si rifugerà nell’alcol fino ad autodistruggersi. Sonia, donna sola e innocente, è la figlia di due persone per bene, travolte e annientate dalla furia della storia e dal male assoluto dovuto all’irrompere nella storia del novecento delle ideologie totalitarie.

Sonia, dopo la morte del vecchio che ha assistito e prima di abbandonare la casa in cui è vissuta la sua famiglia, pensa che l’acqua del fiume, che scorre incessantemente vicino alla villa, evoca il fluire ininterrotto e misterioso del tempo. Il libro è affascinante e notevole poiché nella su struttura narrativa si mescolano vari registri espressivi e stilistici: il genere del romanzo epistolare coesiste in modo mirabile con il racconto basato sulla poetica della memoria. In più punti è facile nel libro notare una somiglianza con il testo bellissimo del premio nobel Patrick Modiano intitolato Dora Bruder e con il grande classico della letteratura novecentesca Vita e Destino di Vasilij Grossman.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:30