L’ordine del tempo   nei Paesi protestanti

Vi sono libri che, grazie alla loro precisa e puntuale documentazione e al rigore analitico con cui sono presi in esami alcuni anni della storia Europea, riescono a raccontare un momento decisivo del passato. Questo è il caso del saggio storico e filosofico di cui è autore Max Engammare intitolato l’Ordine del Tempo, l’invenzione della puntualità nel XVI Secolo, edito dalla prestigiosa casa editrice Claudiana di Torino.

L’ordine del tempo, oltre a evocare un saggio fondamentale di cui è autore lo studioso Krzysztof Pomian, è una felice e efficace espressione che designa il mutamento nel rapporto tra l’individuo e la dimensione soggettiva della percezione del tempo nei Paesi in cui tra il XVI e il XVII secolo si ebbe la riforma protestante. Come fin dalle prime pagine di questo saggio ricorda il suo autore, scritto in modo chiaro e con una eleganza stilistica che aiuta a comprendere il senso di questa importante ricerca storica, con la riforma protestante avviene il passaggio dal tempo della spiritualità alla spiritualità temporale. Infatti come emerge nei testi dei pensatori Protestanti, nei diari scritti dagli uomini di affari del XVI e XVII secolo, e nelle opere letterarie di questo periodo, fonti analizzate con grande precisione dall’autore del libro, con la riforma luterana Dio viene considerato il signore del tempo.

L’ossessione sia per la puntualità sia per la precisione costituisce una precipua caratteristica dei Paesi in cui la religione riformata attecchisce e mette radici, poiché l’uomo vive sotto lo sguardo di Dio, che vigila su tutto ed è il principio immutabile che regola l’universo e la vita umana. E’ straordinaria la chiarezza espositiva con cui questo grande studioso, Max Engammare, chiarisce nel suo libro come per Giovanni Calvino, come si arguisce dai suoi scritti, sia fondamentale capire la concezione lineare del tempo, opponendo un rifiuto a quella circolare, basata sull’eterno ritorno dei riti che scandiscono la vita religiosa cattolica.

Per Calvino e i Riformati il tempo è lineare giacché prefigura la fine della creazione che si avrà, secondo questa concezione, quando si manifesterà nella storia umana la divinità e Dio. Questo spiega perché i fedeli del culto riformato nel XVI e nel XVII secolo vivevano nel timore del giudizio di Dio e avevano l’ossessione di non sprecare il tempo nell’ozio, concesso alla loro vita breve e mortale. Ovviamente, e questo aiuta a capire come la Riforma sia riuscita a forgiare il carattere e i popoli del nord Europa, le questioni temporali del mondo ecclesiale erano in quella epoca destinate ad avere una grande influenza sulla organizzazione della vita sociale, economica e politica delle città, in cui la riforma protestante era sorta storicamente.

Sono da questo punto di vista preziose e indimenticabili le pagine che raccontano nel libro la stessa giornata di Giovanni Calvino a Ginevra, la città in cui visse, scandita da una regolarità rigorosa che prevedeva i doveri che era chiamato con precisione ad assolvere. In particolare l’autore si sofferma sui doveri dei fedeli, obbligati, anche quando esercitavano un lavoro, a seguire i riti religiosi e ad ascoltare sia la domenica sia negli altri giorni il Sermone. La partecipazione ai riti religiosi, durante la riforma, e l’ascolto del Sermone costituivano momenti fondamentali per la costruzione della identità culturale e non solo religiosa dei fedeli dei culti riformati.

Chi era assente dai riti e non ascoltava il Sermone, veniva punito con ammende e sanzioni inflitte dal Concistoro, organo ecclesiastico delle chiese riformate. Questa analisi conduce il suo autore alla conclusione che la organizzazione della vita sociale nella città di Ginevra era basata sul tempo ecclesiale proprio delle chiese riformate. Tuttavia, con la sensibilità del grande intellettuale, Max Engammare nel suo libro richiama l’attenzione del lettore sulla circostanza che l’ossessione per il tempo e il rifiuto di dissipare il tempo oziosamente erano presenti anche nel mondo classico, come si può constatare leggendo le opere dei grandi scrittori del mondo antico, Seneca, Cicerone, Plinio il Giovane.

Erasmo, pensatore tra i più grandi, in epoca umanista aveva l’ossessione del tempo. Ma sono proprio i diari di viaggio scritti dagli uomini d’affari nel periodo in cui si ebbe la riforma protestante che indicano come mutò il rapporto tra l’individuo e la percezione del tempo nelle città del Nord Europa nei secoli XVI e XVII, in particolare i diari, presi in esame nel libro, di cui sono stati autori Jaques Esprinchand e Casaubon. Se Seneca in una lettera a Lucilio gli consiglia di ricapitolare la giornata una volta giunto alla sera, per non sprecare il tempo, Casaubon è preoccupato del giudizio di Dio per il tempo sottratto alla sua attività di studioso. Nei Colloqui di Cordier, un pensatore riformato, viene posto l’accento sul valore e la virtù della puntualità, da inculcare nell’animo dei bambini, per renderli consapevoli del giudizio di Dio, che si erge in queste opere come il Signore del Tempo che tutto ordina, disfa e dispone.

Lo studio degli esercizi spirituali di Ignazio di Layola, il fondatore dei gesuiti, dimostra che vi è una attenzione per il luoghi in cui coltivare la devozione verso il divino e Dio. Da qui la convinzione dell’autore sul carattere spaziale della spiritualità cattolica. Diversamente, per i riformati, proprio perché Dio è il signore del tempo e l’ozio rappresenta un peccato inammissibile e imperdonabile di fronte al creatore del mondo, assume valore la spiritualità temporale, sicché la relazione tra la persona umana e il divino è perenne e costante durante le ore del giorno. Belle e di grande importanza sono le pagine del libro nelle quali vengono esaminate i calendari e gli almanacchi redatti in epoca protestante, tra il XVI e il XVII secolo, fino alla abolizione dell’editto di Nantes, che decretò il fallimento della riforma protestante.

In questi calendari non comparivano i nomi dei santi cattolici, bensì riferimenti al vecchio testamento, alle date della morte dei padri della riforma luterana, Lutero, Martin Bucero, Edoardo VI, Giovanni Calvino, alla notte di San Bartolomeo, e ad altri eventi storici. Pontus De Tyard è l’autore di un trattato sul tempo, preso in esame nel libro, in cui attraverso un dialogo che avviene tra alcune persone si riflette sulla relatività del tempo, sul suo rapporto con l’eternità, il cui fondamento è dato dalla Divinità trascendente. Il dialogo sul tempo avviene in questo testo in un giardino che evoca quello di Epicuro, quello presente nel Fedro di Platone e il Convivium Religiousum di Erasmo. Questo testo di Tyard e quello di Viret sono analizzati nel saggio da Max Engammare poiché dimostrano entrambi che non sono i luoghi che in epoca protestante danno vita alla relazione tra i fedeli e Dio, ma le ore percepite nel loro ineluttabile fluire nel movimento del tempo, di cui il credente è tenuto a fare buono uso.

Per dimostrare come mutò la percezione soggettiva del tempo durante i secoli della riforma, l’autore cita il Journal di Michael de Montaigne, una sorta di diario di viaggio, da cui emerge come a Basilea, a differenza delle altre città Europee come dovette constatare Montaigne, il suono delle campane scandiva con regolarità la vita dei fedeli e dei credenti delle chiese riformate. Sono fondamentali le pagine finali del libro in cui l’autore riflette sulla tesi sociologica elaborata da Max Weber sulla influenza che l’etica protestante ha avuto ed esercitato sulla formazione e la nascita del capitalismo e della borghesia imprenditoriale in Europa e in occidente. Un libro notevole e prezioso.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:23