Le luci di K. Thomas

La pittrice tedesca Karen Thomas ha inaugurato il 17 settembre scorso la sua personale italiana, con una selezione di opere, esposte presso la Galleria dell’Istituto Portoghese di Sant’Antonio (via dei Portoghesi n. 6, Roma). In base alla sua biografia, l’autrice è tra gli esponenti della nuova corrente neo-espressionista e dal 2000 si dedica alle ricerche sull’astrattismo tra forma e colore. A colpo d’occhio, ci si rende conto di trovarsi di fronte a pareti d’improvviso animate, in forza delle dimensioni dei quadri e delle luci penetranti, che irradiano dai colori distribuiti a tratti corposi, come pietanze raffinate e rutilanti. Vale la pena, pertanto, soffermarsi - con una scelta solo all’apparenza casuale - su alcune opere di sicuro richiamo.

In “Incontro e dialogo”, la sensazione è quella di una città che si solleva dal suo basamento secondo un effetto osservato da un caleidoscopio ottico con un elevato indice di diffrazione. L’urbano si dissolve in tentacoli, simili a getti colonniformi di materia striata, allungata all’infinito. La corteccia degli alberi si fonde con un effetto quantistico alle pareti filamentose, sorta di dita allungate, di colore verde, rosso e nero, su cui sono stampate in basso figure angelicate costituite di un bianco diafano, come fantasmi nella notte della conoscenza.

Nel “Giardino zoologico”, pur descrivendo un paesaggio a-narrativo e a-specifico, avaro oltremodo di figure antropomorfe e senzienti, il quadro ha una sua incommensurabile forza dialettica che manca volutamente di uno spazio di misura preciso, definito. Anche qui, i colori allungati come tavole di un impalcatura che procede lungo la verticale, sono segmenti possenti, pigmenti ipervolumetrici che salgono impetuosi, come un torrente a gravitazione invertita, quasi a sottolineare un pathos primitivo, avulso dalla ragione, ma incrociato e amalgamato in profondità nell’istinto.

La “Luce vulcanica”, invece, è a suo modo un capolavoro costruttivo: una grotta di Lascaux nel tempo digitale che alla primogenitura della pittura murale aggiunge le caldissime intensità cromatiche di una gola vulcanica attiva, in cui i rossi sono di una tale violenza da creare una condizione ipnotica nello stato emotivo dell’osservatore. Il giallo e i giochi intelligenti dei colpi di spatola creano le atmosfere incantate delle miniere di zolfo, incastonate in una cornice nera simile a un cielo sidereo acceso di stelle minuscole, addensate a grappoli.

Osservando “Il risveglio della natura” si è confrontati a una stupefacente natura morta astratta, con riquadri d’oro lucente, immersi in un giaciglio di verdi in cui si riconosce un possente reticolo di natura: i petali di rosa rossa sono semplicemente “spalmati” come corpi sanguigni, talvolta imprigionati dalle foglie d’oro, talaltra sovrimpressi - come altrettante ferite - alle lamine stesse.

In altre due opere equiordinate per l’intenso e specifico carattere pittorico, dal titolo, rispettivamente, “Nel cuore della luce” e “Othello. Omaggio a Verdi”, la struttura si fa complessa, con le sue avvenenze e occorrenze pseudocasuali. In un gioco dei contrari, i segni flagellanti e auto-avvolgenti sono kandinskyanamente murati da una grande macchia nera, che sembra partorire ora i suoi rossi, ora i suoi gialli, esplodendo in un fiore astratto di lamine d’oro proiettato verso l’alto e in fuga dall’insieme (Othello), oppure come elemento costruttivo semi-autonomo, messo di lato, a fianco, come contrafforte del masso scuro, portato inerzialmente in cielo da un vortice ascendente di gialli intensi (Nel cuore della luce).

In altre opere, come “Mistero blu profondo”; “Sulla strada verso la luce”; e “Luci nella notte” si è di fronte a composizioni cromatiche iperarticolate, in cui la bellezza dell’universo e quella delle stagioni della terra (autunnali e invernali) si inventano un loro particolare poema sinfonico. Le schegge e le squame fogliate del colore volano leggeri, eterei all’interno della superficie dei quadri, mentre reticoli di scariche elettriche perseguitano senza sosta la pace del buio, alimentate dalle fiamme ventilate di un caminetto invisibile (Luci della notte). Mentre in “Verso la luce” figurine intagliate, dechirichiane, costruiscono un loro percorso immaginario ascendendo ordinatamente in un Eden incantato.

Concludendo, la mostra romana di Karen Thomas rappresenta senz’altro un evento artistico di qualità per chi ama l’arte contemporanea.

 

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:29