La regina dei fornelli: Lidia Bastianich

domenica 8 novembre 2015


Raramente intervistiamo vere e proprie celebrità, ammirate e conosciuti sia in Italia che negli Stati Uniti, in questa rubrica. Abbiamo incontrato più di cento persone meravigliose durante questo viaggio, da ognuno dei quali ho imparato molto su molti argomenti interessanti: persone di successo, appassionate, ma oggi è con noi una vera celebrità. Eppure, lei ci ha accolto con la semplicità e la gentilezza di una vera donna italiana: ma ciò nonostante, lei è la chef italiana numero uno negli Stati Uniti.

Lidia Bastianich è una storia di successo, di talento, di duro lavoro: in una parola, una storia di italianità. Siamo molto felici di avere l'opportunità di incontrarla e farle alcune domande: la ammiriamo, amiamo la sua cucina, siamo i suoi primi fans. Go Lidia! E grazie molto per essere come sei.

Lidia, è vero che devi la tua passione per la cucina a tua nonna? Milioni di donne italoamericane probabilmente si riconoscono in questa storia ...

E’ vero, mia nonna ha avuto una grande influenza su di me. Sono cresciuta in una situazione post guerra e, nonostante ci sentissimo al 100% italiani, non potevamo parlare la nostra lingua né andare in chiesa. Mia madre, che era un insegnante, aveva spedito me e mio fratello dalla nonna in una città fuori dai grandi centri urbani. Lì potevo parlare italiano e mia nonna mi portava regolarmente in chiesa. Mangiavamo quello che coltivavamo e allevavamo noi: avevamo polli, conigli, capre e maiali. Facevamo l’olio e il vino; pulivamo piselli e fagioli per l'inverno. Il cibo era in tutto quello che facevo: lo coltivavo, lo gustavo, aiutavo a cucinarlo. Quando i miei genitori decisero che dovevamo partire, sperando in una vita migliore, non dissero a me e a mio fratello che stavamo andando dall'altra parte del mondo. Così mi è stato bruscamente tolto qual paradiso, in maniera... inaspettata, e penso che la mia passione per il cibo sia dovuat al fatto che c’erta - e c’è ancora – un legame con le mie radici e con mia nonna.

Quando voglio ricordarla, cucino i piatti che faceva lei. Ho sempre avuto questa volontà di tornare alle mie radici, alla loro semplicità, la semplicità della terrà. Non c’è niente di meglio.

Nel luglio 2015 sei stata al padiglione degli Stati Uniti di Expo 2015 a Milano, il cui tema era "Nutrire il Pianeta, Energia per la Vita". Cosa ne pensi di questa esperienza?

Ho partecipato a due eventi, a Expo. Penso che il tema scelto sia stato davvero coraggioso. Oggi abbiamo bisogno di discutere e affrontare tutti uniti le questioni e i problemi per poter continuare ad alimentare il pianeta, in grado di dare da mangiare a tutti. Sono stata anche parte di "WE-Women for Expo" e abbiamo discusso di un tema molto importante, quello delle donne del terzo mondo, e di come cucinano sul fuoco i loro alimenti. Queste donne chiedono alle loro figlie di raccogliere la legna per il fuoco, invece che mandarle a scuola. E’ una diminuzione del ruolo delle donne. Inoltre, c’è l'ulteriore problema delle emissioni di carbonio nell'atmosfera. Questa può sembrare una piccola cosa, ma in realtà è un cambio culturale, necessario ma difficile. Abbiamo trovato una soluzione? No, ma abbiamo discusso e analizzato proposte, per me è stato interessante.

Il tuo nuovo libro è un compendio della cucina italiana, "Mastering the Art of Italian Cuisine": più di 400 pagine di consigli, ricette e tutto ciò che serve sapere per essere un grande chef italiano …

Questo libro parla di come gli italiani cucinano nella realtà. La cucina riguarda i prodotti, non le persone. Se si hanno i prodotti giusti, e per me quelli giusti sono i prodotti italiani, la cucina è molto migliore e più facile. In questo libro spiego diverse tecniche. Ad esempio, se si conosce la tecnica per cucinare il risotto si può fare il risotto ai funghi, o con gli scampi, o in molti altri modi. Mi concentro anche sulla gestione dei prodotti grezzi, come pulirli, come conservarli.

Mia figlia, Tanya Bastianich Manuali, è la coautrice del libro. Lei ha fatto ricerca e ne ha scritto una parte. Entrambe abbiamo condiviso l'idea di un glossario: è importante capire le parole italiane e utilizzare i riferimenti giusti per i prodotti italiani. Il glossario si intreccia con la mia filosofia: alla fine, il cibo unisce le persone. Tutti noi abbiamo questo unico comune denominatore. Cucinare per qualcuno, per me, significa entrare nella loro vita, nella loro anima. Il cibo è sociale: è comunicazione, molto più che la tecnologia che oggi viene data come una priorità. E non c'è bisogno di avere un grande pasto complicato, anche se si mettono sul tavolo le cose più semplici ci si connette con le persone.

Prima di aprire il tuo primo ristorante, hai lavorato in pasticceria. Ora, quando si parla di cibo italiano negli Stati Uniti, i ristoranti sono ovviamente la prima cosa che viene in mente. Ma ci sono anche migliaia di panetterie e pasticcerie italiane, in tutti gli Stati. Anche loro sono veri ambasciatori dell'eccellenza italiana per la cucina e il cibo, giusto?

Quando ho iniziato a lavorare avevo solo quattordici anni e ho iniziato in una pasticceria di Astoria, nel Queens. Era una pasticceria tedesca, di proprietà della famiglia dell’attore Christopher Walken. Ho iniziato lì e quando sono andata all'università ho iniziato a lavorare nei ristoranti e da allora non ho mai smesso di cucinare.

Le pasticcerie sono particolarmente significative per il ricordo delle tradizioni: perché si cucina tutti i giorni, ma dolci e dessert sono per le occasioni speciali. In Italia, ogni santo ha un suo dessert speciale dedicato, poi c'è il Natale, la Pasqua, e c’è sempre una ricetta diversa. La pasticceria tipica italiana è stata estremamente importante per la comunità italoamericana, perché segnava e segna la celebrazione di occasioni speciali.

Sei stata la prima a dire forte e chiaro che la cucina italoamericana e la cucina italiana sono due cose diverse. Hai avuto l'intelligenza di farlo con grande rispetto per la cucina italoamericana, e questo è probabilmente il motivo che ha portato tutti ad accettare serenamente questa fondamentale dichiarazione. Pensi che sia possibile fare la stessa cosa con i prodotti Italian sounding realizzati in America?

Penso di sì. Penso che i prodotti simil italiani realizzati in America sono stati realizzati quasi per necessità, una risposta ad un bisogno che non veniva soddisfatto dall'Italia. Quando aprii il mio primo ristorante nel 1971, non riuscivo a trovare il Grana Padano, il Parmigiano Reggiano, l’Aceto Balsamico. Se non hai tutti gli ingredienti italiani è difficile sostenere che il tuo sia un ristorante italiano: perché la cucina italiana si basa sui suoi prodotti tradizionali. Penso che il modo in cui oggi l’Italia dovrebbe affrontare questo problema è di non essere negativi contro i prodotti simil italiani: perché gli americani sono aperti, amano gustare tutto ciò che è buono e italiano. L'Italia ha bisogno di investire nella promozione, nella didattica, nella degustazione, nella diffusione dei buoni prodotti italiani. Gli americani sono abbastanza intelligenti per imparare: se si dà loro un buon pezzo di Grana Padano o Parmigiano, sapranno capire la differenza tra ciò che è autentico e ciò che non lo è. Forse non lo comprenderanno immediatamente, ma è per questo che dobbiamo educarli. Bisogna investire in comunicazione positiva.

Qual è il piatto che preferisci cucinare? E quale quello che preferisci mangiare?

Di base mi piace mangiare e mi piace che nei mie ristoranti si offrano piatti basati sui prodotti di stagione. Amo cucinare le verdure e la pasta: spaghetti o linguine con le vongole, non c’è niente di meglio, è uno dei miei piatti preferiti. Se non si hanno le vongole, vanno bene anche spaghetti aglio olio e peperoncino. Fantastico! Così semplice, facile: del buon olio, pasta italiana, tutti ingredienti tradizionali.

Tu sei parte della squadra che ha dato alla luce al grande successo di Eataly a New York. Ora c'è anche un Eataly a Chicago e uno a Boston. Avete in programma di aprire Eataly in altre città americane?

Sì. Stiamo lavorando su una seconda location qui a New York, presso il World Trade Center; e stiamo progettando di aprire a Los Angeles. Penso che questo tipo di attività abbia un buon successo. Abbiamo aperto l'anno scorso a San Paolo, in Brasile, stiamo parlando con Toronto. Ci stiamo espandendo ... abbiamo molti progetti. Perché sentiamo che stiamo portando un messaggio, noi apriamo la porta, in modo che tutti i prodotti tradizionali possano venire. Penso che ciò che funziona è il fatto che insieme con Mario Batali, con mio figlio Joe e con me, compriamo un grande territorio.

Cosa consiglieresti a un giovane chef italiano che ha il sogno di aprire un ristorante negli Stati Uniti?

Prima di tutto, conoscere il proprio cuore, la propria passione. Poi devi imparare il mercato americano. Devi venire qui e lavorare un po’, prima: capire la mentalità americana. Poi stiamo parlando di cibo, quindi serve la passione per questa professione; ma è anche un business. E’ necessario sapere di marketing, conoscere i dati finanziari relativi alla gestione di un ristorante in America. Se si va in una grande città, ci sono grandi spese. Se in tre mesi non si decolla, è la fine. Alcuni iniziano portando i sapori italiani e collaborando con qualcuno che è già in questo business.

In America ci sono sempre opportunità per qualcuno che è bravo, competente e appassionato, e capisce di business. Quale pensi che sarà il futuro della cucina italiana negli Stati Uniti?

Penso che abbia un grande futuro. Ogni regione italiana ha fantastici prodotti, sapori e ricette. Penso che la cucina italiana è ormai entrata definitivamente nel modo di cucinare americano. Vado in giro nei ristoranti americani e vedo giovani chef, che lavorano in ristoranti di qualsiasi etnia: ma quando guardo il menu, inevitabilmente vedo qualche prodotto italiano.

Per proporre la cucina italiana, devi essere uno specialista della cucina regionale; ma per usare in cucina prodotti italiani, basta essere un buon cuoco, qualunque sia la tua provenienza o lo stile etnico del tuo ristorante. Quindi c'è una straordinaria opportunità di crescita per i prodotti italiani, che entreranno sempre di più nelle case di tutti gli americani.


di Umberto Mucci