“L’amico del cuore” alla Sala Umberto

Ce l’avete voi un “amico del cuore”? Sì? Allora non gli aprite la porta, quando bussa insistentemente! Per avere un fulgido esempio di come ciò possa accadere basta fare un salto alla Sala Umberto di Roma, dov’è in cartellone fino al 13 dicembre l’esilarante spettacolo omonimo scritto e diretto da Vincenzo Salemme, che ha come protagonista il napoletanissimo Biagio Izzo nella parte di Michele Seta, giornalista di un quotidiano di provincia. Ad assisterlo due egregi comprimari come Mario Porfito e Francesco Procopio, che interpretano due suoi carissimi amici di infanzia. Il primo è Roberto, il medico che deve recarsi la sera stessa in America per un trapianto cardiaco. Il secondo svolge il ruolo di parroco del paese che, però, tiene a precisare ripetutamente le sue (contraddittorie?) metà: quella di ministro di Dio e l’altra di uomo, nel senso di “maschio”. La pièce, tuttavia, non scioglie il dubbio su quale delle due anime prevalga in lui, per celebrare quella circostanza decisamente boccaccesca.

In premessa, una menzione particolare alla splendida scenografia di Alessandro Chiti: sul piano avanzato, rispetto allo sfondo azzurro (dominato da finestroni ampi fino al soffitto, in cui si intravede uno stupendo paesaggio luminoso del golfo napoletano) una scala-biblioteca in legno, che si arrampica per due rampe fino alla zona letto superiore, mentre un grande divano corona la parte comune salottiera, fulcro della maggior parte delle azioni di scena. Veniamo ora agli ingredienti fondamentali. Metti assieme, nella serie: l’eterna ipocrisia borghese di un uomo che si vuole “evoluto” di pensiero (la coppia aperta, la libertà dei costumi sessuali) e la negazione pratica di tutto questo dovuta al fatto di avere sposato una donna bellissima, di origini svedesi - prerogativa questa estremamente pruriginosa per tutti i suoi compaesani, compresi gli amici più intimi, il medico e il parroco - e le dicerie comaresche che la vogliono libertina e disponibile sessualmente. Aggiungi l’amico medico, un po’ geloso un po’ fetente con la chiara mission di far calare le brache a Michele affinché mostri il suo volto di persona estremamente gelosa.

Componi il tutto con una sorella svampita di Michele, vedova insoddisfatta e petulante, costretta a rimanere prigioniera di un figlio minorato con la sindrome di Matusalemme, che si crede un uccello e si comporta come tale, saltellando e fischiettando tutto il tempo; e stiamo parlando di un omone alto 1,90 di soli 14 anni! Mettici, infine, un prete tutto intento a preparare mesi prima (otto, per la precisione) la festa del prossimo Natale, facendo figurine in compensato di animali colorati. Miscela quanto sopra e, poi, fai cadere nei tempi scenici giusti l’interrogativo del presunto moribondo (lui, il medico, con scarsissime probabilità di sopravvivenza dopo il previsto trapianto) che chiede all’amico del cuore: “Miche’, come ultimo desiderio, posso andare a letto con tua moglie?”. E se capitasse a voi, che cosa fareste, ci chiede provocatoriamente nelle sue note di regia lo stesso Salemme? Dilemma che un bravissimo Izzo, sceso tra le poltrone di prima fila, pone al suo pubblico maschile, arricchendo di battute improvvisate il già abbondante copione di scena.

Puro divertimento, certo. Ma fino a che punto? Meglio scoprirsi “becco” per caso (tempestato di denunce anonime, a seguito dell’evidente stato di gravidanza di lei, la bellissima Frida), o sapendo coscientemente di esserlo, al termine della “opera di carità” come richiestovi dal vostro migliore amico? La domanda corretta, dal mio punto di vista, sarebbe quella di chiedere a un uomo gelosissimo: “ma perché tu, che vivi in una piccola comunità di provincia, ti sei andato a inguaiare con un matrimonio del genere sapendo che saresti morto di gelosia ogni giorno della tua convivenza coniugale, vista la tradizione libertaria e libertina della mentalità svedese?”. Ma anche: “perché ci si fa preti, prima di aver risolto definitivamente, alla S. Francesco, il conflitto palese tra carne e spirito? Forse, per avere libertà di censura e di dettare obblighi di penitenza a chi, se tu ti fossi rimasto allo stato laicale, avresti istintivamente imitato?”.

Ridere degli altri e di se stessi. Compiangere e venire compianti. Vittima e carnefice in un laccio virtuale in cui gli estremi si toccano e in cui le contraddizioni della vita entrano in un circuito senza fine, avvitandosi su se stesse, finché l’animo umano resterà ciò che è sempre stato, da milioni di anni a questa parte. Spettacolo da non perdere, adatto a tutti e privo di volgarità.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:26