“Vicini di Stalla”

Avete mai pensato di affittarvi una stalla? No? Pensate, allora, a che cosa vi sarebbe successo intorno all’Anno Zero, in prossimità della Natività che, pochi giorni fa, è stata festeggiata da non meno di un miliardo di cristiani nel mondo!

Al Teatro “La Cometa” di Roma va in scena fino al 10 gennaio lo spettacolo semi-ironico “Vicini di Stalla”, per la regia di Ninni Bruschetta. La storia è semplice: due pastori, Corallo e Armonio (che, per facilità di narrazione, descriveremo come il “Vecchio” e il “Giovane”) in transumanza dalla Magna Grecia, arrivano con il loro gregge in Palestina. A loro modo, sono due... “tirannicidi”, avendo partecipato attivamente al complotto per assassinare il console romano Pompeo Magno. Così, avendo sul dorso quella chiocciolina avvelenata, si sono trascinati il loro maledetto precedente anche in questa nuova e provvisoria terra di approdo mediorientale. Ma qualcuno sa tutto e intende approfittare di quella vocazione di assassini a pagamento. E indovinate un po’ di chi si tratta? Di un ricco ebreo (Arcadio), storpio e intrigante, proprietario immobiliare (non di palazzi, ma di... stalle!), che diviene il loro spietato padrone di casa.

Arcadio non solo non transige sull’affitto ma, quando Erode ordina lo sterminio dei nati di quell’anno, ricatta i due pastori affinché commettano addirittura un deicidio. Il Vecchio si rifiuta, mentre il giovane accetta il denaro del suo mandante. Ovviamente, c’è l’Angelo dell’Annunciazione in giro per quei posti desolati e provvederà lui, coadiuvato dal sorriso del Divino Bambino, a disarmare quello sprovveduto aggressore! La pièce si gioca tutta (o quasi) sui toni alti, sempre un po’ esacerbati, di una napoletanità stesa in piazza come un bucato venuto male. Ma, ancora una volta, la sorpresa non sta nel comportamento degli umani, nel fallito avvelenamento di Arcadio e nella doppia parlata siculo-romana dell’unica femmina del gruppo (meretrice di professione e dal cuore grande), rumorosa e orgasmeggiante vicina di casa, con le sue orge ed i suoi clienti sguaiati.

No. La protagonista vera, amata dal Vecchio come una figlia (e, forse, anche qualcosa di più...), è un’asinella di nome Rosaria, che sarà il tramite tra la redenzione dell’anziano e il presepe animato che la vedrà coprotagonista con il signor “Bue”, per garantire al Nascituro un minimo di comfort. Rosaria cade malata a causa del suo cuore malandato e, come tutti gli animali, non si lamenta come dovrebbe, guardando triste con quegli occhi grandi e buoni il suo assistente umano, che si dispera per la imminente perdita. Ma, quelli erano davvero tempi speciali, per cui anche due pastori che passano le loro notti all’aperto, senza riparo alcuno che non sia la clemenza del cielo, possono essere i protagonisti (certo inconsapevoli) dei destini del mondo e dell’intera Umanità. Così Rosaria, malandata e incerta nei suoi passi, trova nella risorsa del suo fiato e del suo dorso (che porterà in salvo Maria e il Bambino) la sua rinascita animale e il pieno vigore del tempo che fu.

Interessante, stilisticamente, è la scena tra il Giovane e la Prostituta, con i due stesi a terra orientati in direzioni esattamente opposte e con le sole teste che si toccano. Il Pastore (insidiato discretamente dalla donna) le spiega come trarre profitto dalle stelle per orientarsi, dando all’altra il modo per introdurre la visione spettacolare della Stella Cometa, che annuncia al mondo la Buona Novella e indica il cammino ai Re Magi. Ovviamente, lo spettacolo è ritmato e calibrato sulle varie gag e situazioni paradossali che il dialetto napoletano sa introdurre nella scena meglio di chiunque altro, come farebbe un Pulcinella esperto che, alla fine, è il ritratto doloroso del dolceamaro della vita stessa, in cui la comicità è, a suo modo, un enunciato ironico per esorcizzare la sofferenza e le verità indicibili del potere e del Lato Oscuro del pensiero.

Da prendere in considerazione, insomma, per passare una serata in allegria.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:21