Brancaccio da favola con Rapunzel

Vi piacciono le favole? E di Raperonzolo (Rapunzel) che cosa mi dite? Intanto, le informazioni di servizio. Fino al 24 aprile va in scena al Teatro Brancaccio di Roma lo spettacolo musicale “Rapunzel”, ottimamente interpretato da Lorella Cuccarini nella parte di Madre Gothel, la strega malvagia. Tema: il serioso Grimm si divertirebbe come tutti gli altri bambini, o farebbe le pulci agli autori del musical? Sì, perché c’è tutta una complicazione psicologica che (giustamente, direi!) è stata un po’ ridimensionata nel nuovo storytelling, molto più aderente alla realtà sociologica dell’evo contemporaneo. Una particolare menzione meritano le complesse macchine scenografiche e le coreografie. L’interpretazione corale della compagnia di artisti, attori, cantanti e ballerini (tutti rigorosamente multiruolo!) è appassionata e sempre piacevole, senza sbavature, né incertezze di sorta. Geniale ed esilarante, nella riscrittura degli autori, si rivela l’invenzione scenica dei due fiori parlanti, Rosa e Spina, con i volti di donna, i guanti a foglia e i grandi cappelli fioriti, che intonano motivetti ben conosciuti da tutto il pubblico, imitando a mottetto con le loro voci stridule le più note canzoni di successo degli anni passati. Altrettanto interessante per gli inserti parlati e filmati è lo Specchio-verità, riflesso della buona coscienza (femminile!) di Raperonzolo.

Due parole sugli interpreti. Energetico, simpatico e travolgente è il ruolo per così dire “gassoso” (nel senso della straordinaria capacità di saturare l’intera scena) sia del salvatore di Rapunzel - Phill, interpretato da uno scatenato e atletico Giulio Maria Corso - sia dell’istrionico (quanto bravissimo) “segugio” Mattia Inverni - che veste anche i panni del Brigante Milord - un ibrido tra uomo e animale che, attraverso il suo strano linguaggio in stile grammelot, complementa con la sua magia positiva quella negativa di Gothel, favorendo l’azione del Bene.

Perfetta nel ruolo di Rapunzel anche l’altra protagonista, Alessandra Ferrari: infaticabile nelle sue corse, nei suoi sorrisi e dialoghi cristallini, recitativi e cantati, ben scanditi e penetranti in tutte le situazioni che la coinvolgono. La storia originale è nota: una coppia di borghesi attende la nascita di un figlio e lei, la sposina incinta, ha voglia, guarda caso, di raperonzoli che crescono esclusivamente nel giardino della sua vicina, Gothel, appunto. Che scopre il marito di lei mentre di notte raccoglie furtivamente le preziose verdure dal suo orto, costringendolo alla solenne promessa di affidarle la bimba, una volta nata, in cambio della sua rinuncia al maleficio. Ottenuto lo scambio e divenuta adolescente, Rapunzel verrà rinchiusa in una torre inaccessibile per il resto della sua vita: dovrà farsi crescere i capelli sufficientemente lunghi affinché la sua carceriera possa raggiungerla dall’unica finestra, avvalendosi della treccia come fune. Sarà liberata da un principe di passaggio in modo avventuroso e rocambolesco.

Nella versione “brancaccina”, invece, la coppia borghese è sostituita da quella reale (per cui la principessa nascosta è Rapunzel dal magico treccione), mentre la regina e Gothel sono sorelle diverse e il principe di Grimm, invece, sarà un ladro che sottrae a corte proprio la corona destinata alla principessa. Anche il finale è reinterpretato attraverso il pentimento di Gothel e la “nobilitazione” a corte di Phill. Suggerimento sommesso alla regia: colmare il “deficit” logico al momento in cui i due innamorati si calano all’unisono dalla torre. Come fanno? Poi, l’introspezione psicologica dei personaggi, se vogliamo, non è molto diversa nelle due versioni. Anche se questa cosa ai più giovani interessa poco o nulla, in verità. Ed è giusto così. Spettacolo gradevolissimo per grandi e piccini!

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:34