La proposta: un anno scolastico europeo

Che speranza ha l’Europa? Dopo la crisi, l’onda populista, l’incapacità di affrontare le sfide globali, il fallimento del progetto di integrazione politica e il sempre più rumoroso scricchiolare di quello di integrazione economica, che prospettive restano al Vecchio Continente?

Cresciuti nel clima da magnifiche sorti e progressive della fine del secolo scorso, quando l’unificazione federale sembrava solo questione di tempo, i primi decenni del nuovo millennio hanno portato un risveglio che definire solo brusco sarebbe quasi ridicolo. Addirittura l’anno in corso potrebbe vedere l’abbandono del treno da parte di quella Gran Bretagna che, seppur ostinatamente “isolana”, pur rappresenta un elemento imprescindibile del nostro futuro comune. È allora giocoforza ammettere che quell’abbrivio che la tragedia bellica ed il risveglio degli anni Cinquanta avevano impresso al “progetto di Ventotene” è oramai perduto, e che anzi le macchine marciano all’indietro. Che fare? Ovviamente un’ipotesi sarebbe quella di lasciare andare tutto in malora ritornando alle sovranità nazionali ed alle loro prospettive d’azione. Ma checché ne dicano i profeti di caos ed antimodernità sparsi a destra ed a manca nel Continente, questa opzione ci condannerebbe senza dubbio ad un momento di buio medioevale del quale – come sempre – farebbero le spese i più deboli. Si pensi solo alla moneta ed a quello che significherebbe per un genitore a stipendio fisso un’ondata di inflazione che gli lasciasse carta straccia in mano, a fronte di una famiglia da mandare avanti.

L’unica alternativa possibile è allora ritornare all’“Europa” con nuove idee e nuovi intenti. Di più. Con nuove ambizioni che ravvivino la fiamma di un ideale che non incarna semplicemente la via giusta. Ma l’unica ragionevolmente percorribile. C’è bisogno di obiettivi concreti, sufficientemente ampi da generare un rinnovato spirito di adesione alla causa, ma attuabili fin da subito, pur con tutte le difficoltà del caso. E forse, più che sul fare l’Europa, bisognerebbe questa volta concentrarsi sul “fare gli Europei”, per far sì che le istituzioni di domani sorgano solide sui pilastri di una coscienza unitaria, piuttosto che imposte ed estranee.

La nostra proposta a riguardo, del Centro Salvemini per intenderci, è quella di un anno scolastico europeo. Tra i tanti esperimenti che abbiamo tentato insieme negli ultimi decenni, quello che maggiormente ha eccitato le aspettative ed unito gli animi di intere generazioni, è stato il progetto Socrates/Erasmus. Quindi perché non ripartire da lì per fare il prossimo passo? Una confederazione diviene una federazione quando dalla volontarietà di determinati legami si passa alla loro stabilità e cogenza. Ecco allora: bisogna fare lo stesso in questo caso. Immediatamente prima del percorso liceale (high school) o immediatamente dopo (se del caso anche a scapito del corso di studi “nazionale”) ogni studente dell’Unione europea dovrebbe frequentare un anno in un altro Stato membro, estratto a sorte. Le classi sarebbero formate cercando quanto più è possibile di assicurare la presenza di elementi di tutte le nazionalità comunitarie. La lingua franca per l’insegnamento sarebbe l’inglese (il che presupporrebbe ovviamente una basilare formazione in tal senso negli anni precedenti all’“anno europeo”, nel contesto dei corsi “in Patria”).

Quanto al programma, si potrebbe pensare ad un nucleo fatto di materie il cui insegnamento non richiedesse un eccessivo sforzo di convergenza tra le diverse programmazioni nazionali (ad esempio: studio intensivo della lingua inglese; studio intensivo della lingua dello Stato ospitante; diritto ed istituzioni dell’Unione; nozioni di base di economia politica; informatica; storia dell’Europa contemporanea). Nucleo che potrebbe abbracciare tutta una serie di ulteriori materie a seconda del livello di coordinamento tra i programmi dei singoli Stati (matematica; fisica; chimica; biologia; ecc.). Gli alloggi per consentire il flusso degli studenti potrebbero essere forniti nel migliore dei casi con infrastrutture pubbliche ad hoc. Alla meno peggio, con uno scambio inter-familiare facoltativo (nel senso che la famiglia che rifiutasse lo scambio si accollerebbe le spese del soggiorno del proprio figlio/a durante l’anno).

Venuta meno l’opportunità data da un ipotetico servizio di leva europeo (considerando non solo l’assenza di un esercito continentale, ma anche il tendenziale abbandono della leva obbligatoria in molti Stati), la scuola ci appare come l’unico punto d’incontro e crescita comune, capace di dare i natali alla prima, autentica, generazione europea. Inutile dire che al di là del rilancio dell’Unione, i vantaggi per i giovani dei nostri Paesi sarebbero immensi. Conoscenze e consapevolezza di sé ampliate; nuovi legami sui quali fare affidamento in futuro; maggiori sbocchi professionali e, non ultima, una rinnovata spinta all’emigrazione verso le zone dell’Unione più competitive (con indiretto stimolo alle peggiori a far meglio).

Certo, la nostra è solo una proposta generica. Che necessiterebbe di approfondimento, studio e definizione. D’altro canto, senza una prima intuizione, una prima indicazione è davvero impossibile mettersi in cammino, fosse anche per percorrere i tratti più brevi. Nelle speranze, questo articolo da sasso nello stagno qual è potrebbe essere l’occasione per una nuova riflessione di enti pubblici, associazioni, Ong, singoli individui non solo sul tema di un’istruzione comune, ma di un rinnovato percorso per tutti noi.

Possiamo dire quali risultati ne sortiranno? Sicuramente no. Come ammoniva Lady Thatcher; “mai fare profezie, soprattutto sul futuro!”. Ma è sicuro che l’immobilismo che ci divora è una strada a senso unico verso il disastro e “qualcosa” va pensato, va detto, va fatto. Se “crisi” vuol dire anche occasione, la crisi che attraversiamo è l’occasione per tutti noi di mettersi in gioco, abbandonando le prudenze ormai colpevoli che ci trattengono, per condividere nuovamente un futuro di speranza.

(*) Centro di studi storici, politici e sociali “Gaetano Salvemini”

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 18:31