Sesso, amore e felicità

L’amore, la felicità e il sesso sono argomenti molto sopravvalutati. Gli attivisti del Movimento Lgbt (Movimento di liberazione omosessuale), con le bandiere arcobaleno e le magliette sgargianti, hanno un motto che più o meno suona così: le unioni sono fondate sull’amore. E, bisogna concludere, sul sesso, che con l’amore darebbe la felicità. Dacché l’essere umano ha smesso di copulare “more ferarum” ed ha stabilizzato la convivenza tra un maschio ed una femmina come istituzione sociale, non risulta che il fondamento del “matrimonio” sia l’amore. Quando il troglodita afferrava per il braccio o prendeva per mano una femmina della tribù e la conduceva, con dolcezza o a forza, nella caverna o nella capanna e vi consumava l’amplesso, non pensava certo di farlo per amore e per raggiungere la felicità. Né il maschio né la femmina sapevano perché usassero l’una dell’altro. Ma sentivano che era piacevole e continuavano, anche perché il frutto del piacere era un frugoletto che cresceva e accresceva le possibilità di sopravvivenza del gruppo, sebbene spesso come individuo vivesse poco.

Fu così per decine di migliaia di anni. Poi venne la civilizzazione e le cose, all’apparenza, cambiarono. Il matrimonio, e la procreazione, divennero un affare, dove l’amore e la felicità erano facoltativi, occasionali, accessori. Anche come rimedio alla concupiscenza il matrimonio ha funzionato poco, se consideriamo le relazioni e la prole extraconiugali. L’appagamento erotico è sufficiente a fondare una relazione. L’amore non è indispensabile ad un rapporto sessuale. Ma erotismo, sesso, amore non garantiscono la felicità, che è vano cercare nei bolli dell’ufficialità civile o religiosa. E infatti il matrimonio tra omosessuali, come quello tra eterosessuali, sotto la millanteria del legame amoroso, cioè nobile, nasconde più prosaici ma non perciò meno nobili obbligazioni legali e sociali. Insomma, le unioni civili non hanno bisogno del pretesto amoroso per trovare giustificazioni, bastando gli interessi alla convivenza ritenuti meritevoli della sanzione giuridica.

Amore, felicità e sesso sono pure argomenti scivolosi. Mentre il sesso, benché eccessivamente valutato, sia nella sua carnalità qualcosa di materialmente sperimentabile su cui pare difficile discordare, l’amore e la felicità sono, come tutti i sentimenti, impalpabili, misteriosi, indefinibili univocamente. Alcuni dicono che la felicità consista nell’amare; altri, che l’amore renda felici; altri, al contrario, che dia infelicità; altri ancora, che la vera felicità risieda nell’assenza della passione amorosa. E così via, in cento varianti. Fatto sta che l’amore né può essere istituzionalizzato né può essere posto a base di istituti giuridici, sotto pena di snaturarsi irrimediabilmente.

Noi amiamo troppe cose per poter intrecciare su tali rapporti una trama di regole azionabili davanti ad un giudice. Ne resteremmo soffocati come da un nodo scorsoio. E non ci aiuta a riguardo quella ricerca della felicità così mirabilmente scolpita nella “Dichiarazione d’indipendenza”, prima legge del codice degli Stati Uniti. Se ogni legame amoroso potesse o dovesse aspirare alla sanzione del diritto, vivremmo in una società di odio e rancore. Se la felicità individuale dipendesse per intero dalle leggi anziché da noi stessi, saremmo in un inferno. Se nel sesso soltanto dovessimo cercare per trovare amore e felicità, ritorneremmo dove eravamo prima di assumere la posizione eretta. Gli uomini e le donne, maschi, femmine, Lgbt, non dovrebbero appoggiarsi a così fragili bastoni.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:17