Quando l’arte fa Cuccù

Presso la Galleria d’Arte “La Tartaruga” di via Sistina si è da poco conclusa la bella mostra del pittore marchigiano Giancarlo Cuccù. La sua è una pittura - oserei dire - “subliminale”, in cui il colore va a stimolare la parte profonda della coscienza estetica dell’osservatore, proponendogli uno spettro limitato e intenso di verdi, rossi, gialli, rosa, bianchi e fondali azzurri, tenuti assieme da filari robustissimi di sostanza cromatica dai tratti ampi e profondi. Una breve selezione esemplificativa delle opere consentirà di capire meglio la originalissima forma espressiva dell’artista. In “Case con giardini” non cercate le atmosfere da Roma Sparita, stampigliata nei suoi acquarelli tardo romantici in cui contorni paesaggistici, edifici, carri e figure sono ritratti con tecnica fotografica, tal quali. Cuccù è una sorpresa senza attesa, priva di meditazione. Non c’è bisogno di pensiero: in lui, il pennello è “azione” più scultorea che pittorica.

Linee grasse, cariche di tonalità luminose di un Mezzogiorno perennemente infuocato, disegnano lussureggianti cortine di verde con ville affogate in quello stesso segno ma distinte grazie alla radiazione rossastra, postilla d’umanesimo calcareo in un paesaggio indomito. Nel quadro “Sulla Valdaso”, la parte scheletrata degli alberi in primissimo piano rappresenta una sorta di meta-grafo, che con la sua “arboricità” si incunea perentorio - pur descrivendo un percorso immaginario - sull’erta di colline dolci, in cui si riconosce il segno dell’uomo dalla regolarità dei tracciati dei terreni a coltivo disegnati trasversi e con tratti regolari, come ombre di un retino d’architetti. Luoghi antropizzati che, però, non vogliono intenzionalmente essere confusi con le ondulazioni del terreno al contorno, restando immersi e autonomi nelle loro lucenti armoniche, sorta di accordi ritmati da una pretestuosa quanto spontanea sinfonia di gessi colorati.

Tra i numerosi Paesaggi”, “San Procolo” ha effetti ancora più dirompenti, con i suoi rilievi montuosi che serrano il fondo di una composizione sconvolgente per le sue ondate cromatiche, dove nessuna componente trova equilibrio e quiete: verdi, ora corposi, ora curvilinei che assediano rosa, rossi e gialli, dai quali a loro volta vengono feriti, arrestati come per magia, in una circuitazione cromatica tracciata dalla mano rapida di un maitre-à-penser! Ne “La strada che sale” la prospettiva ci restituisce, da un punto di fuga più elevato, una lingua di fuoco rosa-bianca assediata ai due lati da altrettanti fronti di dighe verdi, una bassa e una dominante in alto, coronata al ciglio superiore da alberi di vita fiorita. Una Natura, quella di Cuccù, mai minacciosa e sempre dialogante con i suoi giacimenti di flora, terre e rocce, le cui verticalità mai potenti o nemiche vengono inquadrate da robusti tratti di pennello, molto spesso verticali, più raramente orizzontali e curvilinei, che danno risalto alla ricchezza cromatica del tessuto vegetale della verzura sovrana.

Tra i paesaggi, nel “Montagnoso” come nella “Valle dell’Aso” la parte rilevata è scolpita ora a volo d’aquila, ora osservata da un taglio laterale, acquisito su di un piano più basso, meno solenne e molto più pastorale. E sono proprio le produzioni cromatiche a dare la misura delle curve di livello, con epifenomeni di rossi scarlatti isolati al centro, che dichiarano la propria unicità e diversità di pianta arborea impenetrabile, cespuglio o bosco fitto che sia. In “Campi di grano”, invece, come è ovvio che accada, è il verde a distinguersi e fissare le coordinate che separano i vari appezzamenti coltivati. Le specie arboree si rifugiano nei gradini scoscesi, dove il trattore non regge al richiamo della gravità e dove il seme non può attecchire, mentre i tratturi con i loro rosa delicati e caldi ci dicono che quella natura non è sola, che nasconde una presenza percepita, fattrice e, in un certo senso, allestitrice di quel paesaggio muto e solenne. Lo fa parlare con le sue righe radenti, modellate a lame di rasoio, che accarezzano i rilievi collinari per renderli docili e assuefatti, come buoi all’aratro.

La mostra di Cuccù ha chiuso di recente. Ma la sua pittura è sempre in movimento e si poserà di certo da qualche altra parte.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:32