Aimez-Vous “Le Bal”?

Vi piace ballare con la... “Storia”? Nel senso banale, come quello delle storie di tutti i giorni della gente comune; o epico-tragico, come la dittatura, la guerra e il “Neant”? Allora non perdetevi lo spettacolo singolarissimo “Le Bal” di Jean-Claude Penchenat che va in scena fino a giovedì 27 ottobre alla Sala Umberto di Roma, per la regia di Giancarlo Fares. Otto coppie da balera interpretano danzando proprio di tutto, nel più assoluto silenzio dell’arte struggente del mimo, agitati perennemente da un sottofondo musicale di canzonette popolari, che fa da voce narrante e metronomo degli eventi che scivolano rapidi nel cambio dei costumi di scena. Afferrate ciò che potete, come un ladro pressato dall’arrivo imminente dei padroni, perché le mille figure e figuranti sono concepite per sfuggirvi. Tutti i sentimenti e i personaggi da balera recitano un copione a soggetto: si sfidano con gli sguardi e incrociano i movimenti spinti ora dalla gelosia, ora dall’innamoramento. Donne che rubano il compagno ad altre donne, uomini che si sottraggono al richiamo delle meno attraenti, con un alternarsi di stereotipi (la “femme fatale”, la rotondetta, l’isterica, la materna, la timida, la donna baffuta con un fisico straordinario e una giarrettiera rossa assai provocante, ecc.) che restituiscono un quadro piuttosto aderente ed esatto della condizione social-popolare.

Intensa e delicata è la trattazione del periodo fascista, con un gerarca che fa la conta delle pecorelle smarrite, annotando quelle che “deviano” dalle buone regole e innamorandosi poi di una di loro. Lo accompagna un’austera miliziana in divisa, che distribuisce diffide e reprimende per reprimere gli esuberi di vitalità e gli eccessi di libertà corporea. Vietata la sensualità. Proibito allontanarsi dagli stereotipi del regime. Ma i giovani sono giovani. E “Le Bal” genera nel suo vortice gli abbandoni, gli amori e i tradimenti. Gli uomini sono molto maschili e rudi. Le donne vendicative a ammaliatrici: ora cedono, ora sfuggono con ali di farfalla. E sanno anche essere coraggiose, come la miliziana che schiaffeggia un arrogante ufficiale nazista durante l’occupazione. Proprio lui che con un cenno del dito fa dondolare a destra e a sinistra le due metà del corpo di ballo, per poi fuggire da un folla inferocita contro la quale punta la pistola senza aver il coraggio di usarla. E, poi, la chiamata alle armi per gli uomini. Il dolore sommesso e struggente delle loro donne nell’ultimo abbraccio, per quelli che non torneranno mai più. La miliziana che prima raccoglie dalle donne rimaste sole “l’oro per la patria” destinato a finanziare la guerra nazifascista e poi, con un rituale d’altri tempi, riporta loro i pochi averi rimasti dei caduti in guerra.

Il ritorno dalle campagne russe e africane, poi, per i pochi sopravvissuti, raccontato in modo acconcio a ritmi lenti, con uomini una volta giovani e aitanti, ora vestiti di stracci e divenuti l’ombra di sé stessi. Subito dopo gli americani, la Liberazione e i balli sincopati dell’epoca importati dall’America. Seguiti dal “Neant”: la droga, il rock duro, la discesa agli inferi di generazioni nate nel benessere e che non hanno mai conosciuto la fame, i bombardamenti. Dramma ben mostrato e articolato in precedenza, in scene di intensa drammaticità raccontate all’epoca degli accadimenti bellici, con le bombe che cadevano nei quartieri popolari e sopra ai rifugi. Con il mercato nero e il poco pane che uomini e donne disperati si dividevano tra di loro. E, poi, l’era moderna: l’incubo del buio, dei corpi in ombra appena illuminati dalle lampade tascabili, mostrano l’inizio della confusione dei sensi e dei sessi, con uomini maturi che insidiano e corrompono giovinetti e triangolazioni tra due donne amanti e un uomo al centro. Poi, le scene del laccio emostatico, delle risse, del decadimento umano e morale delle società del benessere.

Per arrivare, in fondo, all’epilogo, in cui tutta una società occidentale, per la prima volta nella sua storia, si è vista violare i propri confini e portare un atto esplicito di guerra dentro i propri confini ritenuti sicuri e inviolabili: l’11 settembre 2001 e il crollo delle Torri gemelle. Da non perdere. Per tutte le età.

Aggiornato il 01 aprile 2017 alle ore 15:33