“Babylon Berlin”, la serie che racconta Weimar

sabato 4 novembre 2017


Sangue, sesso, droga, pornografia e corruzione della politica e della polizia nella repubblica di Weimar. Li vedremo presto in “Babylon Berlin“, la serie Sky che uno non si aspetta. O meglio: ogni popolo, compreso quello della cancelliera Angela Merkel, si racconta nelle serie televisive - che oggi come oggi sono l’unico strumento educativo per insegnare ai giovani ciò che a scuola non apprendono (a cominciare dalla Storia).

L’Italia in quelle di mafia e camorra (da “La Piovra” a “Gomorra” passando per “Romanzo Criminale” e “Suburra”), il Messico in quelle dei narcos (“Narcos”, “El Chapo”, “Escobar”, ecc.), gli Stati Uniti, finita la narrativa di indiani e cowboy e della guerra di secessione, con la saga del proibizionismo e delle origini del mondo del XX secolo (“Boardwalk Empire”), israeliani e palestinesi con il terrorismo islamico e la guerra contro di esso (“Fauda”) e naturalmente la Germania con le origini del nazismo tedesco. Ideologia che il tedesco medio democratico e politically correct di oggi fatica ad accettare. Anzi proprio non può sopportare che solo pochi decenni prima abbia permeato di sé tutta la Germania e tutta l’Europa.

Così ecco che mercoledì scorso alla Festa del cinema di Roma Sky ha presentato la serie “Babylon Berlin”, tratta dal libro “Il pesce bagnato” di Volker Kuscher. Che andrà in onda per 8 settimane (ogni martedì alle 21) a partire dal 28 novembre. Con un cast quasi tutto tedesco e con tre registi differenti che si alterneranno nella prima serie: Tom Tykwer, Hendrik Handloegten e Achim von Borries.

Gli attori invece sono questi: Volker Bruch che interpreta il Kommissar Gereon Rath; Liv Lisa Fries che è Charlotte Ritter; Peter Kurth, il vice commissario Bruno Wolter; Leonie Benesch nei panni di Greta; Severija Janušauskaitè in quelli di Swetlana; Matthias Brandt che è August Benda; Lars Eidinger che interpreta Alfred Nyssen; Fritzi Haberlandt alias Elisabeth Behnke e Mišel Matičević nei panni dell’armeno o “Armenier”.

La trama è semplice: nella Germania di Weimar, tra povertà e lussuria, decadenza e criminalità, droga e pornografia, ricatti e sobillazioni politiche, c’è da scoprire chi dissemina le strade di Berlino, che è ormai una Babilonia, di cadaveri più o meno eccellenti. Chi trama contro i politici, o meglio quali politici tramano contro quali altri politici, e perché qualcuno si è messo in testa di ricattare proprio il futuro cancelliere della Germania Ovest post Seconda guerra mondiale, Konrad Adenauer.

Un giochetto costato oltre 50 milioni di euro benché le riprese si siano tutte svolte tra Berlino città, esterni, e gli studi cinematografici della capitale tedesca (interni). Va detto che è una serie molto colta, almeno a giudicare dalle prime due puntate presentate alla festa del cinema di Roma. Ci sono riferimenti all’atmosfera weimariana e a quel di tragico che verrà dopo che è documentato a livello di ricerca storica. Soprattutto questo spirito tedesco, quello che loro chiamano zeitgeist, che è evocato come narrazione dell’immaginario collettivo sin dalla prima scena immaginata in un istituto psichiatrico dove si pratica l’ipnosi regressiva.

La Germania reduce sconfitta del primo conflitto mondiale che si butta nella lussuria sfrenata, nella droga e nella pornografia. Il tutto in una povertà assoluta con case senza gabinetto dove vivevano i tedeschi come oggi vivono i rifugiati politici nei centri di accoglienza. Tutti o quasi i reduci soldati che rientrano a lavorare nell’esercito o in polizia, per giunta, sono diventati morfinomani in guerra a cause di ferite o per placare il panico. E quindi soggetti a rischio di ogni tipo di corruzione. Chissà se questa serie funzionerà come audience e se sarà possibile usare un giorno cose di questo tipo e di questa fattura per educare le giovani generazioni che vivono costantemente nell’illusione che il mondo sia iniziato ieri.


di Rocco Schiavone