In Pakistan e in Europa, specie quella più a nord, mettiamo la Norvegia, c’è un problema: si chiama integrazione delle famiglie mussulmane. Nel film, tristemente autobiografico, ne parla a distanza di anni dai drammi vissuti in prima persona la regista Iram Haq. Con il film “Cosa dirà la gente”, frase cult delle famiglie degli immigrati pakistani in Europa. Laddove la gente è composta da individui della loro stessa etnia e fede. Mica gli altri. È una storia tutto sommato a lieto fine, visto che lei tutto sommato è riuscita a evitare, sia pure di poco, la morte per mano del padre padrone, così come un matrimonio combinato con un altro pakistano mai visto prima in Canada, ed è anche riuscita a sopravvivere a un sequestro di persona con annesso soggiorno in Pakistan di oltre otto mesi, mentre gli assistenti sociali di Oslo facevano finta di non aver capito cosa fosse successo.

La stessa regista peraltro è costretta a premettere, in un’intervista pubblicata dalla Lucky Red nelle note di regia, di non essere riuscita ad avere il giusto distacco per poter scrivere e poi girare la propria vicenda per tanti anni. Temeva di essere giudicata rancorosa. Poi però sembra esserci riuscita benissimo in questi 104 minuti di lucido risentimento contro la propria società tribale condita in salsa islamica.

In fondo si parla di una famiglia del ceto medio pakistano che approfitta del relativismo multiculturale di Oslo per farsi il proprio enclave in cui nessuno deve mettere becco. Gli occidentali vengono bollati come idioti e mai sarebbero accolti in una famiglia come quella della protagonista del film, la 15enne Nisha. Famiglia che sogna invece un matrimonio combinato.

Insomma, mentre noi ci crogioliamo nel senso di colpa per essere stati dei razzisti, viene fuori che i veri discriminatori sono quelli che accogliamo. E che per giunta credono di poter vivere in un’omertà da clan di Totò Riina. Omertà che include soprattutto le donne della famiglia, anche allargata, cioè zie, sorelle, mamme e cugine. Tutte potenziali complici di femminicidi analoghi a quelli, tanto per fare un esempio, di Hina Saleem, avvenuto proprio da noi nel nord Italia qualche anno fa. La morale del film – che va  ripetuta alle varie esaltate del #metoo de’ noantri – è che il vero problema del mondo femminile, tra molestie, ricatti, stupri e femminicidi, non riguarda Hollywood. Ma le enclave islamiche che abbiamo permesso si formassero nelle nostre città occidentali.

(*) Trailer ufficiale del film

 

 

 

Aggiornato il 20 aprile 2018 alle ore 20:11