Se ne va Ermanno Olmi, maestro del cinema d’autore

Ermanno Olmi è stato un maestro del cinema d’autore. Ricoverato da alcuni giorni all’ospedale di Asiago, il cineasta bergamasco è scomparso oggi all’età di 86 anni. I funerali si svolgeranno in forma privata. Olmi è artefice di film splendidi, molto personali e insieme di straordinario valore pubblico. Fa parte di quel novero ristretto di registi italiani che hanno dato un contributo decisivo alla storia del cinema mondiale. Dal suo primo lungometraggio, “Il tempo si è fermato”, datato 1959 al suo ultimo film, “Torneranno i prati”, del 2014, sono passati cinquantacinque anni. In più di mezzo secolo, il regista ha firmato alcuni film memorabili.

Agli esordi viene etichettato come documentarista impegnato. In seguito, come il “cantore della gente comune”. Ma Olmi frequenta generi diversi: dal racconto storico all’allegoria dalla fiaba alla riflessione di matrice religiosa.

Olmi, infatti, proviene da una famiglia cattolica. Rimane da giovane orfano di padre, morto durante la Seconda guerra mondiale. Il regista da giovane frequenta prima il liceo scientifico e poi il liceo artistico, ma non porta a termine gli studi. Si trasferisce a Milano per seguire i corsi di recitazione dell'Accademia d’arte drammatica. Frattanto, lavora come fattorino alla Edisonvolta. In quel periodo, tra il 1953 e il 1961 realizza decine di documentari, tra cui “La diga sul ghiacciaio”, “Tre fili fino a Milano” e “Un metro è lungo cinque”. Lo sguardo di Olmi è sempre rivolto alla condizione e all’umanità dei lavoratori.

Dopo alcuni film metaforici quali  “Un certo giorno”, “Durante l’estate”, “La circostanza”, Olmi gira il suo capolavoro assoluto: “L’albero degli zoccoli”, favola di ambientazione contadina, parlata in dialetto bergamasco, recitata da attori non professionisti. Il film vince nel 1978 la Palma d’oro al Festival di Cannes. È la consacrazione.

A quel punto Olmi è un autore riconosciuto a livello internazionale. Ma, colpito da una malattia invalidante, il regista non gira per alcuni anni. Torna al successo planetario con il bellissimo e poetico “La leggenda del Santo bevitore”, premiato con il Leone d’oro alla Mostra del cinema di Venezia. Il film è tratto dal romanzo di Joseph Roth e co-sceneggiato dal grande critico e amico fraterno Tullio Kezich. Il lungometraggio è interpretato da Rutger Hauer e Anthony Quayle. Qualche anno dopo, Olmi dirige Paolo Villaggio nel “Segreto del bosco vecchio”, dal romanzo di Dino Buzzati.

Il cineasta gira in seguito l’ispirato “Il mestiere delle armi”, sull’agonia di Giovanni dalle Bande Nere. Poi, è la volta della fiaba antimilitarista di “Cantando dietro i paraventi”, interpretata da un intenso Bud Spencer. Nel 2007 Olmi firma la parabola cristologica di “Centochiodi”. Infine, i dolenti “Villaggio di cartone” e “Torneranno i prati”, ambientato nelle trincee della Prima guerra mondiale.

Aggiornato il 07 maggio 2018 alle ore 17:48