La cultura: patrimonio da conservare

Come la pianta seminata dal contadino paziente, la cultura è figlia della terra in cui cresce – lo accenna l’etimo stesso della parola: cultura è ciò che si pianta, il seme della consapevolezza che si accende nell’uomo, coscienza di sé e del posto che si occupa nel mondo. Cultura e politica. Una vecchia storia, nata al tempo dei tiranni greci, forse anche prima. Norberto Bobbio scriveva come un’analisi della società sarebbe sterile se non tenesse conto del rapporto dell’intellettuale con la società, aggiungendo – in “La politica e la cultura” – la descrizione, sempre attuale, di un’Italia divisa tra un Nord “prevalentemente industriale” e un Sud fondato su una civiltà contadina, neo-feudale.

La cultura non faceva eccezione: il filosofo piemontese vedeva timidi segnali di rinnovamento a partire da due centri propulsori, uno individualista-liberale che fioriva a Milano, Torino, Bologna, l’altro di matrice storicista che si sviluppava nelle città del Sud. La Storia sembra non avere portato grandi cambiamenti. La grande faglia della società italiana ha aumentato per giunta la sua complessità, spostandosi su un asse Oriente-Occidente, con le regioni tirreniche in cui si hanno, con alcune eccezioni, maggiori opportunità. Sembra che gli italiani abbiano desiderio di centro, voglia di quell’energia latente che si libera dalla massa. Siamo un popolo dell’agire, che fugge via dalla noia, che cerca in ogni modo pienezza.

È comprensibile per una cultura millenaria avere voglia di pienezza. L’Italia è un Paese che vive per la bellezza – è nel suo Dna – eppure a volte ce ne dimentichiamo, oppure non ne siamo consapevoli. Se pensiamo poi al gap economico che registriamo con il resto dei Paesi dell’Europa occidentale, si capisce come un’evoluzione, quanto meno, liberale della società sia urgente. Un’evoluzione che metta al centro la persona per un’Italia delle opportunità, vera misura di una società sviluppata.

Ricomporre la faglia che divide Nord e Sud, e in generale l’Italia all’Europa occidentale, non sarà facile, ovviamente. Sarebbe necessario un complesso sistema di riforme. Ma le riforme non bastano se non cambia anche la rappresentazione ideale del mondo che ci circonda. Donde può arrivare un aiuto? Dalla consapevolezza della nostra identità: capire quello che siamo, o siamo stati, per andare incontro a un miglioramento.

Facciamo un passo indietro – pensiamo al Rinascimento. A quel tempo la cultura ottenne un grado di sviluppo unico e irripetibile. Fu il periodo più fiorente della storia italiana. Uno sviluppo figlio del primato economico delle città della Penisola. L’Italia delle Signorie era un “arcipelago” di identità che stavano una di fronte all’altra, che sapevano comunicare anche nel conflitto, ciascuna di esse una galassia generatrice di prosperità.

Era un’Italia poli-centrica, costituita da più anime, allo stesso modo in cui l’Europa di oggi è poli-centrica. Dobbiamo guardare a quella esperienza per non rimanere fermi. L’Italia deve essere quello che è sempre stata: il (poli)centro innovativo del Mediterraneo. La ricchezza dell’Italia, come quella dell’Europa, sono le sue diverse anime, ciascuna ricca di storia e piena di culture. Affinché non sia paralizzata da queste differenze, occorre percorrere il nuovo sentiero della differenza corale, dando la possibilità a ciascuna anima di essere centro e di creare il suo sviluppo. Un’Italia forte, in cui si creano opportunità, è quell’Italia che non è appiattita solo su due metropoli.

Questo discorso, valido anche per l’Europa, è specifico per l’Italia che ha ereditato, dal tempo dei Comuni e poi dal Rinascimento (più di quanto fece la Roma imperiale) quello spirito in cui si forgiò la civiltà greca, forse il segreto della cultura occidentale: la potenza della diversità, l’energia che si libera dall’armonia di un poli-centrismo politico ben organizzato e che riesce a trovare un punto di equilibrio. Quanto sarebbe bella un’Italia dove tutti possono scegliere di rimanere nella propria terra, perché questa è centro di opportunità, ricchezza, bellezza.

Aggiornato il 08 maggio 2018 alle ore 12:35