Un film ricorda Remo Remotti, a tre anni dalla morte

mercoledì 20 giugno 2018


Domani Sky Arte celebra Remo Remotti. Sul canale satellitare arriva, a tre anni dalla scomparsa, il documentario “Ho rubato la marmellata, vita di un artista politicamente scorretto”, di Gioia Magrini e Roberto Meddi, in onda alle 20.10. Il percorso professionale e umano di un artista volutamente sopra le righe e affamato di vita. Un ritratto dell’attore, pittore e poeta attraverso i ricordi personali dello stesso Remotti e le testimonianze del giornalista e scrittore Michele Serra, del critico d’arte Gianluca Marziani, del drammaturgo Giampiero Solari, dell’attore e regista Massimiliano Bruno, della figlia di Remotti, Federica e della moglie, Luisa Pistoia. Aneddoti, frammenti di spettacoli e concerti si fondono al materiale dell’Istituto Luce. L’infanzia romana durante il fascismo, il padre “fiumarolo”, il rapporto con la madre che lo voleva dirigente d’azienda, il viaggio in Perù, per fuggire da Roma, l’esperienza nella Berlino delle rivolte studentesche del Sessantotto, i ricoveri in manicomio, il suo amore per le donne e l’ossessione per il sesso.

In seguito, le esperienze a teatro, al cinema e infine, ecco, il ritorno nella capitale. Negli anni Duemila Remotti assurge, addirittura, a simbolo della cultura giovanile underground. Ma è alla sua amata e odiata città, che Remotti dedica la memorabile “Mamma Roma addio”, la sua poesia-invettiva forse più nota, in cui vengono elencati tutti i difetti della Roma degli anni Cinquanta: borghese, fascistoide e impiegatizia. “Io non mi considero un’eccezione. Ho fatto quello che ho sentito senza chiedere niente a nessuno. Se vuoi essere libero non c’è epoca o latitudine che tenga”. È così che si raccontava Remotti. Un uomo che, nel corso dei suoi novant’anni di vita, è stato anche un artista totale che ha affiancato Mambor, Fontana, Vedova, Manzoni. Ed è diventato noto ai cinefili per le sue incursioni nel cinema d’autore italiano e internazionale: da Nanni Moretti a Marco Bellocchio, da Ettore Scola a Nanni Loy, fino a Francis Ford Coppola. La comicità deflagrante dei monologhi e delle canzoni è ricordata ancora oggi.


di Eugenio De Bartolis