Un grande romanzo storico

martedì 28 agosto 2018


Raccontare gli eventi della Grande Storia dalla prospettiva di un piccolo paese del Sudtirolo per mostrare come la evoluzione e il progredire del tempo possono privare una comunità della sua identità storica e culturale. È quanto ha fatto nel suo ultimo libro uno scrittore di talento come Marco Balzano. Il suo romanzo, intitolato “Resto qui”, finalista al Premio Strega 2018, è edito da Einaudi. La vicenda descritta da Balzano è emozionante e coinvolgente e aiuta a comprendere il valore del rispetto che si deve alle minoranze linguistiche ed etniche presenti in Europa. Protagonista del libro è una giovane donna di nome Trina, divenuta maestra elementare proprio nell’anno in cui in Sudtirolo, nel 1922, a Bolzano c’era stata la marcia fascista, che precedette quella famosa di Roma. Dopo la marcia di Bolzano, i fascisti, con brutale violenza, diedero  fuoco agli edifici pubblici ed aggredirono i cittadini appartenenti alla minoranza tedesca. Mentre la violenza fascista dava inizio alla dittatura e al regime di Mussolini, i diritti delle minoranze tedesche in Sudtirolo venivano conculcati e nell’indifferenza delle autorità politiche e istituzionali calpestate con metodi di inaudita ferocia.

Trina, come le sue amiche e colleghe insegnanti Barbara e Maya, non può, a causa di un divieto imposto dal regime fascista, impartire le lezioni adoperando la sua lingua madre, quella tedesca. Per insegnare ai bambini, con l’aiuto di un sacerdote, Trina e le sue amiche sono costrette a rifugiarsi in luoghi oscuri e chiusi, che evocano le antiche catacombe. In Sudtirolo, mentre i fascisti occupavano i posti di potere, si diffuse la notizia che per il regime era fondamentale dare vita alla costruzione di una grande diga, per produrre energia in favore delle aziende che avrebbero dovuto sorgere a Merano e in altri luoghi della valle. A Curon, dove Trina si unisce in matrimonio con il giovane Erich, durante il fascismo la valle, abitata da contadini e lavoratori, subisce la prima  devastazione, proprio per rendere possibile la realizzazione della diga. Infatti, per la Montecatini e alcuni politici ed industriali l’alto Adige era una miniera di oro bianco. Nel libro, l’autore, con pagine di grande bellezza letteraria e poetica, mostra come nel 1939 per i cittadini di Curon e gli altri abitanti della vale del Sudtirolo, la possibilità di aderire al regime nazista e abbandonare i luoghi dell’alto Adige in cambio di terre e posti di lavoro promessi da Hitler, significò, per molte famiglie separarsi per sempre. Trina e Erich, a Curon ricevono la visita della sorella di Erich, Anita e di suo marito Lorenz, un fervente nazista. Gli zii sottrarranno la figlia femmina ad Erich e a Trina, e nel libro l’assenza di questa sarà fonte di dolore incessante per la madre Trina, che a lei penserà, tormentandosi, senza più rivederla. Il figlio maschio, Michael, diverrà un sostenitore di Hitler, entrando in conflitto con suo padre Erich.

Nel 1940, con l’entrata in guerra dell’Italia, i lavori della diga, voluta dal regime fascista, vennero sospesi e interrotti. In questo clima di cupa incertezza, mentre la valle viene occupata dai nazisti, animati dal proposito di perseguitare i cittadini del Sudtirolo che non avevano voluto nel 1939 lasciare i loro luoghi e paesi e trasferirsi in Germania per sostenere il regime di Hitler, Trina e suo marito Erich sono costretti a fuggire e rifugiarsi in alta montagna con i disertori e i partigiani. In particolare, nel libro è sconvolgente la scena che narra un episodio terribile, dovuto alla circostanza che, mentre i tedeschi in prossimità della fine della guerra, oramai perduta, si abbandonavano alle loro truci e tremende azioni di rappresaglia e ai rastrellamenti odiosi, uccidendo e dando fuoco alle case vuote, Trina per non perdere la libertà è costretta a sparare a due soldati tedeschi. Con la fine della guerra e la capitolazione del regime nazi-fascista, a Curon c’era chi imprecava contro il destino avverso, poiché i cittadini del Sudtirolo sarebbero rimasti italiani, dopo che l’impero Austriaco si era dissolto, il nazismo non li aveva salvati, e il fascismo li aveva perseguitati con una asprezza inusitata.

Nel 1946, a guerra conclusa, a Curon erano ripresi i lavori di scavo con le gru e i trattori in vista della realizzazione della diga. Ai cittadini della valle, un uomo che indossava un cappello e li guardava con sommo disprezzo ostentando i vessilli del nuovo potere politico, desideroso di proteggere gli interessi della Montecatini e degli imprenditori e indifferente verso la ribellione dei cittadini di Curon e degli altri paesi disseminati nella vale, disse che il progresso umano non poteva fermarsi per un mucchio di povere case. Il paese di Curon, in seguito alla costruzione della diga, è stato sepolto dalle acque. Di esso è rimasto solo la parte superiore del campanile della chiesa, che emerge dalla superficie dell’acqua della medesima diga e che è divenuta una attrazione turistica. Erich e Trina hanno dovuto rassegnarsi e andare ad abitare nella casa costruita per loro come per gli altri abitanti della valle dalla Montecatini. L’energia prodotta dalla diga costa molto di più di quella nucleare acquistata in Francia.

Questo libro, un grande romanzo storico, mostra come l’ideologia del progresso, perseguita in modo cieco e ottuso, in alcuni casi ha finito per non rispettare l’armonia tra le comunità e le minoranze e l’ambiente e ha prodotto la devastazione di luoghi e paesaggi meravigliosi.


di Giuseppe Talarico