Venezia 75: polemica per il Leone dʼoro a Cuaron

lunedì 10 settembre 2018


Il Leone d’oro delle polemiche. La Mostra del cinema di Venezia si conclude con il massimo premio assegnato dalla giuria al regista messicano Alfonso Cuaron, autore di “Roma”. Il Leone d’argento per la miglior regia viene attribuito a Jacques Audiard per “Sister Brothers”. Il Gran Premio della giuria viene assegnato a “The Favourite” di Yorgos Lanthimos. La Coppa Volpi per il miglior attore va a Willem Defoe e per la migliore attrice a Olivia Colman. Joel ed Ethan Coen, i fratelli del cinema d’autore americano, vengono premiati per la miglior sceneggiatura, per il film “The Ballad of Buster Scruggs”. Ai registi italiani, nessun riconoscimento. Eppure, da messicano a messicano, premiando Cuaron, la giuria del concorso, presieduta da Guillermo Del Toro, non ha avuto dubbi. I giudizi finali, infatti, sono stati condivisi con gli altri componenti della giuria: Sylvia Chang, Trine Dyrholm, Nicole Garcia, Paolo Genovese, Malgorzata Szumowska, Taika Waititi, Christoph Waltz, Naomi Watts.

L’edizione numero 75 del festival di cinema più antico della storia sarà ricordata per via del Leone d’oro assegnato ad un film “targato” Netflix. Un lungometraggio destinato al portale a pagamento e non alle sale cinematografiche. Sono queste le ragioni per cui il film non era stata accettato al Festival di Cannes lo scorso maggio. Le reazioni negative al premio non riguardano il film in sé, ancora una volta un’ottima opera, quanto il messaggio per cui, i cinefili e gli esercenti sono ufficialmente messi fuori gioco dalla filiera distributiva.

Non a caso, a pochi minuti dalla proclamazione, le agenzie lanciano la dura nota degli autori ed esercenti. L’Anac (Associazione nazionale autori cinematografici), la Fice (Federazione italiana cinema d’essai) e l’Acec (Associazione cattolica esercenti cinema), senza nulla togliere all’alta qualità del film “Roma” di Alfonso Cuaron, definiscono “iniquo che il marchio della Biennale sia veicolo di marketing della piattaforma Netflix che sta mettendo in difficoltà il sistema delle sale”. Le sigle del cinema italiano sottolineano che il Leone d’Oro “dovrebbe essere alla portata di tutti e non dei soli abbonati al canale online”.

A questo punto, è auspicabile che Netflix, Amazon e tutte le piattaforme e i canali tematici, da Sky a Mediaset, possano siglare un accordo con gli esercenti cinematografici. Che il film non sia ormai destinato solo ai cinema è un fatto inevitabile. Che il film debba abbandonare il luogo di nascita, di condivisione e di visione è un fatto inaccettabile. Il progresso non si ferma con un comunicato stampa. Ma il progresso deve tenere conto, inevitabilmente, dei mestieri del cinema. Eppure, al di là della condivisibile polemica, l’unico vero dato deludente di questa edizione veneziana curata, ancora una volta, da Alberto Barbera, riguarda i risultati dei rappresentanti italiani. I tre autori celebrati del nostro cinema sono stati snobbati dalla giuria. Perché? “Capri Revolution” di Mario Martone, “Che fare quando il mondo è in fiamme?” di Roberto Minervini e “Suspiria” di Luca Guadagnino meritavano senz’altro, una maggiore attenzione. L’unica consolazione è il “Miglior restauro” andato alla fiaba antifascista de “La notte di San Lorenzo” di Paolo e Vittorio Taviani. Ad ogni buon conto, tra gli aspetti positivi della Mostra del cinema di Venezia, oltre al buon programma, vanno indubbiamente ricordati i Leoni d’oro alla carriera attribuiti all’attrice britannica Vanessa Redgrave e ad un maestro del cinema, un regista di culto, il canadese David Cronenberg.  


di Eugenio De Bartolis