L’abito del riscatto

Si è da poco conclusa la settimana della moda milanese: 170 collezioni, 60 sfilate con modelle, collezioni, passerelle, riflettori e migliaia di giornalisti ed esperti del settore che hanno invaso la capitale meneghina.

Ma in un mondo apparente tanto effimero, c’è posto per etica e sostenibilità? In effetti, da alcuni anni, numerose sono le aziende di moda nate in seno a progetti green ed ecologici che garantiscono una produzione nel rispetto della natura, ad esempio con tessuti alternativi totalmente biodegradabili oppure con materiali di riciclo che non abbiano un impatto ambientale negativo e dannoso, ma anche cruelty free, cioè che non utilizzino pellami o pellicce provenienti da animali vivi ma esclusivamente sintetiche o di riciclo.

Ma c’è di più. Nel 2013, a Verona, è nato Progetto Quid, una cooperativa sociale che crea capi d'abbigliamento con tre contenuti innovativi: recupera tessuti di fine serie, li rivalorizza grazie a designer emergenti e poi li confeziona tramite sarte con un passato di fragilità. Ed è proprio in quest’ultimo passaggio che si intuisce la qualità in più di questo progetto, capace di unire bellezza e sostenibilità ambientale all’innovazione sociale: l’80% delle mani che confezionano gli abiti di questo brand appartengono a persone con trascorsi difficili, donne dai 20 anni in su, vittime di violenza o della tratta, ex tossicodipendenti, invalide o ex detenute.

Una collaborazione stretta tra imprenditoria e integrazione sociale che lavorano insieme per dare vita a capi unici, non solo per la loro bellezza ma anche per la storia che portano con sé. Il progetto è partito in piccolo, con sole 5 persone, ma con il passare del tempo si è notevolmente accresciuto e ad oggi le persone che lavorano in Quid sono 90 di ben 16 nazionalità diverse. Un’azienda a tutti gli effetti in rosa, con una percentuale di presenza femminile che sfiora il 90%. Il team è molto giovane, con una media di 35 anni e le mansioni sono molto diversificate: ci sono le competenze sartoriali ma anche quelle di gestione del magazzino, controllo qualità e imballaggio.

Le collezioni sono realizzate con tessuti di fine serie, invenduti o di campionario, messi a disposizione da oltre 40 prestigiose aziende italiane di abbigliamento che hanno deciso di aderire al progetto perché decise a contribuire alla diffusione della cultura della moda sostenibile.

E sono queste stoffe ad ispirare i creativi che devono disegnare gli abiti, che diventano così pezzi unici ed in edizione limitata attraverso le abili mani delle sarte, per la maggior parte donne, con un passato di violenza ed emarginazione che trovano nel lavoro un’occasione di riscatto e di emancipazione.

E proprio durante la settimana della moda milanese, Quid era presente nelle vetrine di Vivienne Westwood, in Corso Venezia: l’ambizioso progetto di trasformare la fragilità umana da limite a punto di forza si è preso un suo spazio nel difficile mondo della moda.

Aggiornato il 18 ottobre 2018 alle ore 11:43