Festa del cinema di Roma, Sigourney Weaver icona di fantascienza

La splendida Sigourney Weaver incanta gli spettatori della Festa del cinema di Roma. La 69enne attrice statunitense si presenta nella Sala Petrassi dell’Auditorium Parco della musica avvolta da una sorta di tunica bianco-rossa da imperatrice romana. Intervistata dal direttore della kermesse capitolina Antonio Monda, la Weaver racconta di avere avuto un buon rapporto con il padre. “Lui – ricorda – era ottimista rispetto alla mia carriera d’attrice. Mia madre, invece, mi ripeteva che non avrei dovuto farla”.

Figlia di un dirigente della Nbc, Sylvester Weaver e dell’attrice britannica Elizabeth Inglis, la Weaver esordisce nel 1977 nel capolavoro di Woody Allen, “Io e Annie” (“Annie Hall”). Il film che la consacra icona della fantascienza arriva due anni dopo: “Alien” di Ridley Scott. È memorabile la sua sanguigna interpretazione della tenente Ellen Ripley, che combatte contro la minaccia extraterrestre, mentre si trova al comando dell’astronave Nostromo. “La fantascienza – sottolinea – non è un genere fatto solo da effetti speciali, ma racconta storie profonde. È un genere molto sofisticato, che pone domande esistenziali. Da giovane volevo fare teatro. Ma al tempo stesso anche spaziare. Non immaginavo che un giorno avrei girato film di fantascienza. E pensare che volevo solo portare in scena Shakespeare”.

Ricorda il provino per “Alien”. “È un film fantastico e Ridley è stato uno straordinario innovatore del linguaggio. Sul set, ha lasciato molto spazio agli attori di “sentire” in maniera personale il proprio ruolo. Così mi sono sentita liberata e ho recitato con naturalezza. Ridley non amava fare molte prove. C’era molta improvvisazione sul set ed io ero spaventata, venendo dal teatro. Ma la cosa funzionò. Però mi mancava il teatro, tant’è che tornai a fare film solo due anni dopo. Ma “Alien” è stata un’innovazione ad Hollywood”.

Ma è il 1989 l’anno di grazia di Sigourney Weaver. Diventa la prima interprete a vincere due Golden Globe nella stessa edizione: come migliore attrice di un film drammatico per “Gorilla nella nebbia” (“Gorillas in the Mist”) di Michael Apted e per la migliore attrice non protagonista per “Una donna in carriera” (“Working girl”) di Mike Nichols. Per gli stessi film riceve due candidature agli Oscar. In totale sono tre le nomination. La prima è del 1987, per “Aliens, Scontro finale” (“Aliens”) di James Cameron.

La Weaver, davanti ad un pubblico entusiasta, commenta alcune delle sequenze dei film che l’hanno resa celebre. Oltre alle pellicole già citate, parla di due opere di segno opposto: l’indimenticabile commedia di culto “Ghostbusters” (“Acchiappafantasmi) di Ivan Reitman e l’intenso “La morte e la fanciulla” (“Death and the Maiden”) di Roman Polański. L’attrice ricorda l’appassionata precisione del regista polacco. “Alla prima lettura del copione – chiosa – Roman lesse i dialoghi di tutti i personaggi. Inizialmente fu una decisione che mi infastidì. In seguito, lo ringraziai. Perché mi aveva fornito la chiave esatta per interpretare il complesso personaggio di Paulina”.

A proposito di “Gorilla nella nebbia”, la Weaver non riusciva ad “immaginare d’interpretare Dian Fossey e renderla veramente sullo schermo. Lavoro ancora per la Gorilla foundation e ritengo di essere molto fortunata ad aver passato così tanto tempo con il gruppo di lavoro della Fossey”. L’attrice ricorda con affetto anche il regista di “Titanic”. “James Cameron, che mi ha diretta anche in “Avatar”, ha intuito come potevo lavorare in modo sottile ed efficace. È stato lui a riportarmi alla fantascienza. Con lui è stata un’esperienza notevole”.

Quale personaggio avrebbe voluto interpretare Sigourney Weaver? “Julia Child”. Il ruolo magistralmente portato al cinema da Meryl Streep, nel film “Julie & Julia” di Nora Ephron. “Meryl è stata bravissima. Ma avrei tanto voluto fare un provino per quel personaggio”.

Ma qual è il film preferito dell’attrice? È “I segreti di Brokeback Mountain” (“Brokeback Mountain”) di Ang Lee. Del film viene mostrata una scena. A quel punto, l’attrice si commuove.  “È la più bella storia d’amore di sempre”. Del regista che l’ha diretta nel 1997 in “Tempesta di ghiaccio”, ha un ottimo ricordo. “Un grandissimo cineasta. Voleva portare al cinema l’intensità di quel racconto amoroso”.

L’attrice conclude il confronto con il pubblico con un auspicio: “Mi piacerebbe lavorare con Luca Guadagnino e Martin Scorsese”.

 

Aggiornato il 26 ottobre 2018 alle ore 14:59