Puntuale anche in questo venerdì di fine ottobre la rubrica settimanale con la quale “L’Opinione delle Libertà” vuole dare voce e spazio ai volti noti e meno noti della letteratura italiana. Questa settimana vi consigliamo “Il dono di saper vivere” di Tommaso Pincio (Einaudi).

Tommaso Pincio ha pubblicato per Einaudi Stile Libero Un amore dell’altro mondo (2002; nuova edizione, 2014), La ragazza che non era lei (2005), Cinacittà (2008) e Il dono di saper vivere (2018). Tra gli altri suoi libri, Lo spazio sfinito (minimum fax 2010), Hotel a zero stelle (Laterza 2011) e Pulp Roma (il Saggiatore 2012).

La Storia

Quella del saper vivere può essere considerata un’arte o, come in questo caso, un dono. Che questo significhi avere successo nel lavoro, guadagnare tanto, avere una famiglia unita o semplicemente riconoscersi a pieno nel proprio riflesso allo specchio, è una questione tanto soggettiva quanto piena di sfumature, tante sono quelle del proprio “io”.

Nello spazio angusto e asfissiante di una cella, un uomo riflette su questo. Riflette sui propri successi e, più che altro, sulle proprie disfatte, trovandosi a tu per tu con il fantasma di un personaggio illustre vissuto nel passato, così distante temporalmente ma così vicino nell’anima. Così Michelangelo Merisi, noto come Caravaggio, diventa l’interlocutore invisibile in cui riconoscersi, anch’egli privo di quel dono del saper stare al mondo, sempre propenso a mettersi nei guai, fino a morire nella solitudine. Negli squarci di vita passata, che si aprono improvvisi nella narrazione, il protagonista parla di illusioni spazzate via e di frustrazioni radicate, senza auto-commiserazione, ma come in una lucida e consapevole disamina: quel sogno di fare l’artista cinicamente soppiantato dalla vendita di telefax, poi la speranza del riscatto, quando si presenta l’occasione di rientrare nel mondo dell’arte come venditore in una galleria. A fare da sfondo e da collante tra passato e presente c’è un progetto, scrivere un’opera su Caravaggio, che riprende forma e consistenza proprio tra le sbarre di un carcere.

“Nella cella della prigione in cui è rinchiuso, un uomo narra la sua storia. E dal fondo della propria disfatta si domanda che cosa significhi saper vivere, se davvero esista qualcuno con un simile talento. Un talento che mancava persino a Caravaggio, l’artista da cui l’uomo è ossessionato. È questo l’innesco del nuovo libro di Tommaso Pincio, tra i più originali scrittori italiani della sua generazione. Un vertiginoso gioco di specchi che sorprende il lettore, lo spiazza, non lo fa mai sentire al sicuro. Non è un romanzo su Caravaggio, ma forse è il più appassionato, inedito ritratto che del pittore sia mai stato realizzato. Non è un’opera di fiction, e neppure un testo autobiografico. È il tentativo struggente di confessare che impresa fallimentare, antieroica, sia vivere, per ciascuno di noi”.

Tommaso Pincio sorprende e disorienta, in una dimensione meta-narrativa piena di bivi e salti temporali in cui il lettore si perde per poi vivere a pieno la magia del ritrovarsi. Le sue domande sono le stesse del protagonista, che si lancia talvolta in considerazioni esistenziali sull’uomo, talvolta in osservazioni sull’arte e sulla letteratura.

“Il dono di saper vivere” è un romanzo che spazia su più livelli, sconfinando nella biografia e nella saggistica. Un’opera multiforme che esalta la consapevolezza del fallimento, la presa di coscienza dell’inettitudine, la capacità di non abbandonarsi ai segni del destino, lasciando che questi ci spingano da una parte o l’altra del bivio. Perché vivere, anche fallendo, è forse prerogativa più nobile del sopravvivere, arrendendosi al caso.

Aggiornato il 26 ottobre 2018 alle ore 13:49