Nella prestigiosa collana “I Millenni”, pubblicata da Einaudi, è da poco approdata nelle librerie un’opera capitale della cultura europea di cui è autore Johann Wolfgang Goethe: la sua autobiografia intellettuale intitolata “Della mia vita, poesia e verità”. Nella sua dotta introduzione a questo libro straordinario, che trabocca genialità e sapienza letteraria, lo studioso di letteratura Klaus Müller delinea una distinzione sottile e profonda tra l’autobiografia erudita, l’autorappresentazione pietistica e religiosa, e le storia personale di natura avventurosa. Questo grande libro appartiene al genere della autobiografia erudita. L’obiettivo di una autobiografia consiste nel mostrare l’essere umano dentro lo spirito del suo tempo, per capire se sia stato favorito oppure ostacolato dal suo ambiente e in che misura sia riuscito a maturare una visione critica del genere umano e della civiltà. Il giovane Goethe, nel suo libro, descrive la passione per la pittura coltivata dal padre. Sicché nella sua casa, accanto alla stanza che contiene la biblioteca, si trova una camera sulle cui pareti sono esposti alcuni quadri realizzati a Francoforte, che riproducono le vedute di Roma, eseguite da alcuni precursori di Piranesi. Il giovane scrittore nei primi anni di vita esplora e osserva la sua città natale, Francoforte, e rimane colpito dal ponte che sovrasta il fiume Meno.

Nota i ponti e le mura che segnano i confini della città vecchia, e comprende la storia del suo Paese, ossessionato dalla necessità di garantire la sicurezza della nazione. Infatti, nel 1756 Federico II Re di Prussia invade la Sassonia. Ne scaturisce una guerra che provoca lacerazioni e divisione nella famiglia dello scrittore. Il nonno è favorevole all’Austria, il padre, invece, sostiene i prussiani. È il noto terremoto di Lisbona del 1775, con le enormi devastazioni che produce, a indurre il giovane Goethe ad interrogarsi sulla natura di Dio, che ha esposto alla medesima rovina i giusti e gli ingiusti, svelando l’indifferenza verso l’umanità da parte della natura. In questi anni, Goethe apprende l’ebraico e studia “l’Antico” e il “Nuovo Testamento”, legge avidamente “Le Metamorfosi” di Ovidio e “l’Eneide” di Virgilio, e, dopo avere accresciuto la sua inclinazione per la riflessione e la meditazione, comprende quanto sia importante la virtù della sopportazione, suggerita e ritenuta fondamentale dalla filosofia stoica. In seguito, nella vita adulta, è la scoperta dell’opera filosofica di Spinoza a fargli maturare l’idea di una religione naturale, per oltrepassare le divisioni, fonte di infiniti conflitti, tra i protestanti e i cattolici. 

In tal modo, con l’immagine grandiosa della religione naturale, diviene possibile cogliere il divino grazie alla bellezza del mondo. Johann Michael von Loën a Francoforte suscita l’attenzione di tutto il mondo letterario con la sua opera intitolata “L’unica religione autentica”, rivolta a favorire la tolleranza tra luterani e calvinisti. Il giovane Goethe, prima di intraprendere i suoi studi giuridici, si innamora del teatro. Legge e vede rappresentati in teatro autori quali Racine, Diderot e Shakespeare e comprende quale relazione vi sia tra la realtà e la verosimiglianza delle opere letterarie, grazie all’inganno benevolo prodotto dall’immaginazione poetica. Nel libro trova spazio una riflessione sulla letteratura del suo tempo, l’epoca in cui la sensibilità romantica, grazie al movimento dello “Sturm und Drang”, sta dando forma ad un grande cambiamento culturale. Mentre le arti figurative pongono l’immagine di fronte agli occhi umani, la poesia le evoca al cospetto della fantasia umana. Il meraviglioso è sempre capace di rappresentare in modo nuovo e sorprendente i sentimenti umani. Tuttavia, se non possiede una correlazione con gli essere umani, il meraviglioso può risultare viziato da una vacuità sconfortante. Questa correlazione tra poesia e umanità si ha quando essa si rivela utile ed è capace di affrancare ed emendare gli esseri umani dalle loro imperfezioni e dai loro limiti. La poesia raggiunge i suoi obiettivi quando è utile sul piano morale. Belle nel libro sono le pagine in cui Goethe ricorda le conversazioni su questi temi con il grande studioso di letteratura Johann Gottfried Herder, uno dei padri della cultura romantica.

Un saggio di Goethe sull’architettura tedesca viene inserito da Herder nel suo libro memorabile “Scritti intorno all’arte e all’architettura tedesca”. Inoltrandosi nei boschi della sua terra con un amico, Goethe viene a conoscenza di un pensiero di Tacito, il grande storico di Roma antica, per il quale i progenitori dei tedeschi si accontentano delle sensazioni che la natura predispone con la sua schietta architettura per gli abitanti di questa terra. Nel libro, Goethe si chiede se vi sia un culto più bello di quello rivolto verso la natura, per il quale si assiste alla fusione felice tra il sublime e la bellezza, quando si è circondati da una grandiosità che si pone oltre le capacità di comprensione della mente umana. A proposito dell’amore, Goethe, autore di un classico memorabile come il romanzo epistolare “I dolori del giovane Werther”, sostiene che si avverte la netta sensazione che la natura desideri che un sesso percepisca nell’altro l’immagine tangibile del bene e della bellezza. “Della mia vita, poesia e verità”, come ha notato il grande studioso di letteratura Piero Boitani, è un testo che aiuta a comprendere come sia avvenuto il mutamento tra l’Ancien Régime e l’epoca moderna.

Aggiornato il 14 novembre 2018 alle ore 17:44