Si può mettere in formalina il genio precoce? Ovvero: è possibile proteggerlo a ogni costo dalle mille insidie della sua futura vita, affinché quella prodigiosa farfalla della mente, sbocciata anzitempo, non ritorni crisalide e, ridivenuta amorfa, si cristallizzi per sempre nel nulla della deprivazione artistica, alla quale di certo verrà condannata dal suo ambiente ostile, privo di qualsiasi amore per l’arte? E fin dove si può spingere questa protezione assoluta, da maternità surrogata, per tutelare la propria creatura? Soprattutto nel caso che il suo anatomopatologo sia, in realtà, la maestra d’asilo Lisa Spinelli (Maggie Gyllenhaal) che arriva a svolgere un ruolo di autentico stalker ossessivo nei confronti del piccolo Jimmy (Parker Sevak) di soli cinque anni e mezzo e di origini indiane, un piccolo, strepitoso e geniale poeta in erba che crea mirabili opere linguistiche, intense e brevi come il lampo in pieno giorno, mentre si muove nella stanza in linea retta parlando tra se. Lisa è una borghese agiata, appassionata di poesia di cui però è un mediocre adepto che nel tempo libero frequenta un workshop per poeti dilettanti, talmente frustrata dalle sue aspirazioni intellettuali come laureata mancata e dalla sua grigia routine familiare, da voler evaderne a ogni costo coltivando un sogno impossibile.

Lisa, nutrice nutrita, con i suoi seni aridi che aspirano ardentemente a una nuova maternità sublimata. La maestra piacente, elegante e gradevole che si fa cerbero intimando a tutti coloro che hanno a che fare con Jimmy di non perdere una sola parola della sua straordinaria creazione poetica. Per sperimentarne la grande efficacia compositiva Lisa sottopone in incognito al workshop alcune creazioni di Jimmy, ricevendo riscontro alla sua istintiva certezza di aver a che fare con un genio in erba. Ma non si può rimettere nell’utero ciò che è uscito formato, per conservarne il seme in modo che non invecchi. Il film si insinua come la “S” di snake sotto la superficie di un vissuto quotidiano fallimentare di figli adolescenti nemici e scontrosi, e di un marito che non sa andare un centimetro oltre la sua natura di persona pratica, buona e tollerante dei comportamenti bizzarri di sua moglie, di cui si rassegna con pazienza a ascoltarne i versi rigidi, privi di valenza emotiva, incapaci di andare molto oltre la mera stereotipia scritturale. Troppa mentalizzazione e poca ricchezza interiore emotiva si direbbe.

Sicché il piccolo Jimmy è il catalizzatore per un altrove sognato, da trasportare come un talismano nella terra promessa, nel paradiso del bello e dell’arte dove c’è solo pace bucolica e beatitudine. Ma tra Lisa e il suo sogno c’è, purtroppo, il codice penale: il mondo adulto è pronto a scandalizzarsi e a mettere la strega al rogo perché si può perdonare la banalità irrilevante, ma non il furto di personalità, come in fondo è anche giusto che sia. Inquietante oltre ogni dire, il racconto ci appare come uno strano animale dagli aculei avvelenati, che non si riesce a manipolare se non con estremo disagio, perché gli occhi di Lisa, spalancati di meraviglia, ci inducono a prendere freneticamente con lei appunti scritti e orali. Così, la poesia diviene un vettore del maleficio, dell’inganno verso se stessi mentre si tenta di catturare con un retino per farfalle l’aria che il genio respira, credendo che riempia anche i nostri alveoli mentre l’illusione di tutto ciò diviene fumo denso, acre e soffocante in cui annega l’obbligo di lucidità e di sano rispetto delle vite degli altri. Perché, poi, il destino ti pone problemi ma ti offrirebbe anche soluzioni che però il tuo Io ipertrofico non sa vedere, come quello della presenza di uno zio poeta fallito e fratello del padre di Jimmy.

(*) Trailer ufficiale del film

Aggiornato il 22 novembre 2018 alle ore 11:52