La lezione di Grigorij Perel’man

mercoledì 2 gennaio 2019


Data: martedì 12 novembre 2002 05:09:02-0500 (EST)

Da: Grigorij Perel’man

A: [destinatari vari]

Oggetto: nuovo prepint

Caro [nome], vorrei attirare la sua attenzione sul mio articolo su ArXiv math.DG0211159

L’articolo su cui il matematico Perel’man voleva richiamare l’attenzione dei colleghi era quello che, insieme ad altri pubblicati sul sito ospitato dalla biblioteca della Cornell University Library (ArXiv, per l’appunto), avrebbe risolto uno dei sette “problemi del Millennio”: la cosiddetta Congettura di geometrizzazione di Thurston, di cui quella di Poincaré costituiva un caso particolare.

La biografia di Perl’man, ricostruita dalla giornalista scientifica Masha Gessen nel suo “Perfect Rigor. Storia di un genio e della più grande conquista matematica del secolo” (Carbonio, Milano, 2018, ed. or. 2009), merita di essere letta anche dai non matematici, per due ragioni, tra le altre.

La prima riguarda le modalità di diffusione del progresso scientifico. Da circa vent’anni, infatti, la comunità scientifica si interroga sull’opportunità o meno di adottare la procedura di pubblicazione in open access, vale a dire ad accesso libero, senza restrizioni. Perel’man, sottoponendo al giudizio dei colleghi il proprio lavoro nel modo appena descritto, può essere annoverato tra i pionieri di quella battaglia, nonostante la sua formidabile riservatezza che lo avrebbe portato progressivamente a isolarsi e a confinarsi in un appartamento a San Pietroburgo in compagnia solo della madre.

Gessen, impossibilitata a causa di tale ritrosia a contattare Perel’man, ha però potuto intervistare i suoi, pochi, amici e colleghi. Secondo uno di questi, il matematico Michail Gromov, Perel’man “aveva deciso di postare la sua dimostrazione su ArXiv come atto di ribellione verso l’idea alla base delle riviste scientifiche, che venivano distribuite soltanto a chi aveva sottoscritto un abbonamento” (p. 180). Non solo, così facendo, osserva Gessen, Perl’man sottopose il suo lavoro nello stesso istante al giudizio dell’intera comunità dei matematici. L’e-mail di Perel’man ne scatenò “una valanga […] tra gli studiosi di topologia americani ed europei” (p. 173).

Se il matematico russo avesse percorso la strada più tradizionale dell’invio dell’articolo a una rivista referata, questa lo avrebbe girato a, presumiamo, un paio di referee, che avrebbero inviato la loro valutazione unicamente alla redazione della rivista. In base ai giudizi espressi, questa avrebbe potuto decidere se inviare nuovamente il pezzo all’autore per chiedergli delle modifiche, da rigirare eventualmente ai revisori per la valutazione finale. In caso di esito positivo, sarebbe stato avviato l’iter della pubblicazione.

Perel’man pensava però di aver conseguito un risultato eccezionale, non poteva certo sottoporsi alle lungaggini e alle liturgie sfibranti del ceto accademico. Posta in internet, scrive un’email e da allora, fino all’attribuzione nel 2006 della medaglia Fields, da lui rifiutata, è stata un’esplosione di seminari, convegni e workshop sull’esattezza della sua dimostrazione.

La seconda ragione che fa del libro di Gessen una lettura utile riguarda specificamente gli studiosi delle cosiddette scienze umane e sociali.

Altri scienziati contesero a Perel’man, senza riuscirci, la paternità della risoluzione della Congettura di Poincaré. Questo tentativo scatenò una polemica all’interno della generalmente tranquilla comunità dei matematici. Uno di questi, John Morgan, ha detto a Gessen come essa sia diversa da “quella dei sociologi o degli storici, dove praticamente qualsiasi cosa si trasforma in una questione politica […]. Vede, quando si iniziano queste guerre di campo, dopo poco anche le facoltà vengono messe a ferro e fuoco. I sostenitori di X non possono più convivere con i fiancheggiatori di Y, che a loro volta devono stare lontani da chi supporta gli oppositori di Y: una situazione che, come sa, non fa bene a nessuno. Per lavorare, l’ambiente dev’essere sereno. Non è poi così male che poca gente sia a conoscenza e apprezzi quello che facciamo”.

Sono uno storico e la staffilata di Morgan brucia, fa male, tanto più perché è giusta.

L’immagine di Perel’man che disdegna medaglie da appuntare sul petto e premi milionari e dalla periferia di San Pietroburgo posta nella Rete i suoi lavori accompagnandoli con e-mail ai colleghi dà certamente da riflettere a noi storici così inclini ad assegnare al nostro lavoro obiettivi etico-politici, pedagogici e di legittimazione di sistemi politico-istituzionali.


di Luca Tedesco