Istrionica Pivetti in “Viktor und Viktoria”

martedì 12 febbraio 2019


L’androginia? Perfetta per uno spettacolo degli equivoci! Come quello di “Viktor und Viktoria”, riduzione teatrale del film omonimo, che va attualmente in scena al Teatro Quirino fino al 17 febbraio per la regia di Emanuele Gamba e l’interpretazione conforme di una Veronica Pivetti perfettamente a suo agio nella parte del grande istrione Susanne Weber. Malgrado le quinte teatrali siano sempre un po’ troppo sacrificate quando si tratta di sfidare i prodigi e i virtuosismi della cinematografia moderna, in loro soccorso arriva stavolta una scenografia ispirata ed essenziale. Così all’apertura di sipario lo scenario si articola su grandi pareti mobili attrezzate, che si squadernano in alcova, salotto, sala ristorante, negozio di fioraio all’occorrenza in cui gli attori si convertono alla bisogna in pazienti e devoti attrezzisti di scena. Guitto e talento. Fame e disperazione. Ingredienti essenziali in quella “fine di mondo” che fu il crepuscolo weimariano, dove una sessualità lussureggiante e spregiudicata si sarebbe confrontata di lì a poco con lo spettro tenebroso e monocromatico delle camice brune.

Così, il mito della purezza della razza è solo un’opaca campana di vetro all’interno della quale i militanti del nazismo nascente si dedicano in tutta libertà alle pratiche sessuali più depravate. Ma fuori no: nella strada gli amori proibiti omosessuali, che manifestano le loro sfumature e inclinazioni, sono materiale di denuncia alla Gestapo e di perdita di tutti i privilegi di nascita e di casta. Quindi, molta parte della rappresentazione, che vuole essere leggera nelle apparenze, affonda in realtà costantemente il bisturi della ribellione e della critica feroce nei confronti del nascente regime nazista, prendendo a bersaglio le pratiche socialmente e politicamente violente dei becchini uncinati di Weimar.

Ed è proprio certa decadente nobiltà prussiana ricca, libertina e appassionata di spettacolo e d’arte “degenerata” a farsi carico di difendere la libertà attraverso il libertinaggio, impersonata nelle figure gaudenti del conte Frederich Von Stein (Giorgio Borghetti), strenuo difensore dell’eterosessualità e della maitresse Ellinor Von Punkertin (Pia Engleberth) “trisessuale”, mecenate e nume tutelare di Viktor che si vede tradita da un altro suo protégè, l’attrezzista teatrale Gerhardt (Nicola Sorrenti) che aderisce al nazismo della prima ora portando nubi minacciose e tempestose dove prima risplendeva il bel sol dell’ironia e della parodia.

Viktor è un discorso sia sull’amicizia che sfida il tempo e le avversità, sia sull’amore veramente amato: il sodalizio d’arte tra Susanne e l’attore spiantato Vito Esposito (Yari Gugliucci), con i due che arrivano a cucinare le tasche della giacca di lei per non morire di fame per poi dividere fraternamente il successo, la prima come vedette e il secondo come suo fedelissimo manager disposto a morire pur di non tradire la vera identità sessuale di lei. Poi, c’è la storia del conte che consuma gonnelle come fossero altrettante colazioni al ristorante e che si trova inspiegabilmente attratto dal corpo virile e dal fascino irresistibile di Viktor. E dovendo scegliere, varca il suo personale Rubicone della sessualità ma, per sua fortuna, senza avventurarsi in una per lui rischiosissima relazione omosessuale dato che la passione di Susanne nei suoi confronti andrà ben oltre la bramosia di successo. Anche quando Viktor canta indossando una divisa pseudo militare le parole si adattano alla demistificazione del militarismo e alla sua del tutto inutile pretesa di virilità. Come quella del finto pene di stoffa, oggetto cult che indossa sulla scena Viktor per ingannare un pubblico in visibilio, che non si rende conto di come il talento e il genio, in realtà, siano umani e basta.

(*) Per info e biglietti: Teatro Quirino


di Maurizio Bonanni