Una forsennata corsa nella direzione di un progresso tecnologico-materiale che non solo non corrisponde, il più delle volte, ad altrettanto progresso spirituale e culturale, ma oggi rischia, anzi, di far smarrire definitivamente all’uomo la bussola dell’esistenza. E non a caso, “Stati confusionali tra bussole rotte” s’intitola la seconda parte di “L’uomo spaesato - Nel vortice delle mutazioni”: il saggio che Luigi Fenizi, funzionario del Senato in pensione, già autore di altri saggi su temi di storia e cultura contemporanea (dall’opera di Albert Camus alle tribolazioni di Varlam Salamov, “uomo di punta” del dissenso sovietico) ha dedicato al “folle volo” dell’uomo del Terzo millennio sull’astronave Terra (“Scienze e Lettere”, 2019, pp. 315, euro 15).

“Un perplesso nell’epoca delle accelerazioni” è il titolo dell’introduzione di questo saggio: scritto in un’ottica poliedrica, diremmo tra Franco Ferrarotti, Marshall McLuhan, Umberto Eco e Roberto Vacca. Sì, perché partendo da un’analisi di “Splendori e miserie” dei mass media nella società contemporanea, Fenizi allarga la sua indagine alle ultime conseguenze della rivoluzione telematica. Di cui non nega le enormi valenze positive (in termini di diffusione e democratizzazione delle informazioni, snellimento dei processi conoscitivi, democratizzazioni anche della politica): evidenziando, però, anche i rischi che un eccessiva applicazione dell’informatica sta già comportando per un equilibrato sviluppo di tante attività umane.

Non è questione solo del pericolo della “prevalenza del cretino” (per dirla con Fruttero e Lucentini) in Internet già denunciato, negli ultimi tempi della sua vita, da Umberto Eco. Ma anche della disumanizzazione di tanti aspetti e momenti essenziali della vita, naturali anche proprio nei loro lati dolorosi, che l’eccessiva applicazione dell’informatica, oggi, sta già comportando. Basti pensare, osserva Fenizi, a “Sorella morte”: evento che è parte naturale del ciclo della vita e che l’uomo contemporaneo, tanto potente quanto in realtà fragile e insicuro, dopo averla per millenni esorcizzata, oggi cerca addirittura, se non di eliminare, di limitare nei suoi effetti. In varie aree del mondo, ad esempio nella Russia post-sovietica, oggi si sviluppano aziende che, a prezzi certo non accessibili all’uomo medio, propongono ai loro clienti sofisticatissime tecniche di ibernazione, in vista d’un possibile risveglio tra secoli; mentre sono già in commercio, specie negli Usa, costosi software di ultima generazione che, applicati ai profili Facebook dei “cari estinti”, permettono addirittura di ricostruirne la voce e riattivarla “a domanda” del parente, o amico, rimasto in vita...

“Ma dove vogliamo arrivare?” è, in sostanza, la preoccupata domanda dell’ Autore. Il quale, nella seconda parte del saggio, un po’ sule orme del Giorgio Gaber di “Cos’è la destra, cos’è la sinistra?”, s’interroga anche sulle “Nuove frontiere” (sempre più incerte) dell’etica sociale e della politica.

Riaffermando, qui, la validità di ideali e metodi d’un sano socialismo democratico - e, più in generale, riformismo sociale - che, riattualizzando le esperienze del XX secolo (dalle socialdemocrazie europee, depurate delle loro mitizzazioni della produttività, agli Usa del New Deal), possa tornare a costituire un’efficace bussola per cittadini del mondo alle prese con problemi di governabilità di sistemi sempre più complessi. In un mondo dov’è intollerabile l’acuirsi della forbice (evidenziata, negli ultimi anni, da economisti come Jeremy Rifkin e Joseph Stiglitz) tra un’esigua minoranza che controlla più di 3/4 delle ricchezze del pianeta e un’enorme maggioranza che raccoglie le briciole rimanenti.

Chiude il libro, un hegeliano quanto ironico “dialogo impossibile” dell’Autore con lo Spirito del tempo: che Fenizi immagina di incontrare in un tranquillo giardino della “Silicon Valley” californiana.

Aggiornato il 17 aprile 2019 alle ore 17:13