Maestri e ministri

L’editore “Libro Aperto” ha appena pubblicato il quarto volume degli scritti e discorsi di Luigi Einaudi, intitolato “Libertà economiche”, con l’introduzione di Corrado Sforza Fogliani e la postfazione di Roberto Einaudi. I volumi escono per l’impegno ultrameritorio di Marco Bertoncini, Aldo G. Ricci, Antonio Patuelli.

Il libro “Libertà economiche” raccoglie interventi di Einaudi in diverse sedi, soprattutto nell’Assemblea costituente, e comprende il discorso d’insediamento a Presidente della Repubblica, i quali interventi, pur risalenti a circa settant’anni fa, conservano una straordinaria attualità in duplice significato: come crivello mentale per vagliare ed eliminare le scorie che deteriorano le basi stesse della vera economia e della società libera; come soluzioni pratiche tutt’oggi valide per indirizzare la soluzione di problemi ricorrenti, che si ripresentano identici sebbene in contesti mutati. Né basta.

L’intero volume sorprenderà non solo coloro che sconoscono tutto del Maestro fuorché il nome, ma specialmente coloro che per ignoranza o faziosità sono portati a presentare Lui e il suo cristallino e genuino liberalismo come espressione di una dottrina antistorica, partigiana, conservatrice (“Il diritto di proprietà, la sicurezza del risparmio, la padronanza dei propri strumenti di produzione non possono essere difesi per gli uni e conculcati per gli altri; non può approvarsi l’opera di quel regime il quale dà sicurezza agli industriali e nega sicurezza agli operai”, disse nel 1924! “Oggi, a distanza di due secoli, la dottrina di Montesquieu deve essere integrata. A noi non basta più la libertà formale la quale era stabilita nella dottrina dei tre poteri che quel grande autore aveva ricavato dalla pratica inglese; noi vogliamo anche una libertà sostanziale, vogliamo cioè che lo Stato non sia onnipotente, che in una sovranità libera esistano forze contrarie contrastanti”, disse nel 1946!).

Governatore della Banca d’Italia per oltre due anni, dal gennaio 1947 al maggio 1948, quando fu eletto Presidente della Repubblica, Einaudi fu al tempo stesso anche attivissimo deputato alla Costituente e determinante ministro del Bilancio, dicastero costituito appositamente per Lui. Può dirsi senza esagerare che Egli fu l’artefice della ricostruzione economica postbellica, principalmente mediante il salvataggio della lira e la difesa della stabilità monetaria, anche contro le pulsioni inflazionistiche della stessa Confindustria. Il Maestro riluttava ad insediarsi al ministero. Furono le pressioni dirette e personali di Benedetto Croce non meno delle insistenze stringenti della delegazione liberale, con l’argomento decisivo che Egli non potesse mancare nel primo Governo senza i comunisti e con i liberali, a convincerlo ad accettare. Secondo una puntuale sottolineatura del prefatore Sforza Fogliani, “Einaudi andò quindi al Governo e, come ci si trovasse, lo sappiamo dal ‘Diario di politica e di banca’ di Anton Dante Coda (“Un malinconico leggero pessimismo”, Olschki editore, 2018), il quale il 17 gennaio 1948 annota che Einaudi è piuttosto sconfortato dallo scarso appoggio degli altri membri del Governo e riporta questa sua (di Einaudi) frase testuale: Dico al Consiglio dei ministri che ci sono 400 miliardi di deficit e, come se niente fosse, il ministro A mi chiede altri 50 miliardi, il ministro B me ne chiede 80 e così via”.

Ecco l’essenziale differenza tra i Maestri del bene reale, conseguito fattualmente, conti alla mano, e i ministri del bene illusorio, perseguito con la massima indifferenza contabile, a sprezzo del debito pubblico.

Aggiornato il 03 maggio 2019 alle ore 13:12