La Fiera del libro non è un campo di battaglia

La cultura letteraria ed editoriale nel loro insieme sono in crisi dagli anni Cinquanta. Sono morti i grandi maestri e non si vedono ereditieri all’orizzonte. In parte, ciò è dato dalla mania di protagonismo che noi tutti rischiamo di avere all’interno di una società “della rappresentazione”, alla sfrenata ricerca di cinque minuti di gloria. Si è passati dall’essere lettori all’essere scrittori, con la stessa facilità con cui molti sono passati dall’essere elettori, votanti, al volersi far votare; in entrambi i casi, senza alcuna competenza, né passione per la politica, o per l’arte.

Questa ultima “Fiera del Libro di Torino” ne è un esempio. Invito tutti ad andarci, dal 9 al 13 maggio. Sarà possibile capire chi sono i veri intellettuali - o chi si impegna ad esserlo – scrittori, editori, fumettisti, e chi invece non lo è. Chi non lo è? La scrematura stavolta è stata semplice: è chi non c’è, giustificando la propria assenza con l’ultima parola magica fasciocomunista “scelta politica”. Come se l’arte si faccia per scelte politiche.

Gli artisti vivono per l’intelletto e non guardano tanto per il sottile. Scrittori, fumettisti, editori (e non solo) diserteranno la Fiera del Libro perché offesi e preoccupati del fatto che le loro sacre natiche seggano nei pressi della Altaforte Edizioni, il cui proprietario è intellettualmente vicino a Casapound. La casa editrice, che vanta opere riguardanti Lovecraft, Baudelaire, Céline, è salita alla ribalta grazie a Matteo Salvini, che pubblica con questa il suo prossimo libro dal titolo “Io sono Matteo Salvini. Intervista allo specchio. Il libro è frutto dell’intervista di Chiara Giannini, giornalista e inviata di guerra, che scrive per Il Giornale e in passato ha lavorato per i quotidiani Libero, Il Tempo, Il Tirreno, La Nazione. Si occupa di politica, esteri e cronaca. Ha scritto reportage da zone di guerra, in particolare dall’Afghanistan. Non una “qualunque” quindi; ma evidentemente in Italia tutte le idee sono accette tranne quelle non allineate con chi ha governato i Media (centrosinistra) negli ultimi quarant’anni.

Alcuni personaggi hanno chiesto la revoca della concessione affinché Altaforte non possa partecipare alla Fiera. Non possono esserci libri fascisti, si è detto. Ora, non si capisce perché dei libri veramente “fascisti” debbano essere in commercio; con questa logica, la casa editrice dovrebbe essere chiusa. Così non è. Così non è mai stato. L’articolo 21 della Costituzione garantisce a tutti la libertà di pensiero e di espressione. Spetta alla magistratura giudicare chi persegua finalità antidemocratiche. Vediamo ora chi sono costoro che disertano per una “scelta politica”.

Andando a scorrere i nomi, facendo alcune ricerche, scopriamo che sono sovente persone che vivono ancora con i loro genitori, senza una casa di proprietà, senza un contratto di lavoro, giovani intellettuali che, dopo un successo mediatico momentaneo, hanno pensato bene di conservare un tale successo imprestando la loro “arte” ai temi cari alla sinistra “italiota”, in modo tale da avere la spinta mediatica necessaria per diventare gli araldi ufficiali del sistema di regime, i megafoni della sinistra post-bellica, quella della famiglia allargata, quella antifascista, quella “no pasaran!” quella pro-gender ma anti-family; gli ierofanti della socialdemocrazia filoeuropeista di diritto europeo; i diaconi del sacro cuore dell’Ue di rito italiano. Non è che questi artisti disertano il salone del libro, a Torino, perché offesi del fatto che ci siano i “fassisti”. La verità è che disertano “per contratto”, perché “devono farlo”, perché utilizzeranno anche questa alta scelta civile per far parlare di loro, perché, in definitiva, non hanno nulla da dire come artisti. In verità, non hanno mai avuto qualcosa da dire. Essi sono bolle di sapone. L’arte non è politica. L’arte se ne infischia della politica, del “sociale” e persino dei diritti civili. L’arte, dov’è, se ne frega.

Aggiornato il 07 maggio 2019 alle ore 11:09