‘Ndrangheta: una mafia da esportazione nel film tv

Le “4Esse”. Quelle del Demonio: “Soldi Sangue Sesso Sostanza”. Per la regia di Sergio Monteleone, Rai Fiction, nell’ambito delle iniziative editoriali dedicate alla settimana della legalità, ha presentato in anteprima stampa il film tv “Duisburg-Linea di sangue” (in onda il 22 maggio in prima serata vigilia della ricorrenza della strage di Capaci), che prende le mosse dalla strage mafiosa della ‘Ndrangheta a Duisburg, in Germania, in cui vennero uccise sei persone appartenenti a una delle due ‘ndrine rivali la cui faida di omicidi e vendette concatenati ha insanguinato il piccolo paesello di S. Luca nell’Aspromonte calabrese. Da quel clamoroso e inatteso evento del 2007, la Germania e il resto del mondo furono costretti a rendersi conto della penetrazione mafiosa silente che si diffondeva come un virus mortale nelle aree più ricche del Continente, con i suoi rituali e simboli tribali. Da un lato, il santino bruciato di San Michele Arcangelo per l’iniziazione. Dall’altro, le vendette consumate in occasione di grandi Festività nazionali in modo che i membri della ‘ndrina colpita non le dimenticassero e non le festeggiassero mai più. La storia ruota sulla figura di un commissario capo della Questura di Reggio inviato in affiancamento ai colleghi tedeschi che brancolavano nel buio, essendo alla prima esperienza di stragi di mafia.

Ma, per girare le riprese in loco occorreva disporre di un clima di accoglienza impossibile obiettivamente da configurare date le premesse, come fanno intendere tra le righe i responsabili del programma. Così, si è preferito trasferire le scene in luoghi più neutri, al riparo dai risentimenti e dai pregiudizi di una comunità chiusa. Duisburg è uno spartiacque nella comprensione del fenomeno mafioso che ha le stesse proprietà dei fluidi riuscendo a insinuarsi in ogni fessura del differenziale socio-giuridico, politico e amministrativo che contraddistingue i diversi quadri legislativi e normativi dei Paesi Ue e dei loro modus operandi in merito alle competenze della giurisdizione e degli organismi di scurezza. Tanto per intenderci: il “41-bis” è una scelta solo e soltanto nostra, come lo sono gli ampi poteri concessi al magistrato nel disporre intercettazioni ambientali e sulla Rete. Nel filmato, il fatto che in Germania l’autorità inquirente sia obbligata a mettere online i profili dei ricercati fa saltare l’immediata cattura dei responsabili dalla strage, costringendo gli inquirenti a inseguire i latitanti. Nel colloquio tra il funzionario italiano e quello tedesco viene messo in luce un elemento chiave del problema: per molto tempo, negli anni in cui c’era da ricostruire la Germania dell’Est, si è trascurato il fenomeno dell’infiltrazione mafiosa in territorio tedesco e il relativo fiume di denaro sospetto originato in loco dalle mafie italiane e dalla ‘Ndrangheta in particolare, mentre solo dopo i gravissimi fatti di sangue di Duisburg si è tentato di porre un argine a quella penetrazione, ma senza avere alcuna preparazione specifica né disporre di una normativa speciale di supporto.

La fiction indaga altresì il funzionamento delle famiglie mafiose e le loro logiche interne come gli atteggiamenti collusivi e complici delle donne (mogli, madri, sorelle), che arrivano perfino a fare un eroe di un loro parente stretto stragista tanto che i due giovani esecutori materiali saranno legittimati a interloquire nelle trattative tra il loro capo clan e i plenipotenziari delle mafie colombiane della droga. Storia di coppie che militano ai lati opposti della barricata, come la moglie incinta del commissario, una donna solare, dolce, forte e comprensiva che asseconda e sostiene il marito ben conoscendo i rischi cui vanno incontro in terra di mafia, e che si interroga sulla sorte del compagno lontano nascondendogli l’angoscia interna di moglie con l’affiatamento e la gioia di vivere. Interessante è poi il rapporto tra padri (madri) e figli anche molto piccoli spinti all’omologazione e a imitare le gesta dei genitori essendo i naturali eredi delle logiche aberranti dell’Antistato. Ne deriva che l’impenetrabilità della mafia calabrese si fonda sui legami stretti di sangue avvalendosi per di più di un rapporto con il territorio molto particolare, legato alla collocazione fisica della casa avita con i suoi muri scrostati e l’apparenza dimessa, mentre i suoi affiliati fanno una vita di semiclandestinità stando contemporaneamente all’estero con persone bilingue titolari di attività commerciali di comodo. Insomma: la ‘Ndrangheta come unica mafia veramente globalizzata!

Aggiornato il 17 maggio 2019 alle ore 13:29