“La porta d’Oriente”: ricreare un ponte tra l’Italia e l’Iraq

Costruire ponti e creare un legame tra l’Italia e l’Iraq, per conoscere meglio la cultura millenaria della Mesopotamia, culla delle civiltà, attraverso la scrittura e le arti, dalla calligrafia araba alla danza, e così dare vita a un importante binomio culturale.

“Abbiamo iniziato lo scorso anno con un evento dal titolo “Il velo verde”, per poi ripetere quest’anno con “La Porta d’Oriente”. Stavolta abbiamo voluto promuovere la candidatura di Babilonia come patrimonio dell’Unesco, e dare informazioni sul turismo archeologico e religioso in Iraq”. Così Ayad Alhindi, presidente dell’associazione Amicizia Iraq Italia, descrive l’appuntamento che si è tenuto presso la Protomoteca del Campidoglio, a Roma. Un pubblico attento ha potuto osservare le preziose pergamene, esempio di calligrafia araba, poste all’entrata della Sala; molto suggestive le danze iraqi di Gaia Canichella, ancora poco conosciute in Italia.

“Creare un ponte tra Iraq e Italia può portare il viaggiatore a visitare siti interessantissimi e di grande bellezza. Il turismo può diventare anche solidale se fatto in territori che hanno vissuto l’occupazione dell’Isis, diventando così un aiuto concreto per le popolazioni, specialmente per quelle yazide (gli yazidi, insieme spesso ai curdi, sono stati tra i più tenaci resistenti, dal 2013 in poi, all’avanzata dell’Isis in Iraq e verso la Siria, N.d.R.) Inoltre, sarebbe ottimo creare un canale commerciale tra i due Paesi, per portare le eccellenze italiane in terra irachena e viceversa, così da creare un vivace scambio economico”, continua Alhindi.

Le scoperte archeologiche degli ultimi anni sono state presentate da Licia Romano, field director della missione di Abu Tbeirah, un sito del III millennio a.C. situato nell’Iraq meridionale. Si tratta di un progetto nato grazie alla sinergia tra Cooperazione Italiana del Ministero degli Affari Esteri e l’Ambasciata d’Italia a Baghdad: che mostra, al di là dell’interesse turistico, quanto sono stretti i legami storici tra Italia e Iraq, Paesi depositari di culture millenarie.

Anche il cristianesimo, da sempre presente in Iraq in varie componenti (cattolicesimo, chiesa nestoriana, ecc..),sta riprendendo forza, una volta messo in rotta l’Isis: che resta, purtroppo, anche lo specchio di tante, rovinose ambiguità delle superpotenze (non dimentichiamo le mezze ammissioni in tv, qualche anno fa, di altri comandanti militari americani e della stessa Hillary Clinton, all’epoca segretario di Stato di Obama, sulle corresponsabilità degli stessi Usa nella nascita dell’Isis). A gennaio 2014, pochi mesi prima del temporaneo trionfo del Daesh (col dittatoriale annuncio in tv di Al Baghdadi, che, da vero campione del pauperismo, sfoggiava al polso un Rolex d’oro da varie migliaia di euro...), Monsignor Liberio Andreatta, presidente dell’Opera Romana Pellegrinaggi, aveva visitato proprio l’Iraq. Riportandone l’impressione di un Paese fortemente intenzionato a ricominciare, undici anni dopo la caduta di Saddam, con la successiva guerra civile.

Ora, il progettato viaggio, sempre a Baghdad, di Papa Francesco (2020), rappresenta per la nazione irachena - un po’ come fu, “mutatis mutandis”, per la Polonia coi viaggi di Giovanni Paolo II, prima della caduta dei Muri - una storica occasione di rinascita, anzitutto morale.

Aggiornato il 14 giugno 2019 alle ore 12:25