La Voce degli Scrittori, verso l’Oriente insieme a “Marco Polo”

venerdì 21 giugno 2019


Puntuale anche questa settimana la rubrica di cultura attraverso la quale “L’Opinione delle Libertà” intende dare voce e spazio ai volti noti e meno noti della letteratura italiana. Per questo week-end di inizio estate vi consigliamo “Marco Polo” di Gianluca Barbera (Castelvecchi). Gianluca Barbera lavora in ambito editoriale. Tra le sue pubblicazioni, il romanzo “La truffa come una delle belle arti” (2016, finalista Premio Neri Pozza, finalista Premio Chianti, finalista Premio Città di Como) e il saggio “Idee viventi. Il pensiero filosofico in Italia oggi” (2017). Collabora con le pagine culturali de “Il Giornale” e con la rivista on-line “Pangea”.

La Storia

La formula è ormai collaudata e funziona. Quella di Gianluca Barbera è una commistione letteraria vincente, che gli consegna di merito il primato nella moderna letteratura di viaggio e avventura. Già con Magellano l’autore ci aveva trascinato in un vortice di peripezie, tra mari in tempesta e terre misteriose. Ora siamo in groppa ad un cammello, in una carovana che attraversa deserti interminabili e terre magiche, alla volta della corte del Gran Khan insieme al viaggiatore per antonomasia, il veneziano Marco Polo.

Un viaggio tra il fantastico ed il reale che fa dell’inganno il perno attorno al quale ruota tutta la narrazione. Se il “Milione” sia frutto di fantasia o meno resta un’ipotesi insoluta, alla quale si aggiunge una dichiarata ammissione mistificatoria della realtà da parte dell’Io narrante. Il protagonista si diverte infatti a reiterare i racconti del proprio viaggio di corte in corte, nel tentativo di appagare con storie sempre più strabilianti quel bisogno di esotismo e mistero di cui i suoi ascoltatori sono così affamati. La credulità del lettore è messa a dura prova da Barbera, che con abili virtuosismi letterari gioca con l’intreccio nel tentativo di confondergli le idee, consegnandogli una storia vera – rivisitata qua e là come fu per “Magellano” – ma costellata di eventi incredibili, tali da rendere il romanzo storico e di avventura una commistione del tutto unica ed originale. Paesi remoti, personaggi quasi sovrannaturali, donne dall’indescrivibile bellezza, animali mai visti, popolazioni cannibali e guerrieri spietati sono pane per i denti di corti credulone e superstiziose, di cui si fanno beffa sia Barbera, sia il suo Marco Polo.

“Marco Polo ha aperto la via dell’Oriente, è un esploratore di grande fama, l’emblema stesso del viaggiatore… eppure gli capita di raccogliere insulti e ortaggi mentre narra sulla pubblica piazza delle sue imprese leggendarie. Intrattenitore ambito nelle corti d’Europa grazie alla circolazione dei favolosi resoconti del Milione, ha girovagato come un novello aedo ripetendo all’infinito il racconto delle sue gesta e di ciò che ha visto: enormi ricchezze accumulate dai potenti, donne di bellezza comparabile solo a quella di Elena di Troia, popoli dai costumi sanguinari, pratiche magiche oscure e mistici indovini, guerrieri di valore ineguagliabile lanciati in epiche battaglie, miserabili traditori pronti a ordire macchinazioni, ma soprattutto luoghi fantastici in cui la natura ha dato sfogo ai propri capricci. Desideroso com’era di non deludere le aspettative dei signori che lo ospitavano e dei loro cortigiani, tutti smaniosi di novità ed esotismo, Marco Polo si è abbandonato a una sfrenatezza inventiva senza eguali, finendo per confondere verità e fantasia. E lo scottante segreto che custodisce da anni è reale o frutto anch’esso della sua fertile mente?”.

Gianluca Barbera fa sue le più nobili tradizioni letterarie, dal realismo misto a finzione del Manzoni alle suggestioni fiabesche di “Mille e una notte”, passando per l’epica omerica ed il realismo magico di Marquez. Il risultato è un resoconto vivace e dinamico, un climax crescente di meraviglia che quasi non ti dà il tempo di riprendere fiato.

“Marco Polo” è così capace di stregare anche il lettore moderno, portandolo alla scoperta di mondi a metà tra il magico ed il reale, lasciando poi a lui la facoltà di stabilire ciò che è finzione e ciò che non lo è.


di Michele De Angelis