“L’Antipatico”: Il Craxi di Martelli

Un Antipatico di successo. Capita. Nel mondo della celluloide (oggi digitale), come nella politica. Molti fanno gli antipatici ma nell’intimo sono molto più empatici dei loro nemici. Uno di questi ultimi è proprio Bettino Craxi, di cui Claudio Martelli suo pupillo e, in qualche modo, sua voce critica, ricorda nel suo ultimo libro L’Antipatico (Edizioni La Nave di Teseo 2020) la figura pubblica e privata del più controverso tra gli uomini politici italiani. La prima domanda viene spontanea: ma perché lui si fece questa nomea e, tanto per fare un esempio, Giulio Andreotti e Silvio Berlusconi non furono mai definiti antipatici nemmeno dai loro più irriducibili nemici? Craxi faceva lunghe pause (studiate) quando doveva rispondere ai suoi interlocutori: non era mancanza di rispetto o boria, ma un prendere tempo per spiegare un concetto con parole chiare e concise. Andreotti invece lasciava il segno per le sue battute folgoranti (tipo: il potere logora chi non ce l’ha!”; “meglio tirare a campare che tirare le cuoia!), mentre Berlusconi suscitava l’empatia popolare con il suo Milan vincente, le belle donne e le barzellette in pubblico. Due atteggiamenti opposti: il Divo Giulio voleva piacere solo al Potere; il Cavaliere invece amava essere riamato da tutti. E Bettino? Lui no.

Aveva un codice di condotta ferreo che lo portò a emergere e poi a risollevare un Psi in ginocchio, frantumato dalle fratture e dalle scissioni storiche interne e fin troppo ossificato dall’esperienza drammatica di Livorno e condizionato da un Pci, secondo Partito del Dopoguerra dopo l’eterna Dc scudocrociata, che sterilizzava e rendeva di fatto impossibile con le sue scelte filosovietiche la possibile alternanza al governo delle sinistre italiane. Proprio con la Dc (la famosa Balena Bianca, con la sua stazza maggioritaria cattolica, inamovibile e inaffondabile), dopo un’elaborata e sofferta ricomposizione politica delle varie anime del socialismo liberaldemocratico, Craxi decise di fare i conti. La sua visione antagonista alle strategie del Compromesso storico berlingueriano e delle Convergenze parallele morotee, dette vita al famoso Pentapartito in cui si allargava alle forze centriste liberali la precedente esperienza del Centrosinistra. E qui, per capire bene come avviene questa lunga marcia craxiana verso il potere e il governo del Paese, Martelli ricostruisce sapientemente il corpo politico di Craxi, partendo dalla sua gioventù di brillante dirigente del Psi rispetto alla quale opera un’interessante radiografia dell’ossatura ideologica e del carattere che lo contraddistinsero.

Ne ricostruisce così i legami e le tradizioni familiari: grazie al padre Vittorio, avvocato, antifascista e socialista conobbe da giovanissimo Sandro Pertini, Pietro Nenni e Lelio Basso che frequentavano la loro casa. Poi, Virgilio Dagnino, allievo di Carlo Rosselli che “fu, tra gli anni Sessanta e Settanta, lo spin doctor di Bettino” e che condivise le prigioni fasciste con Giorgio Amendola, Ugo La Malfa, Lelio Basso, Umberto Segre. Infine, ad accompagnare la crescita di Craxi, quel giovanotto più promettente della Milano socialista, è Guido Mazzali, genio della comunicazione e fedelissimo di Pietro Nenni, al quale presenta il giovane Bettino. Simbolicamente, quel suo sostituire al simbolo di Partito il garofano rosso al posto della falce e martello fu iconicamente il suo più grande successo, come dire tutto ciò che serve all’innovazione ideologica attraverso un semplice simbolo rivoluzionario. Un Davide con la fionda, insomma, che fronteggiò con successo un Golia Rosso oltre la collina mettendosi alla guida di un immenso esercito biancorosa, costituito da mercenari e trafficanti di voti e di influenze sostenuti da sponsor internazionali, senza l’aiuto dei quali (politico, militare, economico) sarebbe franato disperdendosi miseramente sotto l’urto guerriero del comunismo organizzato, molto ben radicato nelle fabbriche e nei ceti popolari.

Così Craxi sostituì all’attitudine levantina dei riti lenti e opachi della Dc e dei suoi alleati storici un modo di fare diretto, genuino e chiaro nelle sue intenzioni e nei suoi progetti. Perché, in buona sintesi, “la politica è lotta: una continua, inesausta lotta per il potere e per il primato!”. Per quanto riguarda, poi, l’esplosione del debito pubblico sotto i Governi Craxi, Martelli ne fa risalire la causa al divorzio tra Bankitalia e Tesoro che ha favorito gli speculatori internazionali, a causa del forte aumento dei tassi di interessi sui bot (e, quindi, sul montante del debito), non più calmierati dall’acquisto dei titoli di Stato da parte della Banca centrale. Poi, tante luci e ombre: Sigonella, tra le prime. Tra le seconde, non aver intuito l’Italia che cambiava, che ne aveva le tasche piene della corruzione dilagante dei politici e delle loro macchine-partito. Pensare in grande alla Repubblica presidenziale gollista, ma non aver saputo guidare il rinnovamento post-1989, prevenendo l’immensa d’urto di Mani Pulite. Una testimonianza monumentale. Un monito per tutti attraverso i ricordi folgoranti di vita vissuta accanto a un gigante della storia politica contemporanea italiana.

Aggiornato il 19 febbraio 2020 alle ore 13:35