L’attore della “comicità lunare” oggi festeggia ottant’anni. Renato Pozzetto è un esempio di leggerezza, surrealismo e garbo. Il suo talento ha accompagnato diverse generazioni di telespettatori prima e di cinefili dopo. L’apparente inadeguatezza del tenero provinciale ha conquistato prima la tivù di Stato degli anni Settanta, in coppia con l’amico Cochi Ponzoni, e, in seguito, il cinema comico italiano degli anni Ottanta. Anche nel meno riuscito film interpretato da Pozzetto, una sua battuta, una sua espressione, una sua movenza sgangherata hanno regalato una risata travolgente.  Renato è nato il giorno della presa della Bastiglia. E il suo avvento nello spettacolo italiano non poteva che essere rivoluzionario. Un’oasi di levità in un panorama spesso grossolano e terragno.  

Nato a Laveno sulle rive del Lago Maggiore nel 1940, cresciuto a Gemonio dove i genitori milanesi trovano rifugio durante i bombardamenti alleati, approdato a Milano dopo la fine della guerra, diplomato geometra all’istituto Carlo Cattaneo, Pozzetto ritrova sui banchi di scuola Aurelio “Cochi” Ponzoni (anch’egli cresciuto a Gemonio). È il tempo del cabaret degli esordi: Cochi progetta e inventa, lui ci mette la verve, una vena surreale e il fisico. Cochi e Renato registrano presto un incredibile successo. Si esibiscono per la prima volta all’Osteria dell’Oca e dopo, insieme a Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Bruno Lauzi e Lino Toffolo si riuniscono nel “Gruppo Motore” con cui approdano al Derby di Milano. Si tratta del tempio del nuovo spettacolo, tra underground e gusto pop e qui la televisione cerca i nuovi talenti dell’intrattenimento. In meno di quattro anni Cochi e Renato sono già protagonisti alla Rai con varietà come Quelli della domenica e, soprattutto Il poeta e il contadino (1973).

L’anno dopo sono addirittura sul palco di Canzonissima: è l’investitura definitiva. Il merito è anche di Jannacci che con loro scrive motivi popolari come La canzone intelligente o E la vita, la vita, ma i due ci mettono le facce, la mimica, un modello straniato di comicità e sorriso che conquista tutti, giovani e adulti. Rispetto al suo compagno d’avventura Pozzetto fa valere una dimensione propria, un impasto di ingenuità e goffaggine assolutamente irresistibile. Sembra Ionesco calato nella vita reale, ma regala emozioni più dirette e immediate che gli aprono le porte del cinema quando Flavio Mogherini gli offre il ruolo del protagonista in Per amare Ofelia a fianco di Giovanna Ralli e Françoise Fabian. La parte è tagliata su misura per lui.

Lavora con registi affermati come Steno, Clément, Dino Risi, Sergio Corbucci, Mauro Bolognini, Pasquale Festa Campanile. Per oltre vent’anni Renato sarà uno dei pochi “nomi sicuri” del divertimento popolare al cinema: basta il suo nome in cartellone come per Paolo Villaggio, Adriano Celentano, Diego Abatantuono, per avere successo. Fino al ‘94 lavora al ritmo di due o tre film all’anno e per quattro volte si dirige da solo, per il puro piacere di sviare dai ruoli abituali. Nel 1967 sposa Brunella Gubler che gli ha dato due figli e lo lascerà vedovo nel 2009.

Aggiornato il 14 luglio 2020 alle ore 15:02