Quando “cultura” significa nichilismo

C’è una parola che viene talvolta scritta con la maiuscola e pronunciata con il sussiego e la pompa magna che meritano le divinità e gli idoli. È la parola “Cultura”. “Levatevi il cappello e inginocchiatevi” – sembrano invitare coloro che se ne riempiono la bocca e che brandiscono quella parola come una clava pronta a intimidire il volgo profano e i non iniziati proprio come una volta preti e intellettuali brandivano il manzoniano latinorum”. E cioè al fine di stabilire una distanza tra i presunti sapienti e il mondo degli ignoranti. Ma fateci caso: per molti di questi presunti e sedicenti sapienti “basta la parola”. E qui sta il loro trucchetto. Sanno che “Cultura” è una parola magica che ha il potere di evocare immediatamente limmagine soverchiante di severe biblioteche, musei, teatri, aule universitarie, conservatori, centri studi, think thank, laboratori, montagne di libri, cataste di documenti, pergamene, giganteschi archivi, ora anche elettronici.

C’è da restare in effetti soverchiati e schiacciati dalla mera e semplice evocazione di questa immane caterva di realtà culturali a molti sconosciute quasi in toto e ai più colti in massima parte. Nessuno è perciò immune dal potere evocativo e intimidatorio della parola “Cultura”. Per tema di apparire ignoranti, nessuno osa obbiettare: “Ma di che parlate?”. Molti finiscono così con il riconoscere un sapere supposto a chi usa quella parola magica, fingendo con disinvoltura di dominarne i vari ambiti. Di questo sapere supposto approfittano i presunti sapienti promotori della “grande Cultura”, numerosi soprattutto nelle aree del mondo più arretrate culturalmente e tra queste l’Italia soprattutto del Sud. Essi, dopo aver pronunciato una frase contenente la parola magica, “Cultura”, magari proclamandosene difensori e promotori, stanno lì con laria di dire: “E ho detto tutto”.

“Eh no carissimi, pronunciando quella parola non avete detto proprio nulla”, bisognerebbe risponder loro. La parola “Cultura”, infatti, proprio perché denota troppe cose diverse, di per sé non significa nulla. Esistono infatti molte e diverse “Culture” sia a livello mondiale, sia al livello dei singoli Paesi. E all’interno di ciascuna cultura esistono diverse “Microculture”: discipline, correnti culturali, tendenze. Proclamarsi “difensori della Cultura” in generale non ha perciò alcun senso; come promuovere la costruzione o la conservazione di biblioteche, musei, teatri, non significa “fare cultura” né tutto questo basta a fare la “persona colta”. “Di quale cultura voi siete promotori?”, bisognerebbe chiedere ai promotori e difensori della “Cultura”. Una cultura è caratterizzata poi da fini e, in particolare, da una specifica scala di valori a cui essa conferisce prioritaria importanza. Vale più l’individuo o la comunità, la società e lo Stato? Conta più la libertà o l’eguaglianza e la sicurezza? Vale più la volontà popolare o la supposta volontà di Dio? Vale più la verità o l’appartenenza? Vale più la verità o la solidarietà? E si potrebbe continuare quasi all’infinito.

Il fatto che quei presunti sapienti “promotori di Cultura” evitino sempre di precisare quale cultura promuovano ne fa dei personaggi ambigui e pericolosi. Essi pensano infatti che vi sia una sola “Cultura” e che sia la loro. Dietro di loro fa capolino lidea di un pensiero unico politicamente corretto, consistente in una paccottiglia ideologica dove si combinano insieme i principali anti-occidentalismi della nostra epoca: quello perfettista neomarxista, quello relativista del postmodernismo, quello pauperista e terzomondista cattolico. Queste ideologie spesso si riducono ad una sola idea fissa distruttiva; e cioè che la cultura occidentale sia la radice del Male radicale globale e che vada sostituita con una nuova cultura e una “nuova civiltà”. Quale? Qui sta il punto. Perché se quei Tartufi della Cultura – intesa come Rivoluzione culturale – una volta proponevano il comunismo (da essi stessi definito un tempi “la nuova Civiltà del futuro millennio”), oggi che la prospettiva comunista è caduta, continuano a promuovere la pura e semplice distruzione (detta anche “decostruzione”) della cultura occidentale.

E dopo la distruzione? “Tutto può andare bene”– dicono alcuni “purché la si finisca con la reproba civiltà occidentale, colpevole di tutti i mali passati e presenti del mondo”. Alcuni aspettano una “fusione” delle varie civiltà esistenti, sotto il manto unificatore della Tecnica e del detestato capitalismo (purché non liberista, ma sociale). In realtà, i Tartufi culturali occidentali vogliono solo la distruzione, anche fine a se stessa, della civiltà occidentale. Non hanno più una vera prospettiva alternativa. La loro è una cultura che non può perciò che essere definita nichilista. Quando pronunciano la parola “Cultura” (con la maiuscola) essi intendono perciò la distruzione della cultura occidentale e la sua progressiva sostituzione con il deserto ideale e culturale. La loro “Cultura” è una cultura del Nulla.

Aggiornato il 03 agosto 2020 alle ore 09:50