Ciò che abbiamo imparato dalle storie di vita dello Stato islamico

Mentre gli uomini del califfato continuano ad agire in Medio Oriente e in Africa, numerosi analisti internazionali tornano a porre l’attenzione sulla propaganda on line che potrebbe essere nuovamente usata dai gruppi più estremisti come strumento per reclutare giovani proseliti in tutta Europa. È proprio in questo periodo, in cui l’attenzione mediatica occidentale è completamente monopolizzata dal susseguirsi delle vicende legate alla pandemia sanitaria, che i jihadisti hanno ripreso il controllo di ampie zone di territorio, tornando a dettare legge nell’area petrolifera di Deir Ezzor, contesa da lungo tempo e, tra l’altro, reintroducendo esazioni, come già facevano all’epoca del califfato. Secondo i racconti degli abitanti e delle organizzazioni attive nell’area, negli ultimi giorni i combattenti hanno ripreso indisturbati il controllo dei villaggi di Busayr e Shuhayl, oltre che delle zone desertiche e steppose della regione al confine con l’Iraq, in una zona controllata formalmente dalle forze curdo-siriane appoggiate dalla coalizione internazionale.

Una delle notizie che desta maggiore preoccupazione è che i miliziani sono riusciti a imporre agli abitanti della zona la riscossione della zakat, una tassa che serve a finanziarli. La recente rinascita a macchia di leopardo del califfato può stravolgere i piani degli eserciti impegnati nella lotta al terrorismo in Siria e Iraq. Gli analisti sono impegnati nel comprendere come saranno utilizzati i fondi provenienti proprio dalla zakat, la cui riscossione, nelle previsioni, servirà in gran parte per finanziare la propaganda on line attraverso piattaforme web e social network sempre nuovi, per tentare di sfuggire alle contromisure messe in atto dalla coalizione internazionale. Già nel recente passato i cyber mullah sono riusciti ad anticipare tutti nell’utilizzo di nuove applicazioni di messaggistica istantanee e di comunicazione criptata, allo scopo di aggirare la massiccia campagna di espulsioni, avviata sui principali social network, da Twitter a Telegram, senza dimenticare Facebook e You Tube. Sarebbe un grave errore per i Paesi occidentali sottovalutare l’estrema pericolosità che la propaganda on line può assumere per i loro giovani.

Emblematica in tal senso è la storia della famiglia Bontinck, le cui vicende forniscono un importante spunto di riflessione circa la necessità di una sana e preventiva azione pedagogica e culturale per contrastare l’indottrinamento on line. Dimitri Bontinck, ex militare belga, è diventato famoso per aver sfidato e sconfitto l’Isis, riuscendo a riportare a casa il figlio Jay, arruolatosi nei ranghi dell’esercito del terrore come foreign fighter. Jay era un ragazzo che, come tanti, dopo essersi avvicinatosi all’Islam, è rimasto sempre più coinvolto nella rete estremista, fino a diventarne componente ed a partire per la Siria come combattente. Quando Bontinck ha scoperto che il figlio, ufficialmente recatosi in Egitto per studiare l’arabo, aveva in realtà raggiunto il fronte siriano, la sua vita è cambiata per sempre. Di fronte all’incapacità delle autorità belghe di mettere in atto un qualsiasi intervento utile a recuperare il figlio, Bontinck ha deciso di partire da solo per riportarlo a casa, rischiando tutto. Raggiunta la Siria grazie all’aiuto di un giornalista reporter, dopo essere stato fatto prigioniero e torturato, è riuscito a restare rimanere indenne solo grazie alla propria infinita determinazione, ricongiungendosi con il figlio e riportandolo in Belgio. La storia della disperata ricerca di Jay è diventata un libro scritto dallo stesso protagonista e si appresta ora a diventare un film, grazie alla Ralian Research & Consultancy, la società italiana che è riuscita ad avere in esclusiva dall’autore l’incarico di commercializzarne i diritti.

Un’operazione culturale di ampia impronta pedagogica, che pone ancora una volta le imprese culturali del nostro Paese al centro dell’interesse internazionale. Valorizzare il messaggio culturale, politico e sociale che il cinema può trasmettere, sensibilizzando il pubblico, serve a contrastare l’emergere dei fenomeni propagandistici on line di oggi e del futuro. Utilizzare le armi della cultura per combattere la propaganda jihadista: è questo uno dei nuovi impegni di cui tutto il mondo della comunicazione globale e le imprese che in esso operano devono farsi carico, in questo delicato momento storico.

Aggiornato il 16 ottobre 2020 alle ore 13:49