Abbasso “I promessi sposi”!

Consentitemi una breve premessa autobiografica. Di là dalla fortuna di aver avuto un padre dalla profonda cultura umanista, durante gli anni del liceo ho avuto quella di avere un professore di Lettere eccellente – più dedito ai piaceri delle carni, in verità, che a quelli dello spirito – che mi ha fatto ulteriormente amare la materia, a cominciare da Dante. Purtroppo, anche lui però ha fallito in una parte del suo magistero, cioè non è mai riuscito a farmi piacere I promessi sposi e di conseguenza quel bacchettone moralisteggiante di Alessandro Manzoni. Proprio per questo mio assente apprezzamento, voglio difendere sia il romanzo che ha formato l’attuale lingua italiana sia il suo autore contro la delirante proposta – forse provocatoria, ma non m’interessa più di tanto – del noto filosofo Umberto Galimberti, che qualche giorno fa ha richiesto una rimozione de I promessi sposi dal programma scolastico. E io, sempre nemico e annoiato mortalmente dalle vicende di Lucia e di Renzo, di Don Abbondio e di Fra Cristoforo, a questa assurda rimozione mi oppongo fieramente.

Galimberti vorrebbe eliminare il romanzo italiano per eccellenza, al fine di avere una scuola più “moderna” e con un “pensiero di crescita”, qualunque cosa significhi tale frase e che a me, francamente, sfugge. Quindi, secondo il nostro filosofo non sarebbe più “moderno” e dunque accettabile il “messaggio” della “provvida sventura” che sottende tutta l’opera manzoniana. La Provvidenza insegnerebbe – a suo dire – la passività e a sperare nel futuro, quindi è meglio abolire qualunque rimando a un “oltre” superiore che guidi l’uomo verso la speranza appunto. Perfetto, suicidiamoci tutti in blocco allora, del resto è quello che stanno ponendo in atto da tempo.

Pronto ad appoggiare la proposta di Galimberti è stato Matteo Renzi. Anche secondo la sua illuminata visione I promessi sposi dovrebbero essere addirittura vietati, così sarebbero resi più interessanti proprio perché tali. Messi nell’indice dei libri proibiti, certo, così li potremmo leggere con la stessa morbosa cupidità con la quale scorreremmo le Undicimila Verghe di Guillaume Apollinaire o Justine del Marchese de Sade. Non pago comunque, Galimberti rincara la dose sostenendo che “la bellezza abita anche negli altri romanzi”. Il che in effetti è vero, lo penso anche io, ma resta indubbio il fatto che il principio del romanzo di Manzoni non sia “la bellezza” ma la Provvidenza, sia dunque il sapere che esiste una somma Giustizia e che tutto il male porta infine al bene. E comunque esiste la bellezza di una lingua italiana perfetta nella propria estensione e che quindi, come tale, insegna un modello da seguire per coloro che volessero imparare a scrivere, il che non mi sembra cosa da poco. Quali sarebbero poi questi romanzi offerti in alternativa non ci è dato sapere, anche perché probabilmente ciascun docente sceglierebbe i propri, magari – come è ovvio – basati sui propri personalissimi gusti o influenzati dal proprio credo religioso o politico.

Il vantaggio de I promessi sposi almeno è quello di una loro “universalità”, così come potrebbe esserlo i Racconti di Canterbury di Geoffrey Chaucer o le opere di William Shakespeare per gli inglesi, tanto per fare un banale paragone esterofilo. Senza considerare che dietro al pensiero galimbertiano, che dunque considera obsoleto, vetusto e antiquato, il romanzo dell’Innominato e della Monaca di Monza, si cela ma non troppo, la consueta visione modernista e talvolta “futurista” dell’odio e della volontà distruttrice di tutto il nostro passato, sia esso storico, artistico, culturale, visto come inutile se non addirittura come male. Radiamo al suolo dunque tutte le vestigia greche o romane, spianiamo le cattedrali dell’oscuro Medio Evo a favore di metropoli “moderne” di vetro-cemento, in un peana delirante che neanche il peggior Filippo Tommaso Marinetti avrebbe mai proposto. Il prossimo passo, dunque, quale sarà? Oscurare il sole come vorrebbe Bill Gates oppure togliere il plenilunio perché troppo romantico?

Il fine, non ultimo ma utile, della soppressione dei sentimenti e delle emozioni lo stanno perseguendo con pervicace volontà ogni giorno, vietandoci i contatti umani e le relazioni con la giustificazione retorica e ipocrita della nostra “salute”, producendo così un mondo di morti viventi incapaci di ogni autonoma identità. Nessuno si ribella: tutti muti, proni, silenti. Ma, mi chiedo, Galimberti e i suoi sodali hanno mai letto la vera storia della Monaca di Monza, il terribile dramma che è incastonato nelle vicende di Renzo e Lucia? Evidentemente no, o se lo hanno fatto non l’hanno capito, perché basterebbe quello per voler mantenere nel corso degli studi un romanzo così vecchio ad insegnare qualcosa ai più giovani, ancora oggi. E, lo ripeto una volta ancora, a me I promessi sposi hanno sempre provocato sonori sbadigli, ma è giusto che quella noia ci sia e Suor Gertrude lo sa bene, lei sì. Renzi e Galimberti no.

Aggiornato il 22 febbraio 2021 alle ore 09:26