La sovranità del sovranismo

Torno a Roma dopo un viaggio in Calabria ed in mezzo alla Calabria. Ho presentato miei libri ed ho discusso problematiche sociali di interesse generale, a Rende, a Castrovillari, a Cosenza. Sante Blasi, Vito Antonio Di Gioia, Mimmo Metaponte hanno organizzato gli incontri. Nei miei libri recenti, in specie nel romanzo: Il Professore, la Morte e la Ragazza (Armando Editore), esprimo l’eclissi della civiltà umanistica, “classica”. Uso il temine “umanistica” non vincolandolo al periodo umanistico del XIV secolo con la scoperta della cultura greca e romana, della restaurazione filologica dei testi. Lo uso, il termine “umanistica”, in senso generale: la valorizzazione dell’uomo che valorizza se stesso attraverso le attività esemplari, arte, filosofia, scienza, un uomo che crede ancora alla interiorità, che si arricchisce di sentire, conoscenza, realizzazioni, un uomo che riesce a ben vivere, a darsi felicità, un uomo affermativo se pure cosciente della morte e del nulla che ci attende, se non è credente.

Perché mai questa riproposizione della qualità, del darsi uno scopo che vale? Perché temo, ed è un timore di lungo periodo oggi sovrastante, ed è il timore del protagonista del mio romanzo, che le società si gregarizzano crescentemente e nello tesso tempo si frantumano in individualismi da poco, ma non vi è un ampio, potente scopo condiviso di alto valore. Se dovessimo indicare, io ed il protagonista del mio romanzo, che stiamo a fare come società, come nazione non sapremmo che evidenziare. Non vi è un indicatore che colga e definisca lo scopo della nostra convivenza. Eppure, dicevo nelle mie conferenze, e scrivo nei miei libri presentati (La memoria dei ricordi, Quel che resta del nulla, entrambi editi da Armando), alcuni scopi dobbiamo sostenerli giacché sotto la nebbia del vivere banale avvengono cambiamenti radicali e rovinosi. Quali? Il primo pericolo per le nostre società è quello demografico. Illudersi che un Paese che dimezza la sua popolazione ad ogni generazione (un figlio a coppia) possa reggere a lungo non alterandosi è inconcepibile, anche perché gli stranieri prolificano largamente. Credere di risolvere la situazione rendendo cittadini italiani gli stranieri è la codificazione della crisi non la soluzione. Questo significa avversare gli stranieri? No. Questo significa accrescere la nostra popolazione e la popolazione europea e bianca cercando le modalità perché tale scopo avvenga. Noi non siamo un continente o nazioni che si formano come furono gli Stati Uniti i quali necessariamente accolsero perché disabitati quasi del tutto. Se accogliamo è perché ci svuotiamo di noi stessi. Il che è un omicidio contro di noi.

Complicata la situazione del lavoro, delle imprese. Ne scrivo nei miei libri saggistici ma anche nel romanzo. La questione è così definibile: robotica, intelligenza artificiale, digitalizzazione, automazione, accresciuta produttività, anche la transizione verde, l’eventuale impiego dell’energia nucleare di quarta generazione sono nemici dell’occupazione, rendono il lavoro, quindi i lavoratori sempre meno necessari ai sistemi produttivi? Pare certo. Oltretutto riferendoci al nostro Paese la grave tassazione ed il sostegno ai passivi (reddito di cittadinanza, casse integrazioni di vario genere) accrescono il disavanzo e spingono le imprese a delocalizzare. Potrebbero risolvere la diminuzione dell’orario di lavoro, l’autoimpresa dei lavoratori, il “lavoratore imprenditore” come preciso in un mio testo, ed ovviamente tassazioni ridotte e protezione non passiva (quindi non reddito a chi è in grado di lavorare) ? Un eminente costruttore ed agricoltore di Rende, Salvatore Gatto, ritiene che la tassazione ed il reddito senza lavoro deprimono l’imprenditorialità, la gravano, un imprenditore non può avere a carico lavoratori superflui (è l’effetto delle nuove tecnologie assai produttive) mentre uno Stato che si indebita elargendo denaro addirittura a chi potendo lavorare è pagato per non lavorare, finisce con l’aumentare la tassazione. Una circolarità micidiale, a giudizio di Salvatore Gatto, il quale non respinge una eventuale impresa di lavoratori oltre quelle del capitalista.

Essendo coltivatore, Gatto entra anche nel terribile settore delle multinazionali, dei prodotti alterati, ed attua nelle sue terre un genuino ritorno alla terra, di un cibo sano che dà salute (ne disse in un incontro anche la dottoressa Rasanna Labonia significando gli orrori che i cibi ogm suscitano nel nostro corpo). Da tutto questo discorrere veniva, insorgeva il bisogno di riacquistare ampie sezioni, per dire, di sovranità. Un Paese deve essere in grado di tutelarsi, di imporre il tanto discusso ma indispensabile “interesse nazionale”. Mancando la sovranità manca la possibilità di tutelare l’interesse nazionale, in terreno alimentare e demografico questo può arrecare la dissoluzione. Importare stranieri e cibi degenerati senza argine e difesa è rovinoso. Ed è insensato alterare il termine sovranità con un dispregiativo termine “sovranismo”. Non esiste il sovranismo, esiste e deve esistere, se teniamo a noi stessi, la sovranità, se teniamo a noi stessi e non ci illudiamo di salvarci essendo “ società aperta” alla rovina!

Aggiornato il 23 settembre 2021 alle ore 12:29