Personaggi della civiltà: Iside e Osiride

I miti di Iside e Osiride, di Proserpina e Ade, Orfeo ed Euridice sono essenziali, in quanto colgono la sostanza della nostra vicenda: la Morte. La Morte e la Vita. L’uomo, fin dalla remota antichità, ha visto morire se stesso e gli altri, e non poteva non chiedersi che seguito accadesse alla nostra fine. Cessavamo di vivere per sempre? Qualcosa di noi persisteva? Si reincarnava? O si staccava dal corpo e si immetteva in successivi corpi? Vi era un che di immortale nel corpo mortale? L’anima, il respiro che diventava anima? O finisce tutto nel momento in cui esce da noi l’ultimo respiro?

Gli uomini scorgevano la Natura, nella quale ogni pianta perisce e si germoglia: saremmo noi come le piante? In massima parte, i popoli antichi furono stretti a concezioni cicliche, poiché in natura ciò che muore rinasce ritennero che perfino l’Universo sarebbe perito e rinato. Ma si trattava anche di considerare la morte degli individui, e gli uomini accettarono con resistenza dover riconoscere che l’uomo è mortale, al punto da supporre, quasi come una aspirazione delusa ma sentita, che gli Dei fossero immortali. Al dunque, che la sognata immortalità esisteva, sia pure per gli Dei. E tuttavia, lo accennavo, la concezione di una morte assoluta è rara, gli uomini resero la morte un passaggio più che una conclusione.

Come detto, supposero reincarnazioni, anima immortale separata dal corpo mortale, un Regno dei Morti, l’eternità dell’anima, personale o cosmica, l’eterno ritorno, la rinascita totale con il ricongiungimento del corpo con l’anima. A ogni modo, che l’individuo con la morte… muoia è opinione combattuta. Nel periodo che viene definito “pagano” sulla morte radicale abbiamo uno dei poemi più interni alla condizione umana, più veritieri anche se in forma mitologica, l’Epopea di Gilgamesh, testo sumero antichissimo. Narra come il possente Re di Uruk, vincitore di tutti, perfino degli Dei, non riesce a conquistare l’immortalità per sé e per i sudditi. Nella mitologia greca, sia pure indirettamente, anche il mito di Sisifo rappresenta un tentativo di sconfiggere la Morte. Le religioni sostennero ampiamente forme di sopravvivenza sia per consolare dalla morte sia perché il potere sacerdotale esercita la presa sul popolo detenendo le chiavi dell’aldilà, e dei riti mortuari.

In quanto ai pensatori, esplicitamente certi della morte definitiva con la morte del corpo nell’antichità greca e romana emergono Epicuro e Tito Lucrezio Caro.

L’uomo non accetta di morire per sempre, anche scorgendo i corpi resi ossa e polvere, proprio per questo non accetta la morte completa. La supremazia delle religioni rispetto alla filosofia e alla scienza dipende specialmente dalle soluzioni semplici, comprensibili che le religioni propongono sulla origine della vita (dell’esistenza) e su ciò che avverrà dopo la morte. Nelle religioni monoteiste, che da secoli dominano gran parte del mondo, la spiegazione della vita e della morte, è, ripeto, semplicissima: vi è una Entità, chiamata Dio, che crea quanto chiamiamo realtà e lo stesso Dio, in varie forme, giudica le anime umane, che sono immortali. Nel Cristianesimo l’immortalità dell’anima è dominante. Anche nell’Islamismo. Meno dominante nell’Ebraismo.

E veniamo al mito egizio della Morte, il mito di Iside e Osiride. La religione egizia fu una religione della vita e della morte, tra morte e vita esisteva una assoluta continuità, la morte proseguiva la vita in un altro regno, il Regno dei Morti. Nessun popolo fu ossessionato dalla morte quanto gli antichi egizi, ma fu una ossessione che aveva per scopo conservare la vita. La monumentalità delle Piramidi, lo sfarzo della Valle dei Re e delle Regine, le stesse tombe dei Dignitari, l’imbalsamazione di uomini ed animali, i cibi, i vestiti, le suppellettili che si includevano nelle tombe, la minuziosissima raffigurazione di ogni attività quotidiana nei bassorilievi o nelle composizioni di creta, la passione per la scultura, ogni manifestazione nell’antico Egitto proclamava l’amore dei viventi per la vita, il loro bisogno di conservarla anche o soprattutto fisicamente.

L’imbalsamazione stava al culmine di questa salvezza. Il Regno dei Morti per gli egizi specchiava il Regno dei Vivi, la morte non era la morte, ma un trasferimento in un altro luogo. Il defunto veniva accompagnato in un mondo oltre la vita dove continuava a vivere, anche se non in rapporto con il mondo precedente. Prima di andare nel secondo mondo e nella seconda vita il defunto non defunto, il morto vivente, subiva un giudizio e doveva pagare il tragitto del Regno dei Morti, era mummificato, come detto, e gli si lasciavano cibi, abiti, quanto necessario alla seconda vita, ripeto. Gli egizi non volevano morire. Tutta la civiltà egizia è sorta in contrapposizione alla morte. Il mito più rilevante della civiltà egizia evidenzia questo attaccamento alla vita. Si tratta, appunto, del mito di Iside e Osiride.

Iside ed Osiride sono fratello e sorella, e si amano addirittura già nel grembo della madre, la Dea del Cielo, Nut. Una volta nati si sposano (il matrimonio tra congiunti era normale in Egitto e che lo facessero gli Dei rafforzava la legittimazione). Ma erano nati con loro altri fratelli, tra cui il temibile Seth, che vuole la sovranità. Seth, con un inganno, chiude in una cassa Osiride e lo uccide, gettando la cassa nel Nilo. La cassa si fa corpo di un albero e il tronco, tagliato, viene usato da un Re del luogo, che ignora di tenere il corpo del Dio Osiride.

Iside, la fedelissima consorte, cerca Osiride. Infine lo scopre, non riesce a dargli la vita ma viene fecondata. Da Iside nasce il Dio Horus. Seth, più rabbioso che mai, si impossessa del corpo di Osiride e lo spezza, diffondendo i brani, Iside, ancora una volta consacrata al coniuge, ricompone Osiride e lo stabilisce nel Regno dei Morti. Horus, il loro figlio, ucciderà Seth. Il mito di Iside ed Osiride è tra i più rilevanti dell’antichità. Ebbe un possente e vario influsso in molte civiltà, la greca e la romana particolarmente, ma anche, come manifestazione dell’amore familiare nel Cristianesimo, la “sacra famiglia”. È il mito della morte e della rinascita, di quell’amore per la vita da parte degli egizi, di cui abbiamo detto.

Da rilevare l’importanza di Iside, divinità femminile. In Egitto la donna era considerata uguale all’uomo, ciò che non avveniva né in Grecia né a Roma. Osiride divenne il Sovrano del Regno dei Morti, vagliava le azioni delle anime, le giudicava, le anime dopo si univano al corpo per continuare l’esistenza nel Regno dei Morti. Vivi. Come detto, la Morte per gli egizi non esisteva. Osiride combatte nelle ore notturne il temibile serpente Pitone che impedisce al Sole di risplendere all’alba. Osiride, vincendolo, riporta il Sole sulla Terra, la luce, la vita. Ogni notte. Così grandemente gli egizi temevano il buio-morte, tanto enormemente volevano, amavano la luce-vita, gli egizi.

Aggiornato il 26 novembre 2021 alle ore 10:36