Le transizioni digitali e le Guerre puniche

“Non serve studiare quattro volte le Guerre puniche, occorre cultura tecnica. Serve formare i giovani per le professioni del futuro, quelle di digital manager per esempio” è l’esemplare assioma offertoci dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, l’altra sera al Tg2 Post. Cingolani è un fisico, purtroppo per la cultura umanistica evidentemente non ha il fisico e quindi produce siffatte discutibili affermazioni che, del resto, sono il pensiero – sì lo so è ottimistico definirlo così – comune a gran parte della sinistra italiota. E forse anche a più d’uno di destra, non illudetevi.

Ecco quindi, ancora una volta, un’ennesima reiterata volta, in cui si cerca di contrapporre, il che già di per sé sarebbe un errore, il pensiero “scientifico” (laddove più spesso leggasi scientista) alla cultura umanistica, per poi sopprimere quest’ultima in quanto considerata obsoleta, inutile, inadatta al nostro tempo. La prima operazione, dunque, è sempre quella di minare le basi culturali di una nazione e di un popolo, togliendogli la lingua madre e la memoria storica. Un Paese privo di queste sarà ovviamente un Paese di poveri decerebrati, proni a qualsiasi comandamento proprio perché privi di qualsiasi forma di identità e di pensiero. Però avremmo migliaia, o forse milioni chissà, di “digital manager”. Evito facili doppi sensi proprio perché scontati. Sì, “digital manager” qualunque cosa essi siano, che ovviamente non avranno la più pallida idea di chi fossero i triumviri a Roma, di dove tenesse corte Federico II e di tante altre “notizie” in fin dei conti del tutto marginali e trascurabili.

Mi viene in mente una sequenza di quel capolavoro che è Rollerball, nella quale i tecnici del giga-computer di Ginevra affermano di aver perso dai suoi banchi di memoria l’intero XII secolo, giustificandosi alla fine con un’alzata di spalle e con l’affermazione che in fondo in quel periodo non era successo nulla d’importante. Ecco, personalmente non vedo tanta differenza tra la paradossale e volutamente provocatoria frase del film e questa purtroppo non altrettanto di Cingolani. Mi chiedo quale sia la tanto ambita, vantata e decantata “cultura tecnica” così desiderata dal ministro, senza contare che – ma lui forse questo lo ha dimenticato – la parola “tecnica” deriva dal greco “téchne” che in realtà significa “arte” ovvero il “saper fare” e che – ma tu guarda il caso – oltre a essere la personificazione divina dell’arte, è posta in antitesi alla Physis. E Cingolani è un fisico.

No, lo so, proprio non gli piace, e pazienza, ce ne faremo una ragione, a lui lasceremo tutti i suoi manager, più o meno digital, tutte le sue “culture tecniche” e noi continueremo a goderci tutta l’arte del mondo, tutta la musica, il teatro e la poesia… continueremo, a divertirci anche se cercheranno d’impedircelo in ogni modo con le loro psicotiche restrizioni, perché la vita deve sempre avere il sopravvento sulla morte, su qualsiasi forma di morte, anche e soprattutto su quella che vorrebbero imporre non solo ai corpi, ma soprattutto alle nostre anime.

E lasciate fare pure al ministro Cingolani ciò che può. Le colonne ancora in piedi dei Fori, a Roma, le pietre azzurre di Stonehenge, saranno ancora lì, a guardare il cielo, quando anche di lui si sarà perso ogni ricordo.

Aggiornato il 27 novembre 2021 alle ore 11:11