Toh, la lirica è un’altra cosa… e va cantata bene!

venerdì 21 gennaio 2022


L’uscita di un nuovo metodo di tecnica vocale riporta alla vera bellezza del nostro belcanto

A più di trent’anni dall’indimenticabile concerto dei Tre tenori si torna a parlare delle tecniche del canto lirico. L’esibizione di Placido Domingo, José Carreras e Luciano Pavarotti, diretti da Zubin Mehta raggiunsero ascolti intorno agli 800 milioni di telespettatori segnando un capitolo importante nella storia della lirica. L’occasione ce la offre la pubblicazione del libro Ut – cantare la lirica italiana – Un metodo per la voce, una guida per l’ascolto edito da AdmI libri del Pantheon. Il volume, primo di una collana dedicata al mondo dell’opera lirica, contiene un vero e proprio metodo di lavoro messo a punto dai maestri Yuri Takenaka e David Ciavarella per l’apprendimento di una tecnica vocale sintesi della tradizione dei nostri più grandi interpreti. Per avere una idea dei due autori, David Ciavarella ha cominciato la carriera concertistica giovanissimo come voce solista nel coro di voci bianche della Cappella Sistina e Yuri Takenaka, tra l’altro, ha vinto il concorso internazionale “Voci Verdiane” di Busseto. L’esperienza di insegnamento dei due maestri, costruita soprattutto all’estero, ha già verificato la validità di questo modo di formazione ad alto livello ed è confermato anche dalle diverse prefazioni al testo. L’intento del lavoro è sintetizzato dal maestro Ciavarella quando scrive: Non bisogna mai dimenticare che il melodramma è una forma teatrale dove la parola parlata diviene parola cantata la comprensione del testo riveste un ruolo fondamentale nella messa in scena di un’opera lirica.

Già, capire le parole. Chi segue la lirica sa che spesso nemmeno con il libretto alla mano risulta del tutto chiaro e comprensibile quello che stanno dicendo una Mimì o una Musetta o un Rigoletto. Le registrazioni delle grandi voci del ‘900 ci consentono un paragone con quelle di molti degli attuali interpreti dove la differenza salta all’occhio, anzi all’orecchio. Se ascoltiamo come è suggerito nel libro un Beniamino Gigli, una Tetrazzini, un Tito Schipa o un Salvatore Gioia (che si facevano sentire e capire senza l’aiuto di un microfono) ci appare subito chiaro il motivo di tanto amore per l’arte lirica. Non è che tutti i cantanti contemporanei siano da buttar via ma l’influenza nel circuito dello spettacolo dell’agente di un artista ha molte responsabilità e non meno colpe. Tornando al metodo, le capacità e la notorietà internazionali degli autori sono solo alcuni dei pregi del libro che offre una serie di strumenti di crescita nell’arte di cantare la nostra lirica. I più immediati sono i qr code con esempi per ciascun tipo di esercizio vocale proposto all’allievo o al lettore. Inoltre, ciascun capitolo tecnico è seguito da indicazioni di ascolto dei grandi artisti in particolari ruoli, registrazioni facilmente disponibili nella rete internet, e appunti sul lavoro dei maggiori librettisti italiani.

Per i testi delle opere, tutti in lingua italiana, si va da Lorenzo Da Ponte che lavora per Mozart ai 29 autori che hanno scritto per Gioacchino Rossini, da Arrigo Boito per Giuseppe Verdi alla coppia Illica-Giacosa per Puccini. Uno spazio è dedicato anche alla produzione “industriale” della famiglia Ricordi e a quella austriaca degli Strauss. Non mancano inserti dedicati alla poco conosciuta (e riconosciuta) produzione femminile come Nannerl Mozart, sorella di Wolfgang, e Grazia Deledda, o Maria Luisa Coccia e la Marchesa Colombani. Non è stata dimenticata nemmeno la crudele pratica della castrazione per ottenere voci maschili con una estensione di voce particolarmente acuta che rimase in voga fino all’inizio del 1900 della quale esistono e sono indicate solo pochissime registrazioni. Arricchiscono il volume, oltre a una terzina della Divina Commedia meno nota di Dante Alighieri sul rapporto tra musica e verso, un inedito racconto delle lezioni di canto di Beniamino Gigli al nipote, scritto dal compianto Beniamino Gigli jr., e un’immagine del manoscritto di Gabriele D’Annunzio del romanzo “Il fuoco”.

Le prefazioni sono dei maestri Sergio La Stella (Italia), Peter Tregear (Australia), Miciko Tadé e Noriyuky Hirata (Giappone). Le illustrazioni sono state realizzate dall’artista Samantha Scrivere, i disegni da Alessandro Magrelli e l’aspetto grafico da Martina Quaglia. Il libro ha il patrocinio della Fondazione Italia-Giappone. L’insieme di queste indicazioni, tecniche e storiche, sono la migliore base di lavoro sia per chi vuole intraprendere o migliorare la strada del canto lirico italiano sia per coloro che chiedono da sempre una guida all’ascolto affidabile e comprensibile anche per i non addetti ai lavori. Offre quindi un quadro complessivo, semplice e chiaro, di un mondo artistico che esiste e si replica da oltre 400 anni. In questo lungo periodo, forse perché conosciamo poco il nostro patrimonio operistico, i grandi cantanti sono sempre stati accompagnati dalla stessa identica frase: “Apprezzato in Italia, osannato all’estero”.

Se l’esibizione dei tre tenori ha segnato un momento di passaggio importante che ha prodotto un grande rilancio mediatico per l’esecuzione in forma di concerto dei brani più conosciuti del repertorio operistico, la speranza è quella che il contenuto di questo libro faccia crescere la preparazione sia degli interpreti che del pubblico appassionato. Come sarebbe bello di nuovo il loggione di Parma, di Milano, di Napoli, di Roma o di Catania intonare finalmente un sonoro e sacrosanto “Buuuu!!! per un qualche improbabile allestimento come quelli che sono andati di moda negli ultimi anni dove la qualità del canto lirico sembra essere diventata secondaria rispetto alla regia televisivo-teatrale e agli effetti speciali. L’opera lirica è un’altra cosa, è parola cantata.

(*) Nella foto in alto, di Aletta, è ritratta Yuri Takenaka.

(**) Nella foto al centro, la copertina del libro.

(***) Nella foto in basso, di Aletta, è ritratto David Ciavarella.


di Quintino Di Marco