Teatro Quirino: oltre 100 anni di Mattatori

giovedì 12 maggio 2022


Da dove inizia la nuova stagione 2022/23 del Teatro Quirino di Roma Tempio italiano della prosa? Da Vittorio Gassman, naturalmente, di cui ricorrono quest’anno i cento anni dalla nascita: il più grande dei Mattatori del teatro moderno italiano e pietra miliare di riferimento, per l’intensa attività artistica da lui svolta fin dal Secondo dopoguerra in questo monumento nazionale dell’Arte dal Vivo del Quirino, più volte rinnovato e ristrutturato. Memorabile è la realizzazione nel 1911 della sua cupola apribile di 12 metri di diametro, e la ristrutturazione nel 1915 del suo spazio interno con l’intervento strutturale dell’Architetto più famoso del Fascismo, Marcello Piacentini.

In questi 150 anni più uno, il Teatro Quirino ha visto passare personaggi famosi del Novecento, come Luigi Pirandello, Eduardo Scarpetta, Eduardo De Filippo, Bertolt Brecht (che venne nel 1956, poco prima della sua morte, per l’edizione romana dell’“Opera da tre soldi”), Carmelo Bene, Luchino Visconti, Franco Zeffirelli, Enrico Berlinguer (che ne fu ospite negli Anni di Piombo), e persino la famiglia Mussolini. A inizio Novecento arriva nientemeno che Sigmund Freud che, vista la sua abitudine ad andare a letto alle nove di sera, dopo aver assistito alla Carmen per due terzi della sua durata, scrive alla sua famiglia una lettera di tre pagine sul Quirino e sul suo pubblico, ricordando che si potevano comprare persino i sigari nel foyer, concludendo: “Peccato non poter vivere più a lungo quaggiù”. Valgono per tutti le seguenti due massime sul teatro: “L’attore è un bugiardo al quale si chiede la massima sincerità” (dixit Vittorio Gassman, frase inserita nella copertina del cartellone); “Tutti recitano nella vita tranne alcuni attori” (Eduardo De Filippo).

Tra gli spettacoli presentati (che potranno essere consultati per esteso nella programmazione 2022/23 del Teatro), si citano tra gli altri i seguenti. Ovvero “Il Mercante di Venezia” di Franco Branciaroli, che ci parla del male, del denaro, dell’odio e della vendetta. Un testo cupo, senza misericordia né traccia di amore, all’interno di una scenografia in cui appare solo un grande muro nero. Gabriele Lavia affronta nel ruolo di Ciampa, che fu dell’insuperabile Turi Ferro, un testo magistrale di Pirandello come “Il berretto a sonagli”. Lavia ci spiega il “perché”, nonostante quell’ostacolo monumentale del padre di Guglielmo Ferro, si sia convinto a ripercorrere le orme del Maestro.

La prima folgorazione gli venne osservando la foto affissa nel suo camerino, che ritraeva il grande Eduardo de Filippo (il quale sosteneva che l’unico motivo per fare teatro era “andare a cena dopo lo spettacolo!”) che si preparava a entrare in scena per “Il berretto a sonagli”. La seconda, invece, a conferma della prima, fu di consultare quel testo di Pirandello in una delle prime edizioni di lusso della Mondadori che gli aveva regalato la nonna Carmela (nipote del grande drammaturgo Francisco Martínez de la Rosa), con la dedica “Al mio adorato Gabriele”, in cui erano sottolineate tutte le battute del Ciampa: come disobbedire alla nonna, quindi? Anche la parte di Costantino nel “Il Gabbiano” di Anton Čechov era stata sottolineata dalla nonna, e che lui aveva puntualmente recitato!

Ci ricorda tra l’altro Lavia delle lettere al veleno scritte da Pirandello contro Angelo Musco, reo di aver tagliato a metà la parte femminile. Probabilmente, nell’opera c’è un accenno autobiografico, dato che la moglie di Pirandello era stata ricoverata in una casa di riposo per la buona borghesia, che voleva così allontanare dalle proprie case “certe” vergogne legate alla follia. A questo punto, che cosa fare? Duplicare il tutto in due versioni? In lingua italiana la prima, distinta da una seconda in siciliano? Soluzione alla Lavia: facciamo parlare i personaggi meno colti in dialetto; quelli così-così metà in siciliano e l’altra in italiano, riservando solo alle persone altolocate l’utilizzo esclusivo dell’idioma nazionale!

Filippo Dini presenta “Il Crogiolo” di Arthur Miller, che poi è un processo contro le streghe, mentre Emilio Solfrizzi ripropone anche per il 2023 il suo “Il Malato Immaginario” di Molière che, tanto (come ci dice autoironicamente) “ha resistito 350 anni, per cui sopravviverà anche alla mia interpretazione!”. Torna al Quirino anche Andrea Jonasson, moglie di Giorgio Strehler, con “Gli Spettri” di Henrik Ibsen. Il Balletto di danza contemporanea si esibirà in uno spettacolo di tango sulle musiche di Astor Piazzolla. Pippo Pattavina sarà il protagonista sia del famoso testo pirandelliano “Uno, nessuno centomila” che dei “Vicerè”, liberamente ispirato allo storico romanzo di Federico De Roberto.

Nello spettacolo “Testimone d’accusa” di Agatha Christie, per la regia di Geppy Gleijeses (che ci ricorda di essere stato l’allievo prediletto di Eduardo De Filippo), dramma giudiziario ma non triste, sarà una selezione di spettatori individuati tra il pubblico (e, quindi, diversi in ogni serata) a giudicare di volta in volta chi sia il colpevole. Elena Sofia Ricci reciterà ne “La dolce ala della giovinezza”, dramma di Tennessee Williams che non viene messo in scena da più di trenta anni, in cui si parla della perdita della giovinezza e della propria immagine, oggi al centro di tutto grazie allo strapotere dei social.

Anche per il 2023, verrà riproposto “Il caso Tandoy” di Michele Guardì, che non è soltanto un errore giudiziario, ma qualcosa di più sconcertante, penetrante e sottile, a proposito della forzatura della verità di cui si rende responsabile un giudice terzo che intende affermare il proprio giudizio a priori, piuttosto che lasciare parlare i fatti.  Nel suo caso, infatti, prevale l’assunto in base al quale “posta la convinzione troverò le prove!”, e quindi il povero imputato, Direttore del carcere (alla cui entrata, dopo l’assoluzione in appello, farà affiggere il famoso cartello “Qui non tutti ci sono e non tutti lo sono!”), amante della moglie del Commissario assassinato, deve per forza essere il colpevole.

Lucia Lavia andrà in scena con un altro capolavoro di Pirandello “Come tu mi vuoi”, dove recita la parte della protagonista con il personaggio dell’ignota, in cui l’indagine non arriva mai alla soluzione finale: uno strano testo tra il Noir e il Thriller. Geppy Gleijeses sarà ancora in scena con “Uomo e galantuomo” di Eduardo De Filippo, mentre Enrico Guarneri sarà protagonista de “La roba” di Giovanni Verga, per la regia di Guglielmo Ferro.

Lunetta Savino darà forma e contenuti a “La Madre”, un’indagine sul lato oscuro della maternità, quando i figli se ne vanno e lei va in crisi per aver dedicato loro la sua intera vita sacrificando così la propria. Il testo è una sfida e presenta un indubbio interesse drammaturgico, in cui non si capisce mai se il narrato è realtà o semplice fantasia materna. Tosca D’Aquino animerà uno spettacolo inedito e curioso, dal titolo: “Amori e Sapori nella Cucina Del Gattopardo”. Una grande storia d’amore con grandissimi ragù e cose molto piccanti che riguardano il Principe di Salina, con l’intento provocatorio di sviscerare che cosa accadeva nelle cucine durante il grande ballo del Gattopardo!

Una rivisitazione di “Così è (se vi pare)” vede protagonista Milena Vukotic, mentre la messinscena si ispira alla novella di Pirandello “dottor Fileno”, in cui tutto viene guardato con il cannocchiale rovesciato. Un video Artist, attraverso tecniche ologrammatiche, riduce i personaggi a un’altezza di 60 centimetri, a significare la piccolezza del mondo che vuole entrare nella vicenda della signora Frola. Infine, “L’ombra di Totò” raccontata dalla sua controfigura, che sostituiva nei momenti topici il grande attore divenuto cieco, come nel film “Uccellacci e uccellini”.


di Maurizio Bonanni