Visioni. “The Boys 3”: uno sgangherato finale di stagione

Una disarmante scrittura anodina

Antony Starr, vestendo i panni di Patriota, rappresenta la triste parodia di un supereroe. Il volto perennemente truce, lo sguardo infastidito, il goffo costume a stelle e strisce indossato come un uniforme, lo rendono simile a un dittatore sudamericano degli anni Settanta. La terza stagione di The Boys 3 è dominata dal suo “Superego”. Un bambino viziato, arrogante e per niente empatico. In costante contraddizione con se stesso, Starr è convinto che un paio di espressioni possano reggere tre stagioni composte da ben 24 episodi. Un vero strazio.

La serie televisiva statunitense ideata da Eric Kripke per Amazon Prime Video, basata sull’omonimo fumetto creato da Garth Ennis e Darick Robertson, mette in scena un universo popolato da “Super” problematici e vendicativi capitanati da Patriota. L’intento è quello di accrescere il denaro, uccidere gli innocenti e salvare i cattivi. Il guaio è che il popolo non se ne avvede. Ma c’è, per fortuna, chi vuole porre fine, con ogni mezzo, al nefasto potere politico-mediatico. Billy Butcher, interpretato da un cinico e divertito Karl Urban (l’unico personaggio degno di nota della serie tivù) guida, con metodi poco ortodossi, un gruppo di “Boys” che si ribella al sistema della potente multinazionale Vought American, che gestisce i “Super” (e si fa gestire da loro) come stelle del cinema e dello sport.

Il settimo episodio di The Boys 3 si chiude con la rivelazione che Soldier Boy Soldatino, (Jensen Ackles), è stato ibernato perché la Vought in passato ha prelevato il suo Dna per generare un sostituto più potente, un “figlio”: Patriota. La notizia sconvolge i due. Ma, poco dopo, considerato il disinteresse per l’approfondimento psicologico dei personaggi coltivato da Kripke, padre e figlio combattono l’un contro l’altro armati di rabbia senza un’apparente ragione. L’ottavo episodio, L’istante rovente, dal titolo tanto evocativo quanto vacuo nei contenuti, è diretto da Sarah Boyd e scritto da Logan Ritchey e David Reed.

Patriota trova il piccolo Ryan (Cameron Crovetti) e convince il figlio a tornare da lui. Butcher, consapevole di avere pochi mesi di vita a causa dell’uso sconsiderato del V temporaneo (che rende “Super” per alcune ore), abbandona Hughie Campbell (Jack Quaid), e arriva a New York con Soldatino. L’obiettivo è quello di uccidere Patriota. Frattanto, Hughie recupera il rapporto con Annie January-Starlight (Erin Moriarty). Patriota uccide Black Noir (Nathan Mitchell) per avergli nascosto di essere il figlio di Soldatino. Quest’ultimo e Butcher si incontrano con i “Boys”, Annie e Queen Maeve (Dominique McElligott). Arrivati alla Vought, Patriota mostra Ryan a Soldatino, implorandogli di accettarlo. Soldatino però, in un impeto di vergogna e disprezzo, lo attacca. Nello sgangherato finale di stagione, la mossa si rivela sbagliata.

The Boys 3 ha l’ambizione di mettere alla berlina il modus operandi delle corporate statunitensi. Ma non c’è mai disperazione autentica, disagio sincero, rabbiosa invettiva contro il potere fascio-nazista rappresentato dalla Vought e da Patriota. Con buona pace di alcuni infervorati critici, The Boys fallisce proprio nel suo obiettivo più ambizioso e dichiarato: condannare il dominio delle multinazionali nell’odierna società americana. Le ragioni sono riassunte nella disarmante scrittura anodina della serie tivù.

Purtroppo è stata annunciata una quarta stagione…

(*) La recensione dei primi tre episodi di “The Boys 3”.

(**) La recensione dei gli episodi 4, 5, 6 e 7 di “The Boys 3”.

Aggiornato il 02 settembre 2022 alle ore 18:18