Pranzo del Purgatorio di Gradoli: una tradizione centenaria resistente alla globalizzazione

Le pietre miliari degli studi antropologici affermano che una società con tradizioni radicate sia meno vulnerabile alla sua dissoluzione. E oggi scorgiamo quanto questo concetto sia vero. Infatti, ricordando quanto scritto a metà del secolo scorso da Oswald Spengler nel suo “Il tramonto dell’Occidente, con traduzione in italiano e prefazione di Julius Evola, le società legate alle proprie tradizioni mantengono quasi intatto il loro “spirito”, riuscendo a tramandarlo senza evidenti degenerazioni.

Tuttavia, nel nostro articolato e tendenzialmente decadente “sistema sociale” spesso accade di immergersi, sorprendentemente, in nicchie sociologiche che abbracciano tenacemente memorie che trovano nello scorrere del tempo la loro forza, piuttosto che la loro debolezza. Osservando con relativa genericità e serena leggerezza ciò che accade il mercoledì delle Ceneri, il primo giorno della Quaresima, a Gradoli – in provincia di Viterbo – cittadina che, orgogliosamente, dal suo superlativo Palazzo Farnese si affaccia sul lago di Bolsena, si nota indiscutibilmente quanto valga per una collettività avere delle consuetudini da coltivare e tramandare.

Quindi, non stupisce che in questa cittadina della Tuscia si celebri dal XVI secolo una “cerimonia” dove la solidarietà, la fede, la tradizione si uniscono per abbracciare nel quadro della “Fratellanza” un evento che, anche se coinvolge centinaia di persone, per il suo spessore etico non potremmo definire di massa. È appunto la “Fratellanza del Purgatorio” – gruppo di circa 90 volontari – regolata da uno Statuto pregno di storia, solidarietà e beneficenza, alla quale si stringono gli affiliati, che sono gli organizzatori e i gestori dell’apparente parco-pasto, che caratterizza con la sua etica e generosità un evento unico anche per il numero dei presenti al desco.

Così si riuniscono, intorno alle lunghe tavolate apparecchiate in modo semplice, dai 1500 ai 1800 affezionati commensali, attratti da tutta Italia dal singolare appuntamento. Qui vengono serviti dai membri della Fratellanza del Purgatorio, con funzione anche di cuochi, quasi tre quintali di fagioli di Gradoli conditi con olio locale, più di una tonnellata di pesce, tra nasello e luccio, oltre al baccalà e alla tinca in adeguate proporzioni, che si materializzano, a livello gustativo, in un riso con sugo di tinca, nasello fritto, luccio in umido – ricetta nota solo ai cuochi – baccalà lesso arricchito con una salsa di prezzemolo e aglio, una mela e dolci tradizionali. Il tutto è “annaffiato” dal noto Aleatico di Gradoli, altra eccellenza dell’agricoltura locale.

Ma come si arriva a questa tradizione che si esprime con il pranzo del Purgatorio? Come accennato, alla base c’è la solidarietà e la fede. Perciò il quadro è chiaramente legato alla percezione religiosa di inizio epoca moderna. In questo ambito, nasce la “beneficenza” attribuita, secondo alcuni documenti, anche alla generosità dei nobili locali che in questa epoca – ma probabilmente affonda le radici nel basso Medioevo – per aggraziarsi la benevolenza divina, magari sperando, in una prima fase, che le loro anime potessero guadagnarsi il Purgatorio, offrivano ai più poveri del cibo proprio nel giorno delle Ceneri. Come ogni organizzazione sociale caratteristica, i membri della Fratellanza del Purgatorio, che nei secoli passati si chiamava Opera Pia, adesso si muovono all’interno della comunità di Gradoli nella più stretta tradizione cinquecentesca: indossano un saio marrone con cappuccio e una mantella viola, suonano un tamburino chiedendo doni di qualsiasi genere, che il sabato seguente saranno messi all’asta in piazza. E i proventi ricavati serviranno per la messa in opera del pranzo. Anche quest’ultimo aspetto, l’asta sulle offerte, rappresenta una tradizione di valore sociologico.

Pertanto, circoscrivere il “pranzo del Purgatorio”, che questo anno si celebra il 22 febbraio, a un evento di carattere tradizionale e culinario, può essere limitativo. La “sublimazione” del momento è tale che il coinvolgimento di un così ampio numero di persone unite in uno stesso spirito, in una identica sensibilità, e in armonia, elevano l’iniziativa a livelli tali da coinvolgere tanto l’aspetto esteriore, quanto quello interiore, in una congiunzione quasi esoterica”.

Aggiornato il 06 febbraio 2023 alle ore 09:43