I cinquant’anni di un capolavoro: “The Dark Side of the Moon”

I Pink Floyd celebrano i cinquant’anni di uno dei capolavori assoluti della musica: The Dark Side of the Moon. Era il titolo che Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright e Nick Mason avevano in testa per un nuovo progetto che avrebbe cambiato le loro vite e spostato molto in avanti il concetto di registrazione. Il disco è una combinazione di idee musicali, tecnologia, art design e di quell’immaginazione visionaria che fin dai suoi esordi era il tratto caratteristico della band, ma che in questo caso coglie non solo lo spirito di un tempo già in trasformazione ma riesce a fissare su vinile una musica che ha vinto la sfida del tempo. La copertina è una delle più iconiche della storia del rock. Creata dal graphic designer inglese George Hardie con il contributo di Storm Thorgerson e Aubrey Powell dello studio Hipgnosis, rappresenta un raggio di luce bianca che, attraverso un prisma, con l’esclusione dell’indaco, si scompone nei suoi colori costituenti, rosso, arancione, giallo, verde, blu e viola. All’interno della copertina il raggio forma il battito cardiaco dello spettro luminoso che richiama quello che apre l’album. I temi di fondo sono quelli che caratterizzeranno poi la produzione successiva: la pressione esercitata dal potere, il denaro, il senso di smarrimento, la follia, ovviamente legata alle condizioni di Syd Barrett, il “Crazy Diamond” che aveva fondato la band e che già allora si era chiuso nei labirinti della sua mente.

Come tutti i capolavori che si rispettano, anche The Dark Side of The Moon ha una storia fatta di episodi imprevedibili e alcuni di questi riguardano, direttamente o indirettamente, Alan Parson, il geniale ingegnere del suono che ha creato il paesaggio sonoro dell’album, lavorando con lametta e nastri, arrivando a concepire l’idea, folle per l’epoca, di registrare in quadrifonia, una tecnologia che di fatto non solo non era disponibile nel 1973 ma ancora oggi può essere utilizzata solo per eventi e in condizioni particolari. Durante le registrazioni Parson si trovò spesso a lavorare da solo in studio, perché Roger Waters guardava le partite del “suo” Arsenal ma soprattutto i Pink Floyd non si perdevano una puntata del Flying Circus dei Monty Python che allora spopolava sulla Bbc tanto che la band, insieme ad altre rockstar, contribuì al budget del loro primo film, l’esilarante Monty Python e il Sacro Graal. Parson per questo straordinario lavoro ebbe una nomination al Grammy, ma vide incrinarsi il rapporto con la band che pubblicamente non riconobbe in pieno i suoi meriti: fu allora che decise di mettersi in proprio con l’Alan Parson Project.

Anche la ormai leggendaria parte vocale di The Great Gig In The Sky ha il suo debito nei confronti del caso e, tanto per cambiare, è legata a strascichi legali. L’idea era di aggiungere una voce femminile al brano: Alan Parson chiamò Clare Torry, una vocalist da studio di registrazione che all’epoca aveva 22 anni. La Torry registrò le sue tracce e dopo un paio di session fu liquidata con 60 sterline: sembra che fosse addirittura intenzionata a scrivere un messaggio di scuse alla band perché riteneva che la sua performance potesse risultare troppo enfatica. Solo a pubblicazione avvenuta si rese conto che il suo nome faceva parte dei credits dell’album: la vicenda è proseguita nei tribunali fino al 2005, quando un giudice ha riconosciuto i mancati guadagni della Torry attribuendole il 50 per cento della proprietà del brano e il 50 per cento dei diritti rendendola milionaria. L’aneddotica è sterminata: Us and Them, per esempio, era stata scritta da Richard Wright per Zabriskie Point ma Michelangelo Antonioni la rifiutò, Money, con tutti quei rumori e clangori e suoni di registratori di cassa voluti da Waters e registrati in modo analogico, è uno dei 7/4 più celebri della storia del rock (“ma per l’assolo di chitarra, ha ricordato David Gilmour, siamo tornati al 4/4 per rendermi le cose più facili”). Come tutti gli autentici capolavori, The Dark Side of The Moon dopo 50 anni mantiene intatta quell’aura speciale che porta la musica in un altrove che i tantissimi studi e le ricostruzioni più accurate non riescono a cogliere perché rimane insondabile. Un’opera pensata come un concept album senza singoli (Money uscì negli Usa per iniziativa della casa discografica) asciugando le performance dalle lunghe improvvisazioni strumentali che caratterizzavano la musica dei Pink Floyd.

Aggiornato il 31 agosto 2023 alle ore 15:26