James Campbell Scott, anarco-liberista anti-gramsciano

giovedì 9 marzo 2023


James Campbell Scott ha studiato il contesto degli agricoltori a partire da quelli del Sud-est asiatico (Malesia e Vietnam). Ha costruito una teoria sociale “sussidiarista” ponendo l’accento sulla “alterità” dei subalterni e sulla sua difesa, contrapposta all’emersione “illuminista-gramsciana” degli stessi. Infatti, una condizione di estraneità rispetto allo Stato è decisiva e fondamentale per una società libera. Al contrario, il marx-leninismo – così come il capitalismo dei monopoli – trascina verso di sé culture e bisogni dei più poveri e diversi, facendo aggallare le forme nascoste di difesa popolare. E ne fa strage. I frutti di ciò sono l’omologazione, la dittatura, la distruzione delle fucine culturali che devono salire dal basso (=sottoterra, come i semi delle piante) per vivere e imporsi. Cioè, la fine della civiltà. Pertanto, i culti apollinei del “povero e diverso”, prima marxisti-fascisti e poi social-democratici, sono una liturgia del controllo totale. Ciò è palese anche là dove Stato e religione si fondono, oltre alla Russia, Afghanistan e quell’Iran dove continuano gli avvelenamenti nelle classi femminili di tutta la nazione. Un abisso apertosi sotto un altro abisso.

La rappresentazione di questo discorso è sempre bene incarnata dal Panoptikon o “carcere ideale” basato sull’architettura dei teatri greco-romani di Jeremy Bentham, poi ripreso da Michel Foucault nel suo discorso sulla Società del controllo. In Foucault il territorio (vedi le opere di Paul Virilio) diventa un carcere globale, e lo Stato è un vampiro che di giorno è un amante ma di notte corrompe e risucchia il sangue dell’anima. Da lì si arriva alla tecnocrazia oppure a “VladiPutin o a Xi Jinping o al Nord Corea, abissi dove il controllo totale è così penetrante da produrre assoggettamento volontario da parte di quei “dhimmi” (i popoli che si arrendevano alla jihad, islamizzandosi volontariamente). Tra i dhimmi vi sono persone felici di vivere sotto la protezione di culture politiche debitrici del feudalesimo invece che della democrazia basata sul libero mercato e su una vita non dominata dalla burocrazia, molte delle quali popolano l’Italia.

I libri di Scott Campbell più rilevanti sono “Il dominio e l’arte della resistenza” e “Lo sguardo dello Stato”, entrambi pubblicati in Italia da Eleuthèra edizioni. Nei due saggi sono evidenziate strategie di resistenza allo Stato-Panoptikon, definite come “infrapolitiche”. Scott descrive le modalità di una “trascrizione pubblica” delle relazioni tra il potere (che non è “Governo liberale”) e chi resta solo un oggetto e non un soggetto delle sue azioni. Se la trascrizione pubblica è ipocrisia che diventa verità tramite il teatro dei media e gli altari di partito, tra i contadini malesi come nelle partite iva occidentali la diversità è una “trascrizione nascosta”. Io credo che il regime carcerario del 41 bis sia poco conciliabile con Cesare Beccaria, e che sia utile solo finché il recluso – poniamo per mafia – non venga trasferito nel carcere di un’isola, come si faceva un tempo, dove non possa mai comunicare con l’esterno, ma abbia la possibilità almeno di avere spazi comuni dove parlare, camminare, lavorare. Negare ciò significa far parte di quell’alleanza giustizialista in cui giornali come Il Fatto e La Verità amoreggiano drammaticamente: in fondo, persino i galeotti della Guyana francese descritta in “Papillon” (vedi il film con Steve McQueen) potevano parlare e lavorare insieme.

Di fronte al 41 bis gli anarchici hanno fatto errori gravissimi, attuando la guerriglia urbana. In questo modo sono caduti sotto i riflettori del Panoptikon e hanno perso credibilità politica. Le loro azioni, ora, sono assimilate a gruppi violenti e terroristi degli anni Settanta, così da annullare richieste che forse potevano essere accolte, se espresse in forma diversa. L’anarchia non violenta è figlia della disobbedienza civile di David Henry Thoreau e deve restare una forma non contrapposta militarmente alle leggi, se vuol produrre culture politiche nuove e migliori. Qualcosa di simile, in forma ridotta e diversa, emerge in tutta la sinistra la cui cifra è diventata un massimalismo che non accoglie ildiverso da sé” predicato a parole, quando il diverso non la pensa come pensa la sinistra stessa. Questa deriva fa paura, perché nega il dialogo e la sintesi dialettica, e perché riecheggia intolleranze staliniste con la sua incancellata presunzione di superiorità, garantita da leggi a volte fatte a proprio uso e consumo. Ma è vero l’esatto contrario: le leggi sono fatte per l’uomo e non l’uomo per le leggi. Questo è il punto centrale da cui ripartire ogni giorno.

(*) James Campbell Scott, “Il dominio e l’arte della resistenza. I verbali segreti dietro la storia ufficiale”, Elèuthera, 376 pagine, 20 euro

(**) James Campbell Scott, “Lo sguardo dello Stato”, Elèuthera, 496 pagine, 22 euro


di Paolo Della Sala