La passione politica e morale di Tina Anselmi

mercoledì 19 aprile 2023


Tina Anselmi nasce il 25 marzo 1927 a Castelfranco Veneto (Treviso). È la prima di quattro figli. Riferimento spirituale di Tina sarà la nonna il cui carattere tenace e gioviale sarà una costante della sua lunga carriera politica. Le condizioni economiche della famiglia peggiorano costringendo all’emigrazione in Piemonte la nonna e una zia. Ritornata in Veneto Tina riprende gli studi ginnasiali e magistrali a Castelfranco. Entra nella Gioventù femminile di Azione cattolica (Gf) dove matura il suo perfezionamento spirituale e la coscienza sociale e politica.

Tina compie il suo cammino tra le ristrettezze economiche, la violenza politica e la guerra. Da sempre, sostiene il valore della mutualità e della cooperazione. Valori presenti nella nonna e nella madre, come espressione di un cattolicesimo popolare che le porterà consenso e consapevolezza politica. Dopo aver assistito all’impiccagione di trentuno ragazzi catturati durante un rastrellamento sul Grappa, decide di entrare a far parte della lotta partigiana. L’episodio induce Tina alla riflessione che è lecito rispondere alla barbarie di un simile eccidio con impegno concreto. Conosce il pensiero di Charles Péguy e di Georges Bernanos. Ma il suo incontro più importante è con la filosofia di Jacques Maritain che pone in evidenza la necessità che la Chiesa si apra alla democrazia pluralista. La riflessione di Maritain è la base teorica dell’impegno politico dei laici iscritti all’Azione cattolica.

Con il nome di Gabriella aderisce alla lotta partigiana: un’esperienza che sarà la base della sua formazione politica. Nel dicembre del 1944 si iscrive alla Democrazia cristiana. Le ingiustizie causate dalle condizioni durissime del lavoro operaio favoriscono il suo ingresso nel sindacalismo. Tina incontra il monsignor Luigi Piovesana, esponente dell’Azione Cattolica di Castelfranco e convinto teorico della Dottrina sociale della Chiesa. Piovesana fonda i “raggi di ambiente” che sono fabbriche tessili con piccoli gruppi di operaie cattoliche iscritte all’Azione cattolica. In queste unità produttive si confermano i valori della dignità della persona, del lavoro, dell’attività sindacale, al diritto ad un salario equo e alla tutela della salute nei luoghi di lavoro. Per opera della dirigente di Azione cattolica femminile, Emma Parisotto, viene istituita una biblioteca per le operaie dello stabilimento Marnati-Larizza di Castelfranco. La sua gestione fu affidata a Marcella Dallan, sua nipote, e a Tina Anselmi.

Tina Anselmi si iscrive alla facoltà di Lettere della Cattolica al termine della guerra. L’Università Cattolica, istituita nel 1921, diventerà il punto di riferimento degli studenti che si identificano con la dottrina sociale della Chiesa. Non si ferma la sua attività che si sviluppa su tre fronti: quello della politica, dell’associazionismo cattolico e del sindacato. Appena laureata entra in Cgil con incarichi di responsabilità nel settore scuola grazie al suo tenace impegno precedente. Promuove il laicato cattolico femminile ideato e incoraggiato da Pio XII. Con il suffragio universale e il voto alle donne, Tina intuisce velocemente l’importanza di una formazione politica e sindacale delle donne, a sostegno del primato morale della Chiesa e della famiglia.

Il suo cammino continua senza sosta. Organizza a livello locale l’impegno femminile nella Democrazia cristiana a livello locale. Delegata al primo congresso nazionale del partito a Roma nel 1946 come esponente della mozione repubblicana e sostenitrice del pensiero di Giuseppe Dossetti di “Cronache sociali”. È delegata con oltre undicimila voti al secondo congresso Dc del 1947 a Napoli. Conosce Franca Falcucci con la quale arriva ai vertici del movimento femminile del partito. Nel 1955 lascia il sindacato per concentrare il suo impegno in politica. Nel suo periodo romano tiene saldi rapporti con il Veneto. Tina Anselmi ha l’accortezza di rimanere fuori dalle correnti interne del partito democristiano. Nel 1956 diventa responsabile del movimento femminile. Sostiene tenacemente la votazione di leggi proposte dalle deputate democristiane. Aderisce allo schieramento trasversale favorevole alla legge Merlin per l’abolizione delle ‘case chiuse’. Come delegata nazionale del settore Giovani, entra nel 1959 nel consiglio nazionale della Dc dove rimarrà fino alla fine della Dc stessa. Al VII Congresso del partito, sostiene la linea di Aldo Moro e di apertura ai socialisti nel 1962. Nel 1963 è eletta componente del comitato direttivo dell’Unione europea femminile, della quale divenne anche vicepresidente. L’intero percorso politico è caratterizzato da una forte “religione della Costituzione” che interpreta come “vangelo civile”. Viene nominata la “Tina vagante” dai suoi compagni di partito a causa dei suoi ottimi rapporti con Nilde Iotti, esponente del Partito Comunista italiano. Anche il Vaticano cerca di frenarla e di ostacolarla, ma lei non si lascia intimidire consapevole di rappresentare un vasto consenso di base con migliaia di voti a suo favore.

Tina Anselmi lotta strenuamente contro la degenerazione dei partiti, il tesseramento falso e la nascita di correnti interne. Al congresso di Monaco del 1967 fa parte dell’Unione europea femminile. Ne diventa poi vicepresidente nel 1969 e nel 1971. È eletta deputata nel 1968. Inizia il suo impegno parlamentare con la revisione della legge Noce del 1950 recante disposizioni per l’ampliamento e la tutela alle lavoratrici madri, approvata nel 1971. Firma 475 progetti di legge dedicate all’ampliamento dei diritti delle donne, sul lavoro a domicilio (legge numero 877/1973), che estese al settore le norme valide per il lavoro dipendente e la legge numero 903/1977 che sancì l’illegittimità della discriminazione delle donne sul lavoro. Dal 1968 al 1973 riceve numerosi incarichi governativi. È componente delle commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali. Si deve a lei la legge sulle pari opportunità. Tre volte sottosegretaria al ministero del lavoro e della previdenza sociale, dal 29 luglio 1976 fu ministra del lavoro. Nel 1979 Tina Anselmi fu coinvolta in una notizia controversa che la vedeva rifiutare ben 35 miliardi di lire come pagamento per non contrastare le aziende farmaceutiche con l’eliminazione di molti farmaci dalla lista ministeriale in occasione dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale. Anselmi dichiarò che durante la sua presenza al ministero della sanità, ci furono tentativi di corruzione per un importo intorno ai 35 miliardi. Pare che lei non sia stata direttamente oggetto di tentativo di corruzione!

Tina Anselmi è protagonista e testimone di anni di trasformazione politica e sociale del nostro Paese, della infame stagione delle bombe, di depressione economica, di equilibri nuovi fra i partiti di governo e di opposizione, della legge sul divorzio, della neutralità dello Stato in materia di morale e di religione. Il 29 luglio 1976 Tina Anselmi viene nominata ministra del Lavoro e della Previdenza sociale nel terzo Governo Andreotti, prima ministra donna nella storia della Repubblica. Durante il suo Ministero per la Sanità vengono approvate tre leggi pilastro: 1) la legge che istituisce il Servizio sanitario nazionale (legge 833 del 1978); 2) la riforma dell’assistenza psichiatrica (legge 180 del 1978); 3) la legge 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza, sulla quale compare anche la sua firma. Ad ottobre del 1981 assume l’incarico di presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2, che tiene fino al 1987. Nel 1989 diventa presidente della Commissione nazionale per la parità tra uomo e donna presso la Presidenza del Consiglio. Nel 1997 è componente della Commissione sulle violenze italiane in Somalia. Presidente della Commissione nazionale sugli effetti delle leggi razziali contro gli ebrei in Italia. Dal 1998 al 2003 vicepresidente e poi presidente fino al 2016 dell’Istituto nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia.

Muore a Castelfranco Veneto il 1° novembre 2016. 


di Manlio Lo Presti