Francia, tra crescita   e... licenziamenti

Le ristrutturazioni funzionano, gli esuberi aumentano. Dopo tre anni di stop le prime quaranta società a più elevata capitalizzazione e liquidità quotate alla Borsa di Parigi, le cosiddette Cac 40 (laddove Cac sta per “quotazione assistita in continuazione”), registrano nel primo semestre 2014 un aumento della cifra d’affari pari allo 0,8 per cento (610,2 miliardi) e del netto pari all’1,6 per cento (circa 31,6 miliardi) rispetto ai primi sei mesi dello scorso anno. Un colpaccio, dunque, per un Paese impantanato nell’immobilismo di un governo che sconta turbolenze interne e incapacità non inferiori a quelle italiane di rimettere a posto i conti. Si dirà, mentre la politica arranca, il Paese reale esce dalle sabbie mobili e dà l’esempio. Peccato che la ripresina registrata dalle Cac 40 nasconda il segreto di pulcinella.

I risultati ottenuti dalle aziende nei primi 180 giorni del 2014, osserva la società di consulenza Pwc (PricewaterhouseCooper), non sono frutto delle loro attività, ma della razionalizzazione dei costi, dunque dei piani di ristrutturazione interna avviati nel 2013. Altro che Marsigliese, la ripresa da “zero virgola” è di fatto una crescita senza lavoro, senza alcuna riduzione della disoccupazione, se è vero secondo le stime dell’Ocfe (l’Osservatorio francese delle congiunture economiche), che nel 2013 gli esuberi sono stati 230mila e che per quest’anno se ne prevedono almeno 200mila. Michelin, Danone, Lafarge, Saint Gobain, Solvay, Orange, Bouygues, Edf, Gdf Suez, per citare alcune delle Cac 40 che secondo Pwc hanno rispettato gli obiettivi, hanno dunque sacrificato sull’altarino della performance più di 400mila lavoratori.

E non è ancora finita. Secondo l’Ocfe, infatti, “se l’aggiustamento degli effettivi è quasi terminato nei servizi, non lo è ancora nell’industria”. La Francia, dunque, si prepara a nuovi licenziamenti. Intanto, giganti come Total, Axa, Edf, Gdf Suez e Vivendi, le imprese Cac che registrano i migliori risultati, si godono il momento dopo tre anni difficili e sperano quantomeno di riassorbire gli esuberi prima di ricominciare ad assumere, ma solo se la crescita avrà numeri diversi rispetto a quanto registrato in questo primo scorcio di 2014. Ma soprattutto, prendono volentieri nota di una verità scomoda ma in questo momento fondamentale: licenziare allunga la vita (degli azionisti). Total registra un aumento del risultato netto del 21,2 per cento (4,6 miliardi), Axa del 25 (3 miliardi), Gdf Suez del 51,2 (2,6 miliardi), Vivendi dell’84,8 per cento (1,9), Edf dell’8,3 (3,1), Sanofi del 29,5 (1,8 miliardi), Vinci del 76,9 (1,3). Il super euro, resta tra i motivi che penalizzano le Cac 40.

Anche nel 2014, così come negli anni passati, le imprese francesi dicono di essere penalizzate dall’euro forte, che equivarrebbe, secondo alcuni calcoli di Air Liquide, Legrand e Schneider Electric, a due punti in meno di crescita in 10 anni. Licenziare allunga la vita, si diceva, anche con un socialista all’Eliseo. Dall’inizio del mandato di François Hollande, la Francia registra 500mila disoccupati in più, una vera e propria “sconfitta”, come l’ha definita il ministro del lavoro François Rebsamen. A luglio il numero dei demandeurs d’emploi ha superato la soglia simbolica dei 3,4 milioni, attestandosi a quota 3 milioni 689mila 500, con un aumento di 43500 unità, il peggior dato dal gennaio scorso. Le persone iscritte al collocamento (Pole Emploi) sono in totale 5 milioni 386mila, un record. Gli under 25 senza un impiego sono circa 540mila, ed è probabile che alla fine dell’anno si eguaglierà la cifra del 2013 (549mila).

I disoccupati di lunga durata sono aumentati a luglio dell’1,4 per cento, e del 2 invece gli iscritti a Pole Emploi da più di tre anni. La media d’iscrizione al collocamento francese è di 529 giorni, 32 in più dell’anno passato, mentre sono appena 85mila le persone che dichiarano di aver ritrovato un impiego, praticamente un minimo storico. A minacciare ulteriormente la crescita francese, sostiene un dossier esplosivo del Consiglio di analisi economica (Cae) che verrà presentato ufficialmente a metà settembre, è il declino della produttività e la mancanza di innovazione tecnologica, che costano ai Paesi Ocse in termini di Pil tra lo 0,9 e l’1,6 per cento. Se la scarsa innovazione diventasse strutturale i danni economici per la Francia, osserva il Cae, entro il 2040 si tradurrebbero in queste cifre: 25 punti di Pil in meno, 80 per cento di indebitamento pubblico in più, 12,4 punti di deficit in più e per i lavoratori d’oltralpe un potere d’acquisto sempre più irrilevante. Allons enfants.

Aggiornato il 08 ottobre 2017 alle ore 19:29